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I maschi si baciano, in bocca, nel maggiore tempio della cristianità cattolica. Lo fanno in particolare due nerboruti beati biondi sul muro della cappella Sistina, proprio nel giudizio universale michelangiolesco che dovrebbe rappresentare il più binario, il più normativo richiamo all’ordine dell’intera fantasia cosmologica occidentale. Si baciano poi, sui lussureggianti campi erbosi dello sport più maschile che ci sia, i campioni del calcio: da Maradona con Caniggia fino a Rakitik con Carriço. Si baciavano leader sovietici nel corso dei vertici geopolitici del socialismo novecentesco, e per sempre si baciano Ami e Amile nelle cronache di cavalleria del medioevo francese.
Non tutti questi mille baci sulle labbra, tra maschi di ogni epoca, erano baci di Giuda, come quello che, al cospetto di un altro giudizio universale, Giotto splendidamente affrescò a Padova. Né tutti erano d’altronde baci d’amore erotico, romantico. Nessuno di essi, in ogni caso, era la parodia di un bacio, a differenza di quelli che diverse coppie stranamente assortite di uomini si sono scambiati nel corso degli anni sul palco di Sanremo: Gianni Morandi e Luca Bizzarri, Fiorello e Fabrizio Del Noce, Bonolis e Laurenti, e via baciando.
Mi rendo conto che è un po’ tardi per parlare sul giornale di Sanremo. E tuttavia l’idea di scrivere del bacio tra maschi che Rosa Chemical ha rubato a Fedez in mondovisione è rimasta con me nel corso delle ultime due settimane, e alla fine mi sono risolto a farne un pezzo. Giacché il bacio è in effetti una cosa difficile da annoverare nel catalogo di quelle da maschi.
Per quanto intima sia una bromance, è sul ciglio delle labbra che si segna il primo grande discrimine che distingue l’affetto fraterno da altre cose, non meno virili ma più facili da capire. E del resto se il bacio non se lo prende, se non lo assegna come un marchio di scelta o di possesso, un uomo è addestrato a trovarlo svenevole, buffo: una smanceria, una cosa da femmine.
Esattamente dieci anni dopo l’edizione di Sanremo in cui Elio e le Storie Tese duettarono con Rocco Siffredi sulle note di Un bacio piccolissimo, in cui Amami uomo vinse il premio della critica, in cui i Modà cantarono che «se anche i baci si potessero mangiare / ci sarebbe un po’ più amore e meno fame», Rosa Chemical ha operato un capolavoro michelangiolesco. Solo la sera prima Elodie aveva baciato BigMama, solo un anno prima Fiorello aveva baciato Tiziano Ferro. Ma baciare Fedez senza essere né una donna né un buffone, senza per questo dichiarargli amore o ridicolizzarlo, ha destato ben più clamore.
Forse questo brillante artista splendidamente truccato (la cui canzone, vorrei aggiungere, meritava un qualche premio), questo divo ragazzetto con la data di nascita tatuata in fronte e il nome della mamma come nome di battaglia, ha esteso l’orizzonte del contemplabile nel reame delle cose da maschi. E perciò, ecco qui l’articolo che gli dedico, oggi su Domani online e sabato, come di consueto, su quello di carta che trovate in edicola.
Di Ami e Amile, citati più sopra, non sapevo granché a dir la verità. È il multiforme ingegno del nostro Didier Falzone ad avermeli indicati, perché ci ha costruito sopra l’elegantissima immagine che vedete qui e che accompagnerà il mio articolo in rete e sul giornale. Ne amo le forme contigue, i materiali nuovi (Didier mi conferma che ha adoperato una carta che di solito non usa) e l’ironica cornice di palme sanremesi, che fa un po’ Crociate e un po’ statuetta-premio.
Credo che proprio di Didier scriverò tra due settimane, visto che il prossimo numero di Cose da maschi, il 45, cadrà proprio il giorno dell’uscita del libro – il quale tuttavia, scopro con gaudio, è già disponibile, in preordine, con la falzoniana copertina smagliante!
C’è una speciale connessione tra chi scrive e chi illustra: a volte l’intesa è preverbale e addirittura telepatica, spesso il ruolo s’inverte, sempre l’invenzione è condivisa. Mi è capitato di studiare le reti di autori e artisti che collaboravano per realizzare certi stupendi libri illustrati del Rinascimento e del Barocco, e sperimentare quest’amicizia intellettuale con Didier, nel corso di decine di settimane, mi ha ricordato quegli studi. Il libro, di cui non vedo l’ora di parlarvi, non poteva che includere collage che, più che accompagnarne le parole, le hanno ispirate. E perciò ora che arriva in libreria bisogna riflettere un po’ sulla collaborazione tra maschi che l’ha materializzato, includendo magari anche l’infaticabile editor, Ivano Pierantozzi, che ha completato il trio un po’ warlock con me e Didier. A presto!
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