Un marziano si aggira per la tv. Marziano nel senso pieno e figurato del termine, tanto fuori dal comune e inconsueto quanto “spaesato”, non inserito nelle logiche dominanti dell’offerta televisiva. Ma è un distaccamento ricercato, beffardo negli sviluppi e negli esiti, un trionfo dell’irrazionale nel flusso regolato dei canali e dei loro programmi.

Lui è Valerio Lundini, comico romano classe 1986, diplomato alla Scuola romana dei fumetti, dal 2020 su Raidue con Una pezza di Lundini, un programma che ha provato a rinverdire la seconda serata come luogo della sperimentazione, dell’irriverenza, della comicità arguta.

Una pezza di Lundini ha nel titolo la sua missione più evidente, quella di sminuzzare il magma televisivo generalista, di sfrugugliarne le manie, di parodiarne abitudini e riti stanchi. La “pezza”, tecnicamente, è il programma inserito in palinsesto per “mettere una pezza”, appunto, alla programmazione, coprire un buco, rimpiazzare un programma che per svariate ragioni non può andare in onda, riempire un vuoto che, metaforicamente e ironicamente, è anche un vuoto di proposte innovative in un panorama spesso piatto e omologante.

Non-sense

La “pezza” come espediente industriale della televisione, quel maiale di cui non si butta via niente, che inevitabilmente richiama alla mente i famosi “scarti” di Avanzi, il programma satirico di Serena Dandini sulla Raitre dei primissimi anni Novanta, quello in cui negli ipotetici e trascurati scantinati della Rai si alternavano personaggi improbabili, rifiutati dalle trasmissioni mainstream e costretti a ripiegare nella sotterranea invisibilità della televisione (il peggiore dei contrappassi).

Eppure, Valerio Lundini fa qualcosa di molto più complesso e sottile; rifugge dal facile approdo del tormentone o della satira politica per costruire una comicità acuminata, sottile, basata su un non-sense che acquisisce incredibilmente senso e rende tutto più chiaro.

Tappabuchi

Fedele alla sua natura di tappabuchi, Una pezza di Lundini ha avuto sin dall’inizio una programmazione a macchia di leopardo, scostante, vilipendendo la regola aurea della televisione lineare, quella della ritualità e dell’appuntamento fisso.

Prodotto da Stand by me e ideato da Giovanni Benincasa (autore di lunga esperienza che ha firmato, tra gli altri, Carramba! Che sorpresa, Libero e Quelli che il calcio e che ha scoperto Valerio Lundini facendone uno dei comici di Battute?, in onda su Raidue nel 2019), il programma assume in questa terza stagione un andamento più regolare, individuando il mercoledì come serata ideale.

Nello studio del comico romano, si alternano in poco più di mezzora ospiti noti e meno noti, maschere, macchiette, travolti da interviste improbabili, la sublimazione dei “talk-show sul nulla”, la serietà che sfocia nel faceto e viceversa. Non a caso, ospite ricorrente è il tenore di Calatrava aka Nino Frassica, il maestro del non-sense, il battutista che più di altri fa a pezzi la logica.

Fanellina

A fianco di Lundini, troviamo la musica dei VazzaNikki, una band di matrice rockabilly che ha visto in passato lo stesso conduttore alle tastiere, e soprattutto Emanuela Fanelli, attrice, comica, monologhista, che si staglia come spalla sempre più autonoma e centrale, autentica scoperta che arricchisce le dinamiche del programma («non sono più Fanellina, sono la Fanelli», sentenzia nella prima puntata della nuova stagione, per poi aggiungere subito: “la Fanelli? o Fanelli? non so se è offensivo, per me o per te”, geniale e tagliente affondo contro il politicamente corretto di genere).

Lo sketch con cui ci si prende gioco e al contempo si promuove l’ultimo film di Paolo Virzì, con la stessa attrice tra i protagonisti, svela il senso di #Updl (così sui social, per i fanatici degli hashtag e del commento in tempo reale), il suo incedere su “dinamiche dello spaesamento” e su “un’intelligenza a sfare”, come ha scritto Aldo Grasso.

Comicità senza risata

Così come resterà nei frammenti della rete e nelle perle delle teche, il duetto di Lundini con Topo Gigio sulle note di Brividi, dove il conduttore butta lì, quasi senza enfasi, “sei come un pugile all’Angelus” al posto di “sei come un pugile all’angolo”. Il tripudio di un’illogicità rigorosa che già avevamo avuto modo di ammirare sul palco di Sanremo 2021, quando nella serata duetti con Fulminacci e Roy Paci, il comico si era lanciato in un esilarante rifacimento di Penso positivo di Jovanotti.

Nell’epoca della sguaiatezza, Una pezza di Lundini è una comicità senza risata esibita, che arriva senza troppe pretese se non quella dell’«essere un po’ meglio del niente». E che riesce, proprio per questo, a riscrivere le regole stesse dell’ironia. Sottile, ma affilata; elegante, ma velenosamente sferzante.

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