Per l’esordiente in attesa di valutazione non c’è mese più crudele di agosto, quando le case editrici abbassano le saracinesche e tutto si predispone alla sospensione scabrosa della vacanza. Per l’esordiente significa dover pazientare altri 31 giorni, sapere di essere stato rinviato, procrastinato, rimandato per almeno un altro mese.

Così, preso dalla consapevolezza di questo disastro imminente, fa un ultimo giro fuori dall’editore che ha in lettura il suo manoscritto ormai da molti mesi, più o meno sei, cioè quelli oltre i quali normalmente diventa vano sperare. «Mezz’anno», pensa tra sé con una certa spietatezza l’esordiente.

Nei suoi intenti vorrebbe smorzare l’ossessione, ma in realtà la rinfocola. Com’è possibile che tutti se ne vadano in ferie sereni mentre lui non ha ancora avuto il suo responso? Qual è il motivo di tanta sciagurata superficialità e faciloneria? Perché l’editoria italiana se ne infischia del suo capolavoro e se ne va al mare?

Il dirigente editoriale 

Mentre è impelagato in quei ragionamenti vittimistici, l’esordiente ha un inaspettato colpo di fortuna: dal portone principale della casa editrice sta uscendo proprio quel dirigente editoriale con cui aveva scambiato qualche mail e qualche telefonata. Le risposte ricevute erano state cortesi ma ferme, in caso di lettura positiva l’editore si sarebbe fatta certamente sentire, ma i tempi non erano calcolabili, in caso contrario il silenzio sarebbe stato un diniego inequivocabile.

«Buongiorno», attacca subito bottone l’esordiente, presentandosi brevemente al suo interlocutore. «Non è ancora partito per il mare?».

«Non ancora, e in realtà detesto le vacanze, ma bisogna pur far riposare le meningi»,  gli risponde il dirigente. «Piuttosto lei che ci fa qui? Mi aspettava al varco? Devo preoccuparmi?». 

«Come le dicevo sono passati quasi sei mesi senza una risposta…».

Il dirigente editoriale è un po’ dispiaciuto: «È un tempo considerevole, in effetti».

«Devo perdere la speranza?». 

«Oh, quella mai. Mai perdere la speranza».

«Non sopporterei l’ennesimo rifiuto».

Il dirigente editoriale ci pensa su qualche secondo, poi gli viene un’idea: «Abbattersi per i rifiuti? Ma scherza? Dovrebbe gioirne semmai!».

«E perché?».

«Tutti i più grandi sono stati rifiutati. Anzi direi proprio così: i rifiuti sono l’attestazione della grandezza. Solo i brocchi sono accolti dal mondo editoriale a braccia aperte».

L’esordiente non pare molto persuaso: «Lei lo dice solo per tirarmi su di morale, per farmi sopravvivere a questo terribile agosto di silenzio e attesa che ormai è alle porte».

«Macché! Mi dia retta invece. Accanto alla storia letteraria ufficiale ce n’è un’altra destinata a rimanere chiusa negli archivi degli editori, ma non per questo meno significativa e avvincente: l’avventura dei rifiuti editoriali e dei manoscritti respinti».

Dal portone dell’editore uscirono un paio di redattori, salutarono il dirigente tutti pimpanti, era chiaro che quello fosse il loro ultimo giorno prima della chiusura estiva.

Rifiuti eccellenti

«Capitò anche a un giovanissimo Alberto Moravia, il quale nel 1928 propose il suo libro di maggior peso e successo “Gli indifferenti” alla casa editrice Sapientia che glielo restituì con un giudizio liquidatorio: “Una nebbia di parole”», - riprese il dirigente, quando furono di nuovo soli.

«E Moravia non si perse d’animo?».

«Tutt’altro! Lo fece uscire per l’editrice Alpes contribuendo alle spese di pubblicazione: ben 5.000 lire ottenute in prestito dal padre».

«Moravia che pubblica a pagamento! Questa è proprio bella!».

Altri colleghi del dirigente uscirono dal portone, qualche grafico, un paio di addetti stampa, tutti salutarono allegri dandosi appuntamento alla fine di agosto.

«Persino la gallina dalle uova d’oro Andrea Camilleri ha cominciato ad avere successo verso i settant’anni. In realtà il suo primo libro del 1967, Il corso delle cose, incappò nei rifiuti più o meno espliciti di Mondadori, Marsilio, Bompiani, Garzanti e Feltrinelli…», riprese puntiglioso il dirigente.

«Anche Camilleri?», domandò incredulo l’esordiente.

«I casi più drammatici sono arcinoti, e riguardano quei libri usciti soltanto dopo la scomparsa dei rispettivi autori. Silvio D’Arzo con il suo Casa d’altri venne bistrattato da Natalia Ginzburg e Cesare Pavese. La prima osserva: “Un fiato da passerotto”; il secondo cattivissimo dichiara: “Non m’interessa affatto. A morte”. Casa d’altri uscirà solo nel 1952 da Sansoni e Montale dichiarò che si trattava di un racconto perfetto».

Il sole infuocava la strada su cui si affacciava la casa editrice, e dal portone un poco alla volta continuavano a uscire persone che si congedavano per le vacanze estive.

Il dirigente adesso però si era infervorato: «Singolare il caso del Gattopardo, presentato agli editori dall’ignoto Tomasi di Lampedusa, un principe siciliano solitario e coltissimo di cui nessuno sapeva nulla. Il libro fu sottoposto a Elio Vittorini nella sua duplice veste di consulente per Mondadori e direttore di collana per Einaudi. Il responso fu doppiamente negativo».

«Ma poi Il gattopardo è divenuto un classico del nostro Novecento».

«Sissignore! È proprio questo che sto cercando di dirle. Il gattopardo venne pubblicato dalla giovane Feltrinelli solo nel 1958, diventando subito un successo con 400mila copie vendute nei primi tre anni».

«Chi altro?»

«Italo Calvino mandò il suo primo romanzo Il sentiero dei nidi di ragno a un concorso indetto dalla Mondadori nel 1946 per scovare talenti emergenti. C’è da aggiungere che non venne premiato?».

L’esordiente accennò un primo, timido sorriso.

«Ancora!», urlò. «Ne voglio sapere ancora!». 

Morselli 

«Forse lo scartato per eccellenza, colui il quale rappresenta al meglio l’ostinazione dello scrittore che continua a bussare a porte ostinatamente chiuse, è il suicida Guido Morselli. A fare impressione è che nel caso di Morselli non si debba parlare del rifiuto di un singolo titolo, ma dell’intera opera. Per certi titoli anche solo ottenere un rifiuto è complicato, basti dire che a margine di una lettera inviata da Rizzoli per Il comunista Morselli aveva appuntato: “Due anni e mezzo! E poi? Farabutti!”. Cattivo il giudizio per Dissipatio H.G. da parte di Bompiani: “Interessante ma troppo ambizioso. Peccato. Cordiali Saluti”. Adelphi comincerà a pubblicare la totalità delle opere di Morselli soltanto dal 1974, facendone un autore di culto per una ristretta cerchia di lettori».

Ormai i due - esordiante e dirigente - erano come in trance e continuavano a parlare dei rifiutati eccellenti, o comunque di quegli scrittori che anche dopo aver ricevuto il benedetto patentino continuarono a fare fatica, perché le loro opere erano troppo buone, troppo letterarie.

Giorgio Bassani era stato rimpallato da un editore all’altro a causa delle vendite scarse, Giovanni Arpino invece teneva volontariamente il piede in due staffe pubblicando la narrativa per i Gettoni Einaudi e la poesia per Lo specchio Mondadori, Luciano Bianciardi rifiutò il corteggiamento di Calvino perché quelli dell’Einaudi lo trattavano con troppa sufficienza: «Come uno studente di liceo capitato per sbaglio in mezzo a un branco di professori universitari».

In casa editrice 

«Perché non andiamo un attimo su a controllare lo stato di lettura del suo manoscritto?», disse all’improvviso il dirigente editoriale.

L’esordiente impallidì: «Ma davvero si potrebbe?».

«Se ne sono andati tutti, la casa editrice è rimasta completamente sguarnita. Come le ho detto io alle vacanze non ci tengo. Risaliamo e controlliamo. Ormai sono curioso anch’io».

Come in un sogno, l’esordiente seguì il dirigente editoriale salire le scale che portavano all’ingresso, aprire la porta, percorrere i corridoi, intravedere nelle stanze le pile dei lavori da riprendere dopo le vacanze, le bozze, le prove di copertina.

Poi, proprio in fondo, uno stanzino era dedicato alla valutazione e archiviazione dei manoscritti inviati da ignoti. Il dirigente editoriale cominciò a scartabellare scrupolosamente alcuni cassetti. Trovò il plico dell’esordiente, ne lesse la scheda di lettura.

«La valutazione è eccellente», disse, alzando la testa, un poco smarrito e imbarazzato. «Il suo manoscritto è stato preso. La chiameranno per farle un’offerta dopo le vacanze».

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