- Ma chi sono questi “saggi” del Consiglio superiore della pubblica istruzione che hanno bocciato il secondo scritto della maturità? Spero se lo chiedano tanti altri come me, con la stessa angoscia. Molti docenti, spero, e anche molti studenti. Perché questi “saggi”, chiunque essi siano, ragionano come folli.
- Chiedo a Michela Marzano, intervenuta in difesa dei nostri studenti: i consiglieri del ministro hanno ascoltato almeno te, ma è questo che chiedevi al ministro Patrizio Bianchi? Di rimangiarsi la decisione di reintrodurre (parzialmente) le prove scritte agli esami?
- E dunque mi permetta, signor ministro, di pregarla accoratamente di non cambiare idea, di non cedere alle pressioni dei suoi “saggi”.
Ma chi sono questi “saggi” del Consiglio superiore della pubblica istruzione? Spero se lo chiedano tanti altri come me, con la stessa angoscia. Molti docenti, spero, e anche molti studenti. Perché questi “saggi”, chiunque essi siano, ragionano come folli. No, sbaglio: nella follia c’è quasi sempre un lampo, di verità o almeno di disperazione. Ragionano solo come sindacalisti, purtroppo. Peccato che dall’altra parte non ci sia il padrone delle ferriere, ma la scuola.
Che idea hanno della scuola questi saggi, che bocciano la parziale reintegrazione delle prove scritte nell’esame cosiddetto di stato con l’argomento che gli anni del triennio finale (afflitto dalla pandemia e dalla Dad) «formano il quaranta per cento del voto della maturità»?
Forse hanno confuso la pagella con la busta paga, e la maturità con l’indennità di licenziamento? Ma insorgono anche contro lo sfruttamento del lavoro giovanile: niente prove scritte di italiano e logico-matematiche, niente colloquio volto ad accertare le conoscenze dell'inglese, della seconda lingua e dell'educazione civica.
Azzerare tutto
Ecco: sembra che questi saggi siano usciti da una scuola come quelle che vorrebbero loro. Azzerata la logica: perché se i ragazzi hanno sofferto la Dad, cioè una perdita di lezioni e discussioni dal vivo, il rimedio è di disincentivare anche la sola cosa che resta possibile, lo studio individuale e l’esercizio di scrittura? Azzerata la pedagogia: la maturità è un voto?
Azzerata l’educazione civica: si preparano così i “sovrani di domani” (don Milani), incoraggiando l’analfabetismo funzionale, sottraendo a tutti quindi essenzialmente ai meno altrimenti attrezzati ogni strumento di critica, riflessione, argomentazione e dissenso (che non sia o la piazza o l’illeggibile apologia del nulla di cui son fatti questi documenti)?
Azzerata l’etica: come può crescere il senso della propria unicità, quello della responsabilità delle proprie scelte, e infine quello dell’irripetibile chance della propria giovinezza, in un ragazzo dichiarato incapace di sostenere una prova scritta? Azzerata la deontologia: che stima possono avere dei loro colleghi docenti questi consiglieri della Repubblica che vogliono dissuaderli dall’esercizio di aiutarli a fiorire, o peggio, vogliono indurli a seppellire nel piombo della burocrazia sindacale le loro stente, magre, azzardate fioriture?
Azzerata la speranza: e quale adolescente oserà più credere a una propria vocazione, a un proprio talento, al bene che tu solo puoi forse portare al mondo, in questo trionfo dell’indifferenza nichilista?
Il cinismo dei saggi
Dove oscenamente si mescolano il dolore sacrosanto per la morte di un ragazzo, Lorenzo Parelli, nell’incuria sciagurata di discutibili alternanze scuola-lavoro, e il conformismo ottuso dell’ignoranza, fatta di slogan e di nostalgie ridicole per il ‘68 dei nonni, da parte dei ragazzi, almeno. Ma fatta solo di cinismo da parte di questi “saggi”, e di un cinismo venato di viltà, pronta ad adulare i più forti o piuttosto quelli che gridano di più: anche qui, però, all’ombra della confusione e del ricatto.
Perché costoro sanno di poter contare sullo sdegno per i ragazzi sciaguratamente bastonati dalle forze dell’ordine – di un ordine che più insipiente e sgangherato non poteva essere: e sanno che chi protesterà contro la loro sentenza nichilista sarà accusato di difendere – che so: la polizia, i carabinieri, l’esercito, l’establishment e le forze oscure del capitalismo.
Le prove scritte
E allora io lo chiedo anche a te, amica Michela Marzano che sei intervenuta in difesa dei nostri studenti e studentesse, che «hanno bisogno di essere ascoltati», e insisti, non è una questione di “merito”, ma di bisogno (La Repubblica, 7 febbraio). Vedi, i consiglieri del ministro hanno ascoltato almeno te: ma è questo che chiedevi al ministro Patrizio Bianchi? Di rimangiarsi la decisione di reintrodurre (parzialmente) le prove scritte agli esami?
Perché è su questo, soprattutto, che quelli in piazza chiedevano di essere ascoltati. Chiedono di azzerare completamente, a scuola, il senso della giustizia, che secondo Aristotele significa «a ciascuno ciò che merita»: e tu, docente limpida e rigorosa a Parigi, tu scrittrice apprezzata in patria, certo lo sai meglio di ogni altro. Perché, Michela, ritieni «una presa in giro» le parole del ministro, quando dice che la prova scritta di italiano serve ai ragazzi anche a «esprimere se stessi»? O “esprimere se stessi” si può fare solo in stile Sanremo, alla Mahmoud e Blanco?
E dunque mi permetta, signor ministro, di pregarla accoratamente di non cambiare idea, di non cedere alle pressioni dei suoi “saggi”. Non lo faccio certo a mio nome, ma a nome di tutti i colleghi che hanno firmato lo scorso novembre una lettera aperta a lei, perché le reintroducesse, queste prove scritte: e forse lei li ha ascoltati, allora. Quella lettera ne suscitò altre e molti docenti e studenti gliene furono grati: per loro stessi, per gli articoli 3, 9, 33 e 34 della Costituzione, per il futuro di tutti noi, per non cedere alla burocrazia nichilista. Non li deluda.
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