- Curioso di sapere se il virus abbia modificato o meno la vita sessuale di chi appartiene alla mia generazione – ho venticinque anni, anche se dopo quest’anno me ne sento addosso ottanta – ho chiesto ai miei amici di tirare le somme del 2020.
- Il risultato è una miscellanea di Internet, Tinder e Grinder, discoteche, tamponi fatti in fretta, grandi ritorni e brucianti amori estivi.
- Di due cose sono certo. La prima è che da un punto di vista pratico per i single della mia età la vita quest’anno è stata più complicata. La seconda è che abbiamo messo al centro della ricerca un tipo di contatto diverso.
A luglio in Italia è successa una cosa strana: la vita ha ripreso a bruciare.
Il lockdown era finito da un pezzo, il paese tentava la ripresa e il popolo allo stremo chiedeva aiuto. Così il governo ci ha mollato le brioches, dandoci pub, ristoranti, discoteche e via discorrendo. Folle a ripensarci ora, ma eravamo stanchi, agognavamo la normalità, pregavamo Dio, il governo, il cosmo di farci tornare a quella benedetta calma che aveva abitato le nostre giornate fino alla primavera.
Così, quando a giugno ci siamo ritrovati in stato di semilibertà, ci siamo tuffati a occhi chiusi in una mischia calda e sudaticcia. Rimuovere il dolore di quei mesi per sottrarci alla paura che potesse accadere di nuovo, rifarci del tempo perduto vendicandoci di un’entità bastarda, convincerci che fosse tutto finito in un egocentrico e instupidito atto di ribellione a noi stessi: eccoli, gli imperativi dell’estate. Volevamo tornare alla cara consuetudine e quei posti, le discoteche, i pub e i ristoranti, erano i feticci di un mondo antico, privilegiato e rassicurante.
Grosso errore, è ovvio.
È stato durante il vano tentativo di ripristinare questa ordinarietà, tra luglio e agosto, appunto, che i millennial italiani hanno cercato di riportare la propria vita sessuale agli antichi splendori, veri o presunti, s’intende.
Il sesso, in fondo, è stato uno degli elementi che il Covid-19 dalla vita di alcuni ha eliminato e adesso, adesso che ci apprestiamo tutti a sfidare un nuovo anno, noi single senza speranza tra i buoni propositi non possiamo fare a meno di mettercelo, il sesso. Così, curioso di sapere se il virus abbia modificato o meno la vita sessuale di chi appartiene alla mia generazione – ho venticinque anni, anche se dopo quest’anno me ne sento addosso ottanta – ho chiesto ai miei amici di tirare le somme del 2020. Il risultato è una miscellanea di Internet, Tinder e Grinder, discoteche, tamponi fatti in fretta, grandi ritorni e brucianti amori estivi.
I racconti
C’è Marcello. Lui non ha fatto sesso nel 2020 e, candido, mi dice che se Pornhub ha segnato +18 per cento nel periodo del lockdown è anche merito suo. Aveva la testa impegnata a elaborare il dolore del paese, aspettava i bollettini della protezione civile col battito accelerato: quei numeri avevano la meglio su qualsiasi cosa, e al sesso non ci ha pensato. A novembre, però, la solitudine s’è fatta pesante e ha scaricato Tinder. Non l’ha ancora incontrata, la tipa con cui ha un flirt, ma, mi dice con emozione, parrebbe una cosa seria.
C’è Laura. Lei vive in una città, il fidanzato in un’altra e da febbraio a maggio si sono visti solo su Skype. Il sesso? C’è stato. Come? Col sexting; che è usato dal 10 per cento dei ragazzi, per l’Istituto di Sessuologia clinica. Insoddisfacente, mi dice, ma in qualche modo si doveva pur fare. Per alzare la temperatura hanno comprato dei sextoys, che a marzo si vendevano come il pane, e l’hanno fatto tramite Glovo, che nel periodo del lockdown ha stretto un accordo per la consegna dei sextoys con un’azienda del settore. In un certo senso, mi dice Laura, si sono riscoperti: i mesi della chiusura sono stati loro d’aiuto, adesso le cose vanno meglio, e i giocattolini continuano a usarli.
C’è Niccolò. Lui ha usato il periodo del lockdown per riprendersi sé stesso da un’ex che nei tre anni della loro relazione, a suo dire, aveva fatto mambassa di ogni fibra del suo essere. Melodrammatico, penso io, ma sta di fatto che tra marzo e aprile, forzato in casa coi genitori, ha fatto un reset della propria vita amorosa: niente Facebook e Instagram, solo studio e Netflix. Il problema, poi, è arrivato in estate: l’ha rincontrata in discoteca, la sua ex, e la lontananza di quei due mesi si è nullificata. Insomma, si sono resi conto di essersi mancati a vicenda, mi racconta Niccolò, e sono tornati assieme, luglio per loro è stato un mese di fuoco, e oggi fanno di nuovo coppia fissa. Quando chiedo se hanno fatto il tampone prima di essersi spogliati di nuovo, mi risponde di no.
C’è Marta. Lei in estate, al contrario di molti nostri amici, ristoranti, pub e discoteche li ha evitati senza pensarci. Su Instagram, però, ha conosciuto un tipo, un paio di likes alle foto giuste e via: si sono visti. In un bar, per un caffè, tutt’e due con la mascherina. Si sono incontrati ancora e ancora e ancora, mi dice, sempre bardati di mascherine e sempre a distanza, ma lui, tre settimane dopo di messaggi e allusioni, ha fatto il tampone, lo ha prenotato in fretta e furia dopo una conversazione esplicita e le ha mandato il risultato: negativo. L’ha fatto anche lei, il tampone, e allora si sono visti senza mascherina e, in serata, nel parcheggio di un supermercato, senza nient’altro addosso. A fine estate si sarebbero dovuti salutare, avrebbe dovuto essere un amore estivo, ma la storia sta andando avanti.
C’è Mirko. Lui, in barba a tutto, Grinder ha continuato a usarlo pure a marzo e ad aprile. Irriducibile e irrefrenabile, ha deciso che quel periodo tra le mura di casa di certo non l’avrebbe sprecato. Così ha coltivato le sue conoscenze e l’app gli è servita per andare a colpo sicuro in estate; ma io credo gli sia servita anche per avere compagnia nel periodo di chiusura totale. Quando gli chiedo se non avesse paura di beccare il virus – è stato con un mucchio di ragazzi, la scorsa estate – mi dice che sì, un po’ ce l’aveva, ma non aggiunge altro.
C’è Roberto. Lui ha usato Tinder, ma a ottobre. Quando la seconda ondata è diventata certezza, ha aperto l’app per concedersi un’ultima notte di coccole prima del nuovo ipotetico lockdown e via: match. Si sono incontrati in un pub a Roma, quattro chiacchiere davanti a un negroni e poi sono filati da lei; che è una fuorisede e aveva chiesto alle coinquiline di smammare per la notte. Avevano appena fatto il tampone tutt’e due: se l’erano chiesti a vicenda prima ancora d’incontrarsi. Da allora si sono rivisti più volte, hanno instaurato una sorta di relazione di sesso.
E questo è quanto. Dell’estate 2020 dei miei amici non so altro.
La ricerca di una vicinanza emotiva
In conclusione, di due cose sono certo. La prima è che da un punto di vista pratico per i single della mia età la vita quest’anno è stata più complicata. La seconda è che, diminuendo le possibilità d’incontrare nuove persone con cui iniziare una relazione o passare qualche ora sotto le lenzuola, inconsciamente abbiamo messo al centro della ricerca un tipo di contatto diverso.
Parlo di quel contatto, folle e insopprimibile, cattivo e naturale, che nel sesso si solidifica, ma che nella vicinanza emotiva trova la sua anima autentica. Basta guardare i miei amici: cercavano qualcuno con cui condividere la notte, e sono finiti appresso a qualcuno con cui accendere il giorno.
La verità, credo, è che siamo tutti desiderosi di perdonarci tra le braccia di chi la nostra storia sia disposto ad accettarla, non semplicemente a ignorarla. Di lasciare e lasciarci andare. Di essere visti per chi siamo in un dato momento, non per gli strati che ci compongono diacronicamente.
E penso sia questo ciò che abbiamo strappato alla pandemia: la consapevolezza, forse ancora latente, di aver bisogno di un contatto che non sia fugace, ma che si consumi piano e ci renda qualcosa. Se è il sesso quello che troviamo, è il dilatarsi del tempo, prezioso come mai prima, ciò che andiamo realmente cercando. E questa è una materia che riusciremo a scovare nelle persone e nelle persone soltanto.
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