Arabo, musulmano, e omosessuale, l’ex-calciatore franco-tunisino Ouissem Belgacem racconta nell’autobiografia Addio vergogna un sistema calcistico francese omofobo e spietato. Nell’anno in cui Parigi celebra le Olimpiadi e le Paralimpiadi, lo sport come strumento di tolleranza e inclusione, Ouissem Belgacem rivela con emozione e intelligenza il rovescio della medaglia. Sognando un mondo in cui il calcio è un’opportunità per tutti.

Ouissem Belgacem vuole cambiare le regole del gioco. «Il calcio è lo sport più popolare del mondo. È uno strumento con un immenso potenziale: potrebbe veicolare dei valori importanti per i giovani ma, paradossalmente, è anche lo sport che esclude di più omosessuali, donne o persone in situazione di handicap». Cresciuto nella banlieue di Aix-en-Provence, Ouissem Belgacem capisce che il calcio è la strada più diretta per uscire dall’esclusione sociale ed economica. Figlio di immigrati tunisini, una madre casalinga e un padre muratore, Ouissem ha tre sorelle e l’incrollabile volontà di costruire un futuro migliore.

Un calcio all’omofobia

Grazie al talento sul campo, l’ascensore sociale arriva rapidamente. Ma la durezza e la violenza della cité appena lasciate nel Sud della Francia vengono sostituite da un sistema calcistico altrettanto omofobo e machista. Ouissem integra il Toulouse Football Club (TFC), vivaio dell'eccellenza calcistica francese che prepara i campioni di domani. «Il sistema calcio sfrutta centinaia e centinaia di ragazzini sperando di trovare la perla rara, abbandonando e non preoccupandosi di tutti quelli che non ce la faranno» spiega Ouissem Belgacem. «Penso che il calcio potrebbe girare la pagina del machismo. Prendete il mio esempio. Che io ami un uomo o una donna non cambia il mio talento in campo. Al contrario, un calcio più inclusivo potrebbe attirare maggiore pubblico. All’ora della parità, la federazione dovrebbe investire di più nel calcio femminile offrendo risorse per il suo sviluppo, maggiori infrastrutture, finanziamenti e copertura mediatica».

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Ma il mondo con cui Ouissem si scontra non va in questa direzione. Quando il giovane Ouissem arriva al Toulouse Football Club ha 14 anni. Oltre a gestire la pesante pressione degli allenamenti e delle partite, inizia a capire che dovrà gestire questo «caos interiore» e lottare con la sua paura più profonda: l’omosessualità. Apparentemente inconciliabile con la sua religione, l’islam, e con il sistema calcio, Ouissem consulterà numerosi psicologi e imam per reprimere la sua natura.

«Oggi direi al giovane ragazzino che ero di essere forte perché il percorso da attraversare sarà pieno di ostacoli. Gli direi che anche se sono in tanti ad avere torto, non hanno ragione. Al tempo, avevo sentito talmente tanti insulti e giudizi sull’omosessualità che avevo finito per crederci anche io».

In questa battaglia culturale per l’inclusione e la tolleranza, il ruolo della Federazione francese del calcio (FFF) dovrebbe avere un ruolo decisivo.

«Moltiplico gli interventi nei club e nelle scuole, ma mi rendo conto che la mia parola non basta. Da solo non andrò lontano, ma se i club e le federazioni sportive accettassero questa sfida, potremmo cambiare la società». Purtroppo le cose non stanno andando nella direzione giusta, o non abbastanza. Ouissem Belgacem rimane un’eccezione nel calcio professionistico francese dichiarando pubblicamente la sua omosessualità. Nel 2014, ha creato OnTrack, un’iniziativa per assicurare una formazione e un futuro ai giocatori di calcio. A seguito della pubblicazione del libro Addio vergogna e del suo coming out pubblico, ha perso l’80% dei suoi clienti.

Londra 1 - Parigi 0

Dopo aver appeso le scarpe al chiodo, passando per gli Stati Uniti e la Coppa d’Africa nelle file della Nazionale tunisina, Ouissem cerca a Londra una seconda vita. «Londra è una città dove la tolleranza e il rispetto delle differenze sono profondamente radicate. Al contrario, in Francia le persone musulmane o di altre comunità etniche sono vittime di stigmatizzazione. Londra ha integrato delle politiche chiare per incoraggiare l’inclusione delle minorità etniche e culturali. Un esempio ne è il sindaco, Said Khan: figlio di immigrati, musulmano e vicino alla comunità LGBT. Parigi dovrebbe adottare delle politiche che vanno in questa direzione promuovendo attivamente la partecipazione delle minoranze nella vita pubblica, in particolare nell’accesso alle opportunità di lavoro, all’educazione e ai servizi pubblici. In Francia, come anche in Italia, il modello di integrazione assimilativo impedisce ai percorsi di vita diversi come il mio di esistere».

Il razzismo è un delitto

In questo contesto, i risultati delle ultime elezioni francesi – legislative e europee – hanno fatto emergere l’estrema destra come una reale minaccia. «In quanto militante musulmano, omosessuale e di origine tunisina rappresento tutto quello che combatte l’estrema destra. Molti francesi percepiscono l’immigrazione come una minaccia alla loro identità nazionale e ai loro valori culturali. Tali paure sono strumentalizzate dai partiti di estrema destra. In realtà, l’immigrazione non è all’origine di nessuno dei problemi quotidiani dei francesi. Non è all’origine del potere d’acquisto né delle questioni legate alla sicurezza».

Paradossalmente, il carismatico leader della Rassemblement National (RN), principale partito di estrema destra francese, si chiama Jordan Bardella e ha origini italiane e algerine. E se lo sport fosse politica? Potrebbe giocare un ruolo di primo piano per integrare i valori di rispetto, tolleranza, fair-play e solidarietà in un contesto di tensione sociale e forte polarizzazione. «Siamo passati da un’epoca in cui le persone non osavano dire che votavano l’estrema destra a una fase in cui lo assumono totalmente e pubblicamente. Il ruolo dei social media in questa trasformazione è centrale. Il razzismo è stato banalizzato. È terrificante, perché il razzismo non è un'opinione, ma un delitto».

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