Gli insulti a colpi di barre che si sono scambiati i due rapper ci hanno appassionato più del dovuto. Spingendo migliaia di persone che non l’avrebbero mai fatto ad ascoltare le canzoni di Lucia
Prima di tutto vorrei chiedere scusa a mia nonna, che compra questo giornale ogni domenica nella speranza che sua nipote si occupi finalmente di qualcosa che le interessa e ogni domenica rimane delusa, forse oggi più che mai. Ma ormai il mio brand è chiaro: dove c’è quisquilia c’è Pilotti, e quindi eccomi qui a sviscerare il dissing tra Fedez e Tony Effe.
Parto dalle basi, con una breve spiega del termine dissing. Seppur “dissare” sia perfettamente spiegato dal vocabolario dell’Accademia della Crusca – Insultare mordacemente qualcuno o qualcosa attraverso il testo di una canzone (specialmente un cantante rivale) – vorrei d’ora in avanti riferirmi a tale operazione come “scaramuccia”, parola divertentissima e molto calzante per la pochezza del fatto in questione (a differenza degli Stati Uniti qui nessuno viene sotto casa a spararti se fai il bullo in una canzone).
Pochezza che comunque non ha impedito a me e al solito gruppo di amiche – sempre quelle dell’Algonquin delle puttanate, tutte professioniste laureate, alcune madri di famiglia con vite fitte di impegni – di discuterne animatamente per due giorni con la stessa serietà che andrebbe riservata ai conflitti in Medio Oriente.
Una chat divisa
Arrivate a venerdì ci odiavamo un po’ anche fra di noi: se mercoledì eravamo tutte d’accordo nel considerare il primo round della scaramuccia un abisso di imbarazzo, e i due protagonisti piuttosto scarsi nel proprio mestiere (come ha giustamente commentato la mia amica Anna, «il dramma di Fedez è con il divorzio è dovuto tornare a fare il cantante»), mentre sospettose ipotizzavamo che si trattasse di un’operazione di marketing perché c’erano troppe bibite coinvolte, per giovedì pomeriggio all’uscita di Chiara eravamo schierate.
Qualcuna in chat definisce Chiara, cioè la risposta di Tony Effe alla risposta di Fedez ai primi insulti di Tony Effe che mio padre al mercato comprò, un “capolavoro”. Io sono confusa, sto ascoltando il brano per la sesta volta, perché nonostante abbia le mie radici a Pietralata non capisco il 40 percento delle cose che dice Tony Effe.
Non che sia un testo particolarmente ermetico, possiamo riassumerlo in pochi concetti chiave: sei una brutta persona, fai schifo, hai divorziato. Tony Effe si ferma un attimo prima di arrivare a «specchio riflesso, buttati nel cesso» e «caco io, puzzi te», ma sfoga un po’ di questa tensione omoerotica che ormai si taglia con un coltello scrivendo che mentre sottomette sessualmente il suo avversario, lo sente piangere.
Gli dà del criptogay, del padre illegittimo dei suoi figli, dell’impotente e dell’isterica, e anche della spia che non è figlia di Maria. Il livello retorico è infimo e, seppur vergognandomi, segnalo nella chat che almeno Federico si era impegnato a scrivere delle rime baciate e soprattutto lo capisco quando parla. «Non osare difenderlo», mi scrivono le mie ormai ex amiche.
Forse in fondo ha ragione Tony Effe quando dice che la scena lo odia. Non so chi comprenda la scena, ma di sicuro Fedez ha un altro problema oltre a quello di dover fare di nuovo il cantante: purtroppo è antipatico a tutti.
Riguardo il suo video di L’infanzia difficile di un benestante (la risposta del mercoledì, anche se ormai mi sembra di aver passato un mese a discuterne) e mi rendo conto che in effetti è abbastanza insopportabile con quel fare da Fresco di Zona che ti vuole insegnare il rap a modino.
Dopo aver letto le sue brave barre sul telefono (una cosa un po’ poco gangsta, se mi posso permettere) conclude suggerendo a Tony Effe di chiamare la sua prof di italiano per farsi spiegare le rime che ha fatto. Se proprio deve chiamare un’insegnante io partirei da quella di dizione, ma non è questo il punto.
Il fatto è che mentre questo delirio ormai mi pervade e un gran numero di neuroni miei e di quelle altre se ne va in ore di discussione che neanche in La parola ai giurati, decreto che almeno Fedez mi sembra una persona umana.
Me lo vedo lì, tutto arrabbiato e impegnato a scrivere dei versi ficcanti, con la vena del collo gonfia di collera e il suo svapo provato dalle troppe ore di onorato servizio, e provo qualcosa di simile alla compassione. Poi arriva quel boro che butta giù due insulti malformati in cinque minuti e gli fa «hai i capelli bianchi, fatti una tinta» pensando di metterlo al suo posto e io mi chiedo dove sia finita la meritocrazia.
La fase complottista
Poi venerdì pomeriggio, come in tutte le ossessioni che durano troppo a lungo, arriviamo al complottismo. Fedez annuncia un nuovo contenuto in uscita all’una di notte, si chiama Allucinazione collettiva e alcune di noi tornano sull’ipotesi iniziale: hanno fatto un pezzo insieme, era tutta una gag. Un’amica esterna all’Algonquin che sto comunque molestando con le mie teorie mi dice che una sua collega più pazza di me ha notato che la cover del telefono di Fedez nel video di mercoledì è quella di Berlusconi che usava un po’ di tempo fa, ora ne ha una con il cane.
Ma certo, è una farsa registrata settimane fa, «il che spiegherebbe anche il riferimento di cattivo gusto a Luca Giurato, che non era ancora morto» scrivo sentendomi Miss Marple. Senza più alcun senso del ridicolo, segnalo anche che Tony aveva scritto che Chiara sarebbe uscito sabato, per poi pubblicarlo dieci minuti dopo: «Quel babbo si è sbagliato, stava pensando alla collabo con Fedez!». Il caso è chiuso.
Ad alimentare le mie paranoie arriva anche Ferragni, che nelle sue stories di Instagram dice che all’una non uscirà un’altra risposta alla risposta alla risposta, ma una «finta canzone romantica» che definisce «un atto violento». Sarà complice di questi due imbecilli? O ha già un paio di querele pronte?
Il vero genio
Attendo l’una di notte leggendo un libro, nella speranza di compensare la dispersione di cellule cerebrali degli ultimi giorni, pronta a veder comparire sul mio telefono le facce compiaciute di quei due. Vi abbiamo gabbato, diranno contenti, mentre hanno accumulato migliaia di follower e ascolti (e soldi) in una manciata di ore.
Poi all’una esce Allucinazione collettiva e non c’è nessuna rivelazione, nessuna bibita, nessun insulto alla mamma di Tony Effe.
Non è un featuring che mi martellerà per mesi tra le corsie della Pam, è la svolta emo di Fedez, un inno dei padri divorziati, e mentre guardo le visualizzazioni su YouTube arrivare a diecimila in cinque minuti penso che forse il talento è questo qui: portare una che non ha mai ascoltato volontariamente una tua canzone ad essere fra i primi diecimila avidi ascoltatori della tua nuova hit. Sarà anche una brutta persona, ma è un genio del marketing.
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