Esce “Re Giorgio al Colle. Moniti e bolle”, raccolta di rime di Carlo Cornaglia (Compagnia editoriale Aliberti) dedicate alla parabola di Giorgio Napolitano al Quirinale, pubblicate a un anno dalla morte. Una raccolta di testi che descrivono “un presidente della Repubblica – dice l’autore – ben diverso da quello previsto dalla Costituzione”. Con una prefazione di Antonio Padellaro e illustrazioni di Vauro. Ne pubblichiamo un estratto. Anche il corsivo è dell’autore.
Il 20 aprile 2012 Giorgio Napolitano viene rieletto presidente della Repubblica malgrado abbia più volte ribadito, o finto di ribadire, la non disponibilità al rinnovo del mandato sia per ragioni anagrafiche sia perché non si confà alla forma repubblicana. Il 22 aprile presta giuramento pronunciando il discorso di insediamento. Un discorso con molte rampogne ai partiti incapaci perfino di trovare chi possa succedergli al Quirinale. Il presidente denuncia una serie di omissioni, di guasti, di chiusure e irresponsabilità criticando contrapposizioni, lentezze, calcoli di convenienza e tatticismi. Almeno all'apparenza l'atmosfera nel teatrino della politica diventa all'improvviso idilliaca.
Dallo scettro al randello
La rampogna fu agghiacciante
quando Giorgio, l'ex regnante,
al potere ritornò e brutale li cazzió:
"Basta contrapposizioni, trucchi, inerzie, esitazioni,
convenienze, tatticismi, partigian strumentalismi!
Basta con l'auto indulgenza,
questa è l'ultima avvertenza!
Con lo scettro torno al trono,
ma non ci sarà perdono
se fra voi l'amor non scocca.
Da domani lingua in bocca
e governo a larghe intese per il bene del Paese
e la fine del degrado. Se sgarrate, me ne vado!".
Grida, applausi, acclamazioni
dalla banda di coglioni
pronti a fare l'ammucchiata.
La pellicola è cambiata
e nel film ci son premure
fra le angeliche creature,
occhiatine, ammiccamenti,
cortesie, incoraggiamenti,
cene a lume di candela,
pacche, tenera loquela.
I talk show sono un mortorio
poiché assiste l'uditorio
non ad una discussione
fra governo e opposizione,
ma a un continuo cinguettio:
"Quel che pensi penso anch'io!"
Poiché, come vuole il Re,
il dibattito non c'è
né ci son grida e furori,
i meschini conduttori,
già piromani avantieri,
ora son dei salottieri.
Tutto bene, tutti in pace?
No, perché sotto la brace
cova ancora una fiammella...
Basta un giudice Brighella,
la Consulta, una sentenza
che non piaccia a Sua Indecenza
et voilà il fuoco divampa
e il caimano torna in rampa:
"Toghe rosse dappertutto!"
"Letta Enrico è un farabutto!"
Il governo va a bagasce
e l'inciucio muore in fasce
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