«Luglio col bene che ti voglio vedrai non finirà», cantava Riccardo Del Turco nella scoppiettante estate italiana del 1968. «Luglio si veste di novembre se non arrivi tu», continua, tra una marimba e Lambretta che non si sente, ma si può immaginare: l’estate come luogo dell’anima, come sentimento, topos musicale intramontabile, dall’Alghero di Giuni Russo al sapore di sale di Gino Paoli, passando per le solitary beach di Battiato e arrivando fino alla malinconia edonista dei Righeira. Più del Natale e più di qualsiasi altro periodo dell’anno, è nei mesi assolati che fioriscono le hit della musica pop, da quando esiste il concetto di estate non più solo come stagione ma come categoria dello spirito, ossia da quando ci sono le ferie, le vacanze, intelligenti o meno, i villaggi turistici, le distese di ombrelloni. Figlia del consumismo, sorella del boom economico, era solo questione di tempo prima che anche la sua emanazione nazionalpoplare diretta, il tormentone, non cadesse nella logica del surplus.

La struttura

Negli ultimi anni, infatti, a ogni avvicinamento della terra al sole, siamo stati travolti dall’anticiclone africano fatto canzone, complici anche il grande ritorno della musica italiana in classifica e l’exploit produttivo di Sanremo. Se dovessi tracciare delle coordinate, porrei il primo mattone del fenomeno tormentone autarchico nel lontano 2017, quando Tommaso Paradiso e Fabri Fibra si unirono in un grido di libertà in nome del divertimento: «Dove vai, l’estate comincia adesso!», era maggio. Ogni anno, ben prima del solstizio, arriva una carrellata di canzoni che iper-narrano il periodo estivo come momento di gioia, intraprendenza, un perenne carpe diem oraziano che si interseca con i luoghi battuti in questo periodo dell’anno, spiagge, lidi, Riccione, amore e capoeira, karaoke Guantanamera.

La struttura del tormentone dell’ultimo decennio varia di poco: il featuring è fondamentale, il riferimento ai prodotti agroalimentari, di solito declinati in coppia, pure, così come quelli alla caducità della vita che spinge i soggetti raccontati a vivere storie d’amore fugaci sotto le stelle, «Vedrai che il cielo non ci trova, facciamo tardi questa sera», dicevano Rocco Hunt ed Elettra Lamborghini. E poi, ancora, «Senza troppe parole, manda la posizione» cantava il duo Benji e Fede, «Stasera che mi fai? La disco paradise», intonava il trio confezionato appositamente per il tormentone, Fedez, J-Ax e Annalisa. Tempus fugit, soprattutto quello compreso tra giugno e settembre.

L'anti-tormentone di Annalisa e Tananai

Lo stato dell’arte all’inizio dell’estate 2024 è un po’ diverso rispetto al solito. Non perché manchino i tormentoni – anche se, c’è da dirlo, l’assenza di Giusy Ferreri si sente – ma perché si intravede un trend vagamente più malinconico, serioso. A cominciare dalla collaborazione più attesa, quella tra Annalisa e Tananai, che come dei moderni Mina e Celentano hanno unito le forze in un duetto che ricorda la loro Amami Amami di qualche estate fa. Non vengono nominati cocktail, il riferimento al mare è in negativo – «Tutti sono al mare e noi no» –, si cita genericamente un agosto del ‘96, Storie brevi non è un tormentone estivo ma una canzone che è uscita in estate.

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Se poi le giostre delle nostre province, vero banco di prova del tormento-metro, la useranno comunque come colonna sonora, questo è ancora da vedere, agli autoscontri l’ardua sentenza. Per quanto riguarda invece Elodie, che tra Margarita e Pazza musica non ha mai mancato l’appuntamento con l’estate, ci lascia tiepidi con la sua Black Nirvana che più che una hit sembra un monito per ricordarci che nessuno, nemmeno una delle donne più bella d’Italia, sta bene con le sopracciglia decolorate.

Il revenge di Fedez

Spostandoci su un altro fronte, quello del Ferragnezverse, la situazione si fa intrigante e forse la crisi matrimoniale più discussa dai tempi di Diana e Carlo spiega anche il mood meno festoso dell’estate del 2024 che tra guerre, cambiamento climatico e vittoria dell’estrema destra non parte proprio con il migliore dei presupposti. Fedez, orfano di Chiara e di Luis, sceglie Emis Killa per il suo featuring, abbandonando il solito mischione di personaggi in vista durante l’inverno – mi sarei aspettata come minimo un duetto post-ironico con Vannacci o una gag anti-Rai con Serena Bortone – e dedicando anima e corpo a SEXY SHOP.

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Se Lady D aveva il revenge dress, Fedez ha il suo revenge tormentone, un brano infarcito di frecciatine a celebrazione del neonato amore con la modella classe 2004 Garance Authiè. Mettendo da parte il fatto che la canzone è una versione leggermente rivisitata di Maracanã (auto-citazione o semplice pigrizia del maestro Killa?), è infatti il testo che salta all’occhio. «Che poi è finita, ho male alle dita, perché farci del male, è una fede nuziale, con il foro d’uscita», canta Federico Lucia dando vita al primo tormentone estivo a tema divorzio.

Dall’altro lato della barricata, una nuova Ferragni che non parla più nelle sue stories e che cambia stylist condivide la vera hit di questa estate, a mio avviso l’unica canzone degna del bollo di tormentone, Sesso e Samba di Tony Effe e Gaia. Un endorsement che lascia spazio a teorie del complotto che intravedono in questa provocazione il germe di una nuova liason tra l’imprenditrice digitale e il Robbie Williams della Dark Polo Gang.

L’incognita Carlo Conti

Al di fuori della belligeranza tra i Ferragnez, l’estate arranca. Alessandra Amoroso e BigMama, in ottica rimpasto sanremese, si fondono per Mezzo rotto, un brano che ricorda in modo prepotente La coda del diavolo di Elodie e Rkomi; quest’ultimo, vale la pena sottolinearlo, ha scelto con lungimiranza di farsi i fatti suoi in giro per il mondo invece di sfornare colonne sonore per i mesi più caldi. Elettra Lamborghini e Shade, due pezzi grossi delle scuderie estive, partoriscono DIRE FARE BACIARE, imperativo categorico decorato dalla presenza di angurie, non so se per sostegno alla causa palestinese o se per puro spirito di emulazione nei confronti di una emoji molto gettonata negli ultimi mesi.

Anche Benji e Fede sono ritornati in pista con un omaggio ai Daft Punk nella loro Musica Animale, una versione più matura del duo che un tempo si affidava ciecamente alla poetica del cocktail e del reggaeton. Paola e Chiara rimangono nella loro comfort zone con Festa totale, Anna Pepe alza la temperatura con 30°, «Summer season prendo il sole a Naples», dice, «Tu non devi paragonarmi a queste bitch», continua, celebrando forse i versi di Tuta Gold, che da un lontano febbraio riecheggia sulle nostre spiagge purtroppo affatto solitarie.

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Che il 2024 sia l’inizio della fine del tormentone come lo abbiamo inteso fino a poco tempo fa, è ancora presto per decretarlo. Che il moodboard si stia spostando verso una de-estatizzazione delle estati musicali, con brani slegati dai riferimenti alla Mixology Academy e ai ritmi sudamericani, non è così impossibile. L’estate 2025 è ancora lontana e il futuro è incerto, a cominciare dal grande interrogativo che aleggia sul cambio di guardia all’Ariston e dalle conseguenze che potrebbe avere sul nostro mercato musicale, settore che negli ultimi anni si è ringalluzzito con l’esplosione del Made in Italy, o Sang in Italy, che dir si voglia.

L’estate come fabbrica della felicità e della spensieratezza subirà il colpo del governo Conti? Continueremo a sognare mete esotiche con Baby K e a cantare in salentino con i Boomdabash? Chi può dirlo. Nel frattempo, godiamoci quel momento dell’anno in cui «il tempo è dei giorni che passano pigri», o almeno illudiamoci che sia così.

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