Ha un padre che sembra uscito da un romanzo. Forse anche per questo la surfista brasiliana ha saputo spingersi oltre i suoi limiti, dopo aver rischiato di morire
- Maya Gabeira ha saputo domare un’onda di 73,5 piedi, cioè 22,5 metri. È un primato mondiale femminile, siglato a Nazaré, un paesino del Portogallo famoso per le sue onde gigantesche.
- Su una di queste, nel 2013, Maya rischia di morire. Ha 26 anni e forse si ritiene ancora invincibile. L’onda gigante la coglie impreparata, la sbalza dalla tavola provocandole la frattura della caviglia destra: è salvata da un altro surfista che è con lei.
- Maya torna in Portogallo corazzata dall'aura di sopravvissuta: è così che riesce a raggiungere il suo primo record e poi a migliorarsi ancora. Ma la sua tempra le deriva forse anche dall’ambiente familiare. Il padre ha militato nella lotta armata ed è stato ferito in una sparatoria.
Affrontare la propria paura più grande. Tornare sul luogo in cui si era materializzata. E domarla come si doma l'onda gigante che ti porta sul tetto del mondo. È difficile resistere alla tentazione della retorica se c'è da raccontare la storia di Maya Gabeira, surfista brasiliana classe 1987 che lo scorso settembre ha saputo di avere battuto un'altra volta se stessa e la paura della morte.
Il sigillo è giunto dalla World Surf League il 10 settembre 2020 e riguarda una prestazione effettuata effettuata sette mesi prima, martedì 11 febbraio. Un tempo lungo ma indispensabile per misurare un oggetto inafferrabile come un'onda. Una di quelle onde giganti che solcano il mare di Nazaré, in Portogallo, e incutono nell'anima un misto di paura e fascinazione. La forza gigantesca del mare rispetto alla quale l'essere umano è un puntino infinitesimo.
Nei giorni che vedono il mondo viaggiare a rotta di collo verso il primo lockdown, quel puntino che sfida una delle forze più immense in natura è Maya. Capace di domare un'onda alta 73,5 piedi, cioè 22.5 metri. Primato mondiale femminile che va a migliorare una prestazione stabilita due anni prima dalla stessa Maya (gennaio 2018, 20,7 metri) ancora una volta a Nazaré. Ma questa storia non sarebbe completa se non si raccontasse anche il momento della paura estrema. La morte sfiorata per l'impeto di quello stesso mare. E la voglia di tornare a guardarla in faccia per sapere se il ritorno alla vita sia stato compiuto.
Nazaré
Quel vecchio villaggio di pescatori ha una magia irripetibile. Il suo nome è frutto della leggenda legata alla statua lignea della Vergine proveniente dalla Terra Santa. Ma la sua fama internazionale deriva dal mare. Quel brano di Oceano Atlantico che bagna l'Estremadura portoghese e regala suggestioni d'immenso. Grazie a una temperatura dell'acqua più mite man mano che lungo la costa ci si sposta verso sud, Nazaré è una frequentata località balneare. In piena estate le donne anziane vestite di nero stazionano durante il giorno ai bordi delle strade, sorridendo e esibendo ai turisti quadrati di cartone con la scritta “Alugam-se cuartos” (affittasi camere), mentre la fila di auto scende verso il litorale che si spalanca sulla fine dell'Europa.
Ma quel luogo è famoso soprattutto per le onde. Le più alte del mondo, fino a 30 metri. Turisti da ogni angolo del pianeta si spingono fin lì e si arrampicano sulla piattaforma del faro per assistere allo spettacolo maestoso e raggelante in un tempo. L'immensa forza del mare, con quelle barriere schiumose create dalla particolare faglia, lo sterminato canyon sottomarino che crea le condizioni per far lievitare la massa d'acqua.
Per le onde che s'innalzano a toccare il cielo arriva gente da ogni dove, ferma a distanza di sicurezza come quando allo zoo si scruta la vita delle fiere in gabbia. E c'è anche chi giunge a Nazaré non soltanto per guardare d'in su in cima al molo la maestosità di quei giganti d'acqua, ma anche per sfidarne le fauci, sfiorandone il bordo su una tavola di surf e provando a non esserne inghiottiti.
Qui è venuto a prendersi il record mondiale maschile il portoghese Hugo Vau, che il 18 gennaio 2018 ha solcato la sua Big Mama alta 35 metri, stabilendo il primato mondiale maschile nello stesso mese in cui Maya fissava il suo primo record. E probabilmente ancora qui, il Patrick Swayze rapinatore mascherato da presidente Usa in Point Break di Kathryn Bigelow avrebbe scelto di morire nella libertà, inghiottito dalla Grande Onda anziché farsi arrestare da Keanu Reeves.
La Grande Paura
Invece quel giorno Maya non cerca la morte. Più semplicemente ingaggia la sfida, che il rischio estremo lo prevede per definizione ma soltanto come condizione della performance. Ma quella mattina di sette anni fa, nello stesso mare, la morte prova a portarsela via.
È lunedì 28 ottobre 2013 quando Maya prova a domare un'onda gigantesca. Ha 26 anni e forse crede ancora di essere invincibile. Assieme a lei sta surfando il più esperto connazionale Carlos Bunge, classe 1967. I due sono compagni d'avventura dal tempo in cui hanno solcato le onde in Alaska, nel 2008. Quando l'onda gigante coglie Maya impreparata, e la sbalza dalla tavola provocandole la frattura della caviglia destra, Carlos la perde di vista e rimarrà cinque minuti senza scorgerla. La cerca disperatamente nel caos ribollente ma non la vede. È laggiù da qualche parte.
Lei intanto è completamente in balia. Un addetto del salvataggio a bordo di una moto d'acqua prova due volte a agganciarla, ma lei non ha forze e lui rischia di essere a sua volta spazzato via dalle onde. Infine è Carlos a recuperarla e riportarla faticosamente a riva, dove Maya viene rianimata. La morte l'ha sfiorata ma in extremis decide di lasciarla andare. E lei, da sopravvissuta, sceglie immediatamente di non mollare. Soltanto due giorni dopo l'incidente rilascia un'intervista dalla quale si capisce che ci riproverà. E che lo farà ancora qui, a Nazaré.
Un padre da romanzo
Il resto è storia nota. Maya torna in Portogallo corazzata dall'aura di sopravvissuta. Ha un rispetto diverso di quel mare e ciò la porta a addomesticarne le onde giganti. Conquista un primo record mondiale femminile e poi si migliora. Una tempra tenace, messa in mostra da ben prima che la micidiale onda di Nazaré le cambiasse la vita.
Maya è una donna di tempra forte, forgiata dal fatto di essere cresciuta in una famiglia che di esperienze estreme se ne intende. Soprattutto il padre, Fernando Gabeira. Una vita da romanzo, la sua. Classe 1941, discendente di immigrati libanesi, Fernando Gabeira passa dal giornalismo all'impegno politico partecipando alla fondazione del Partito Verde brasiliano.
Ma è la militanza nella lotta armata, durante il periodo della dittatura, a costituire la parte più chiacchierata della sua biografia. Fernando Gabeira ha fatto parte del movimento socialista rivoluzionario 8 Ottobre, che fra gli altri atti ha messo a segno il sequestro dell'ambasciatore Usa in Brasile, Charles Burke Elbrick, nel settembre del 1969.
Ferito in una sparatoria
Gabeira viene arrestato nel 1970, poi durante un tentativo di evasione viene ferito in una sparatoria, e infine è liberato nel quadro di uno scambio fra 39 detenuti per reati politici e l'ambasciatore tedesco Ehrenfried von Holleben. Costretto all'esilio, rientrerà in Brasile pochi anni prima che si concluda la dittatura. Invece l'accesso negli Usa continua a essergli negato. Dal secondo matrimonio, con la stilista Yamê Reis, nascono Maya e la sorella Tami, professione psicologa. Adesso che è giunto al terzo matrimonio, Fernando Gabeira si muove tra politica e giornalismo e viene arricchita da una fortunata serie di libri.
Con un padre così, capace di vivere cento vite in una, facile comprendere da dove nasca il senso di sfida che anima Maya. Quell'onda gigante avrebbe potuto ucciderla, ma mai convincerla a mollare.
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