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I mesi della didattica a distanza ci hanno permesso di entrare nel vivo della didattica digitale, superando il confine di un contatto vivo nella presenza vis-à-vis del rapporto tra docente e allievo.
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I bambini e ragazzi ci hanno comunicato la loro grande resilienza nell’adattarsi, forse con maggiore competenza degli adulti, allo stravolgimento delle loro abitudini, ad affrontare la challenge del coronavirus sull’onda delle varie challenge su Instagram.
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Come nel circuito dell’apprendimento creativo di Resnick, “ri-partire” da qui, dall’osservazione, dall’ascolto e dalla relazione per dare vita alla nostra nuova scuola digitale.
Sulla scia del pensiero del filosofo francese Bernard Stiegler, si potrebbe sostenere che le tecnologie non sono semplici strumenti a nostra disposizione ma modellano anche le nostre soggettività, il nostro modo di essere e quello che diventiamo. Stabiliscono i limiti di ciò che possiamo e non possiamo dire, pensare e fare.
Nel testo Education in the Age of Screen, gli autori sostenevano che si poteva ipotizzare un futuro in cui le scuole e le università sarebbero potute scomparire nella loro fisicità e passare direttamente nello schermo tramite le MOOCs (Massive open online course, corsi online per l’educazione), permettendo così agli studenti non solo di non uscire di casa o spostarsi in contesti specifici per seguire le lezioni, ma anche di personalizzare l’apprendimento, seguendo il ritmo personale e i propri specifici interessi: «Devo seguire tre lezioni all’università, ma sono registrate e lo faccio stasera dopo aver portato a cena Ilaria». Ipotesi predetta e messa in auge in modo improvviso a febbraio 2020 per affrontare l’emergenza della pandemia nella quale, sul vissuto ansiogeno globale, ognuno nella poliedricità dei diversi ruoli professionali ha continuato ad assolvere il proprio dovere.
L’esperienza concreta
I mesi della didattica a distanza ci hanno permesso di entrare nel vivo della didattica digitale, superando il confine di un contatto vivo nella presenza vis-à-vis del rapporto tra docente e allievo e quello del gruppo che non ha più il supporto fisico del contenimento in presenza, ma si dirama nella ricerca di un contatto a distanza che rimodella l’appartenenza al gruppo su altri canali strutturali e vettoriali.
Il silenzio del blocco della scuola ha attivato la «voce interna» di tanti insegnanti che volevano a tutti i costi “bucare” lo schermo e tornare a inventare storie con i loro bambini, a vedere la sorpresa nel loro volto per aver risposto in maniera giusta a un quesito, a collaborare in classe per la realizzazione della ricerca di turno, a discutere con i propri studenti sulla poetica del Leopardi.
Dallo schermo oggi ci è arrivato il rispecchiamento di una classe che vuole lavorare, che anche se cerca di barare mettendosi le cuffiette per farsi suggerire, o spegne la telecamera per non farsi vedere, né sentire, c’è nel Live della lor vita scolastica, è presente in quell’«Esserci» che testimonia il suo desiderio di apprendere, anche se ognuno nella propria postazione avverte la fatica di rimanere seduto, di scrutare lo schermo alla ricerca di quello sguardo di intesa che forse in classe si dava per scontato o era volto soltanto al contenere esuberanze e sbavature cognitive.
La Dad ha messo in evidenza canali vettoriali che devono essere presi in considerazione per pianificare interventi nuovi, modulabili in un fare di presenza e distanza, di lezioni sincrone e asincrone in cui il livello comunicativo dovrebbe essere articolato sulla risposta ai bisogni formativi e di crescita, che sono sempre il filo conduttore dell’apprendimento.
Arginare la solitudine
Nella lezione a distanza il bisogno degli alunni è quello di farsi testimoni dell’essere per l’appunto «presenti», di attivarsi in un fare produttivo che permette loro di arginare la solitudine avvertita non solo nello stare seduti soli sulla scrivania, ma nella difficoltà del rispecchiamento e del contenimento affettivo del gruppo classe che anche se disturba la lezione fa sentire sicuri e attiva leve motivazionali che spingono in avanti il motore della conoscenza. Il fare di un gruppo che potenzia il fare del singolo.
Ecco quindi che, nell’organizzazione della Dad occorre far leva sulle distribuzioni di compiti condivisi, sul segmentare la lezione e dare forza al livello nozionistico centrato sul fare e sul collegamento compiti di realtà nel quale si veicolano conoscenze: «Si studia dopo, adesso organizziamo insieme come creare contenuti che possono farci bucare lo schermo e farci sentire uniti», grida Maria (come se la sua voce non arrivasse bene nelle singole case dei suoi alunni della II F). «Scriviamo un ebook, allestiamo un blog dove ognuno ogni giorno può scrivere quello che fa, e una pagina Facebook che chiamiamo “mindbook” dove ognuno di noi a turno mette un post di un autore che gli piace. Realizziamo un podcast della lezione 1, un video che condividiamo su Instagram sulla vita di un autore e possiamo rendere TikTok istruttivo con storie didattiche. Utilizziamo i social per diffondere la cultura!».
I bambini e ragazzi ci hanno comunicato la loro grande resilienza nell’adattarsi, forse con maggiore competenza degli adulti, allo stravolgimento delle loro abitudini, ad affrontare la challenge del coronavirus sull’onda delle varie challenge su Instagram, a ridisegnare aperitivi serali in videochiamate collettive che poi il giorno dopo si riconfiguravano in lezioni in classe. Il loro multitasking funzionale, spesso criticato dagli adulti è oggi, sulla scia degli eventi, la loro risorsa principale per adattarsi al nuovo modo di fare scuola e scoprire, forse per la prima volta, che gli strumenti digitali servono anche per «pensare e ad apprendere».
In questo incontro forzato tra docenti e allievi chiusi nelle loro stanze, famiglie e scuola, i bambini e i ragazzi sono stati sensibilizzati da adulti consapevoli a capire che l’Aladino digitale può tirare fuori dallo schermo non solo video di youtuber, tutorial, video di TikTok, maratone di live interminabili che continuano ad alimentare il bisogno di competizione e sfida giovanile, anche video didattici, film, libri, aperture a musei virtuali, audiolibri, che ampliano lo spazio digitale in spazio di conoscenza e formazione che va oltre l’aspetto social-ludico facendo leva sull’interiorizzazione del legame docente-allievo. È infatti sempre l’elemento relazionale il motore di tutto, ad alimentare passioni, progetti, e a unire e compattare i compagni (peer) all’interno degli spazi on-school sull’onda creativa del play nella sua accezione cognitiva.
Uno spazio relazionale che regge alla prova del tempo e che oggi, dopo tanti giorni di isolamento e altri che si sono aggiunti nelle diverse fasi della pandemia, ci fa comprendere che ogni apprendimento, anche quello più moderno e innovativo, ha bisogno dell’incontro con l’altro, per generare la curiosità e la passione alla base di ogni progresso evolutivo.
Ed è per questo che la fisicità delle nostre aule e del nostro edificio strutturale del sapere, come le scuole e l’università, non riusciranno mai a dissolversi completamente nella galassia gutenberghiana. La prima competenza in assoluto è la connessione tra menti che attivano e danno dignità assoluta al valore interno della loro operatività, oggi più che mai quando «con la crescente accelerazione del ritmo del cambiamento, il bisogno di pensiero creativo si farà più evidente». Creatività che si genera e potenzia nell’incontro con l’altro e non con gli strumenti. Ed è per questo che nella delineazione delle professioni del futuro è il sostenere il «care educativo» che farà la differenza, evitando di parcellizzare e frantumare la società.
Occorre quindi, come nel circuito dell’apprendimento creativo di Resnick, “ri-partire” da qui, dall’osservazione, dall’ascolto e dalla relazione per dare vita alla nostra nuova scuola digitale in cui l’apprendimento passi anche e non solo per il nuovo canale della comunicazione digitale. Per questo oggi, a chiusura della scuola d’emergenza, la Dad, quella sigla ormai conosciuta da grandi e piccini, può con un gioco di parole essere riletta nel Dare Ascolto Diadico in quella comunicazione a due vie tra chi parla e chi ascolta in cui si struttura da principio il linguaggio umano e il dialogo relazionale. Dalle parole alla relazione, fino all’apprendimento. E allora, oggi ascoltiamo quello che i tanti bambini e i ragazzi ci dicono sulla loro esperienza didattica sullo e con lo schermo per pianificare, modellare plasticamente riformulare la “Ri-partenza” della scuola in formato 4.0. Senza l’ascolto della loro voce non si potrà mai costruire l’home page della scuola digitale italiana come processo globale unitario che compatta il nuovo modo di procedere di una scuola che avanza al passo con i tempi e le rivoluzioni in atto.
Barbara Volpi è autrice di Docenti digitali. Insegnare e sviluppare nuove competenze nell’era di internet edito da Il Mulino.
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