Rivoluzionario, estatico, magnetico. Esce per la Nuova Frontiera, Orso, dopo aver visto la luce per la prima volta nel 1976, nella sfavillante traduzione di Veronica Raimo. Autrice della sensualissima fabula, è la canadese Marian Engel.

Questo libro segnò una svolta nella carriera della scrittrice – che dopo aver pubblicato quattro romanzi e una raccolta di racconti con piccole case editrici – con Orso incontrò il grande pubblico: complice la critica che si divise salutando il libro come un capolavoro ma anche come testo spudoratamente scandaloso e sopra le righe, scatenando la pruderie dei lettori.

La trama 

La storia è ambientata in Canada e racconta di una ventisettenne di nome Lou, archivista all’Istituto Storico di Toronto che a cavallo di un’estate viene inviata in una piccola isola fluviale per catalogare dei libri custoditi in una magnifica casa ottocentesca lasciata in dotazione all’istituto presso il quale lavora.

Qui viveva il bizzarro Colonnello Cary e qui è conservata la sua fascinosa biblioteca. Lou si ritrova catapultata in un una casa coloniale, con pianta ottagonale divisa su tre piani: abbandonata, fredda e senza elettricità ma durante le ore del giorno scaldata da una luce avvolgente e metafisica. L’edificio confina con una sorta di baraccopoli: una di quelle casette è abitata da un orso, incatenato e mansueto, l’animale vive lì da sempre.

A Lou viene chiesto semplicemente di nutrirlo due volte al giorno. La ragazza è perplessa, incuriosita e al contempo pizzicata dalla paura. L’orso non è così grande come immaginava, sporco e “osservante” resta pacifico nella sua tana. I due si scrutano e mentre i giorni passano, le distanze si accorciano.

Lou cataloga, palpa l’isola selvaggia, sprofonda in una natura incandescente, sconvolta dai profumi, assaggia la solitudine, rievoca la sua ultima liaison con il direttore dell’istituto, (una storia vuota, di sciatte sveltine sulla scrivania), legge costantemente e trova come fossero un testamento fondante, dei piccoli bigliettini nascosti nei libri del Colonnello Cary – tutti a proposito degli orsi – dedicati all’anatomia e alla mitologia dell’animale, rivelando la doppia identità simbolica della bestia nata dalla natura indigena e dalla rielaborazione mitica dei conquistatori europei.

Le note fioccano spingendo Lou ad avvicinarsi, un passo alla volta, fino a slegare l’orso, spogliarsi di tutto punto e fare il bagno con lui, alle prime luci dell’alba. È anche la presenza di una vecchia indiana centenaria capace di parlare con l’animale che rompe gli argini e porta la ragazza a liberarsi di ogni paura e ad accogliere la bestia in casa: ecco salire l’orso sulla scala che porta verso la camera da letto, ondeggiare sugli scalini, per poi trovare riposo (pacato e felice) accanto al fuoco, sdraiato vicino a Lou che leggendo non resiste alla tentazione di affondare il piede nel manto dell’animale.

Senza veli

Engel crea un delicato equilibrio tra realtà e mito in cui l’orso svolge un ruolo essenziale, e compie un interessante riscrittura della narrativa canadese che ha come protagonisti gli animali. Affiorano residui del passato storico e personale attraverso la relazione inaspettata e sconvolgente che Lou ha con l’orso, la bestia oscura e silente che spinge la protagonista a sondare gli angoli più profondi dei propri perturbanti desideri.

La frenesia di essere posseduta dall’animale è coniugata alla natura “selvatica” dell’isola. Una volta lontana dal grigiore della città e dai suoi ritmi routinari, Lou entra in contatto con la sua parte forastica. I capelli si arricciano, la pelle si abbronza, gli abiti non servono più.

Ha così inizio un risveglio, sola con l’orso la giovane è libera di ridestare i sensi, di giocare con il suo amante “inconsapevole”, si svincola dei tabù sessuali per esplorare un mondo sconosciuto, l’insondabile natura del suo erotismo segreto. «Ti amo orso», dice la ragazza dopo essere stata leccata dalla lingua morbida e rasposa dell’animale.

Engel si sofferma sull’aspetto sessuale della faccenda senza censure, descrive il piacere e la natura belluina di Lou che cerca l’abbraccio e la penetrazione di quell’essere “altro” che si aggira per la grande casa, inseguendo soprattutto gli odori. La cognizione della nuova sessualità avviene quando la donna accetta le avances di un vicino di casa, Homer. L’unica cosa che la fa recalcitrare all’idea di andarci a letto, è il pensiero che l’uomo sia sposato con una donna che conosce, ma l’ultima oncia di moralismo viene ingoiata assieme a due sorsi di whisky e la ragazza finisce per concedersi.

Ormai fare l’amore con un uomo, non sembra essere decisamente avventuroso ed eccitante come con un orso. Anche nei romanzi precedenti le eroine della Engel erano incentrate su donne insoddisfatte, ferme a dei crocevia esistenziali, imprigionate nella società, che riuscivano a uscire dall’impasse spesso attraverso soluzioni assurde e stravaganti.

Liberazione

Per la scrittrice sono importantissimi gli anni Settanta, periodo nel quale abbraccia le tematiche femministe, si separa dal marito (madre di due gemelli, un maschio e una femmina) e compie la sua metamorfosi alla stregua delle sue figure femminili. Nel 1973 diventa presidente della Writers Union of Canada, il sindacato degli scrittori canadesi; assieme alle sue compagne Margaret Laurence, Adele Wiseman, Atwood, Mavis Gallant e Alice Munro.

Engel afferma la sua condizione di donna che scrive nel contesto di una letteratura invasa da quella britannica e statunitense, alla ricerca di un nuovo linguaggio che esprima uno sguardo diverso, soprattutto rispetto ai modelli coloniali e patriarcali. In questo senso Orso suona quasi come un manifesto di liberazione femminile, ma oltre alla sua valenza politica, resta uno dei libri più sensuali e accattivanti della letteratura canadese.

Le descrizioni dell’animale sono ipnotiche, la relazione tra l’orso e Lou è (in)credibile (e nonostante siano messe in campo scene erotiche esplicite: odori, umori, feci e sangue mestruale) resta sulla pagina come una romantica storia d’amore che conserva un candore e un’innocenza squisite.

Mentre la ragazza si avvicina cautamente all’animale non si fa che sperare che ogni barriera crolli e che la donna venga abbracciata dall’orso. Abbracciata, amata e accolta. «“Orso, orso” sussurrò stuzzicandogli le orecchie. La lingua era muscolosa e si allungava come un’anguilla a scandagliare tutti i suoi luoghi più segreti.

E, come non le era mai accaduto con un essere umano, era una lingua capace di dispensare piacere ininterrottamente. Quando venne, cominciò a piangere e l’orso leccò le sue lacrime». Un animale muto, presente, morbido. Un gigantesco, irresistibile teddy bear.


Orso (La Nuova Frontiera 2024, pp. 128, euro 14,50) è un romanzo di Marian Engel, di recente ripubblicato nella traduzione di Veronica Raimo 

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