Per tutto l’anno scolastico sono stata nella chat dei genitori di una classe che non è quella di mia figlia. I gruppi di Whatsapp si sa, sono il regno della perdita di tempo e del superfluo. Ma anche della rassicurazione
Per tutto l’anno scolastico sono stata nella chat dei genitori della classe sbagliata. Sì, avete capito bene. La cosa bella è che in nessun momento ho avuto la sensazione che qualcosa non andasse. Mi sembravano informazioni pertinenti, o quantomeno non ovviamente errate. In sintesi, forse, erano informazioni inutili, ma non dannose.
Partiamo dagli antefatti che hanno facilitato questa strana situazione. Non vivo in Italia da molti anni, e i miei figli, per comodità, frequentano una scuola internazionale. Questo tipo di scuola è molto pratica perché se in futuro cambieremo di nuovo paese i nostri figli potranno inserirsi in una scuola internazionale e proseguire col piano di studi.
L’ambiente umano di questi istituti è spesso composto da famiglie che vanno e vengono, e non è detto che ci si conosca molto bene, e insomma non è strano trovarsi circondati da persone mai viste, atterrate da chissà dove. Gente che però un po’ devi fingere di conoscere, per buona creanza. Sia di persona, sia nei contatti virtuali. Il terreno ideale per i fraintendimenti e le commedie degli errori.
La chat degli errori
Quando all’inizio dell’anno ho ricevuto (per sbaglio, e non saprò mai perché) l’invito a una chat dei genitori, io ho accettato senza esitazioni. Nel corso dell’anno questa chat (devo dire non troppo assillante) ha fornito informazioni molto generiche sui giorni di vacanza o sui progetti della scuola, tutto assai vago. È vero, qualche volta veniva sollevato un problema che trovavo astruso, nomi mai sentiti, ma siccome non era nulla di grave, e non riguardava mia figlia, passavo oltre.
Io non sono mai molto attiva sui gruppi Whatsapp, che in fondo detesto, e in ogni caso non considererei mai i genitori una fonte di informazione fondamentale. La scuola è la mia prima fonte di informazione. Perciò per le cose veramente importanti ho sempre scritto delle email alla scuola, oppure, ancora meglio, ho mandato mia figlia a chiedere lumi e a sbrigarsela da sola, perché in prima media penso sia importante sbrigarsela da soli. Il mio “anno di riposo e oblio” nella chat sbagliata è filato liscio, senza intoppi.
A inizio giugno, per caso, mia figlia ha chiesto di controllare non so cosa sul mio Whatsapp, e ha visto che avevo questa chat, e mi ha chiesto come mai fossi iscritta alla chat dei genitori della sezione A, visto che lei va nella C. Perché in effetti il nome della chat conteneva la lettera A. Ma io non ci avevo fatto caso (va bene, sono sbadata, va bene, non sono sul pezzo, non sarò Madre dell’Anno, tutto quello che volete). Da lì è emersa la verità…
A quanto pare, comunque, i genitori della classe di mia figlia non hanno mai creato una chat. Insomma, ero nel posto sbagliato, ma non mi sono persa nulla, perché il posto giusto non esisteva. Alla fine non è successo niente. O forse sì? Mia figlia ha riso per due giorni, e magari, quando in futuro ci ripenserà, riderà per tutta la vita. «Ma cosa ci facevi nella chat della A??». Poi mi ha detto che per punizione devo scrivere un articolo.
Cosa cerchiamo su Whatsapp
Le chat dei genitori, si sa, sono il regno della perdita di tempo e del superfluo. Talvolta sono addirittura snervanti o violente, ma anche quando sono quiete restano inefficaci, sono il contrario di una regola economica. Non educano i figli a cavarsela da soli, non promuovono una sana fiducia nella scuola e nelle sue capacità comunicative. Di fondo, nascono dal timore di non sapere abbastanza cose, di dover supplire in quanto genitori.
Secondo me non dovrebbero proprio esistere. Però poi, se esistono e vengo invitata, non so dire di no. Non so declinare. Perché sì, è vero che siamo circondati dalle notifiche e dalle informazioni inutili, ma non abbiamo il coraggio di rifiutare nulla.
Forse è un bisogno di sicurezza. Nel dubbio, non vogliamo perderci le cose: nel 99 per cento dei casi sappiamo che non servirà, ma cosa succede se ci troviamo nell’1 per cento dei casi in cui serve? Perciò accettiamo la paccottiglia. Fatichiamo a ripulire le nostre vite, a prenderci quel minimo di rischio, e dunque partecipiamo al sistema. Le notifiche soprattutto sono fonte di riflessi condizionati, provocano un certo piacere, danno la sensazione che accadano cose e al tempo stesso che tutto sia sotto controllo.
Magari non leggiamo, ma sappiamo che, volendo, l’aggiornamento è lì con noi. Le notifiche rassicurano. In questo contesto, la distinzione tra ciò che è realmente essenziale e ciò che è superfluo si fa sempre più sfumata. Partecipiamo alla moltiplicazione infinita del ridondante e del generico. In fin dei conti, aderiamo alla morte della conoscenza.
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