La scrittrice canadese, autrice di Maternità, riflette su donne, letteratura e patriarcato. «La scrittura è una conversazione con noi stessi e ci offre un senso di comunità simile a quello della religione»
Il 17 e il 18 aprile, al Circolo filologico milanese, Miu Miu inaugurerà il suo Literary Club. L’evento è curato da Olga Campofreda e ospiterà sei scrittrici che porteranno al centro del discorso due autrici fondamentali del Novecento: Alba De Céspedes, Sibilla Aleramo. Tra loro Sheila Heti, canadese, autrice di otto libri, in Italia il suo ultimo romanzo, Colore puro, è edito da il Saggiatore, Maternità da Sellerio. Tra il saggio e l’autobiografia, tra la narrativa e la diaristica, quest’ultimo racconta Heti e il suo interrogarsi sulla maternità.
Heti, quant’è autobiografico Maternità?
Quando scrivo, io modifico la mia stessa vita, cambio le mie abitudini e i miei pensieri, seguendo le idee che voglio indagare con la scrittura. Per me un libro è autobiografico in questo senso: crei il libro e lui intanto ricrea te.
Nel caso di Maternità?
Non l’avessi scritto, non avrei pensato così tanto alla maternità. In quegli anni ho trascorso tanto del mio tempo a preoccuparmi deliberatamente - appunto: modificando la mia vita e i miei pensieri – dell’argomento. Di questo volevo scrivere, e a questo pensavo.
Nel pratico: lanciava davvero la monetina, ponendole delle domande?
Sì, quelle conversazioni sono tutte avvenute. Prima di scrivere Maternità, era una cosa che facevo spesso: sedevo alla scrivania, prendevo la monetina e le chiedevo delle cose, quella mi dava, con un sì o con un no, testa o croce, delle risposte e io trascrivevo. Dopo mesi, quando ho iniziato Maternità, ho ripreso il taccuino dove avevo segnato tutto e ho scelto le conversazioni più rilevanti.
Lo fa ancora?
Sì, ma senza monetina: ho un app sul cellulare.
Dei tarocchi, e delle cartomanti, cosa mi dice? Nel romanzo racconta che ha fatto diverse sedute. Ci crede?
Non c’è niente in cui credere. È un mezzo per lo storytelling della nostra vita.
Le conversazioni con le monetine e quelle con le cartomanti: cosa dicono, dunque, di lei? Se è di storytelling che stiamo parlando, che storia hanno raccontato, che Sheila hanno descritto?
Raccontano desideri e paure profondi, istinti che non riuscirei a esplorare se queste domande le avessi poste a me stessa. Credo che le conversazioni con le monetine, con le cartomanti siano simili a quelle che abbiamo con gli amici, gli psicologi: ci offrono punti di vista su noi stessi diversi dal nostro.
Lo stesso discorso vale per la religione?
La religione offre un senso di comunità che difficilmente possiamo trovare in altri posti, per altri mezzi.
La scrittura?
Un misto tra le due cose. È una conversazione con noi stessi - appunto: com’è quella con le monetine, le cartomanti -, e ci offre un senso di comunità molto simile a quello della religione.
La scrittura è religione?
Per lei?
Sì.
Per certi versi e per alcuni di noi, può esserlo. Gli scrittori credono in qualcosa di simile, hanno rituali simili, proviamo nei confronti dell’atto di scrivere una reverenza simile.
Torniamo alle monetine.
Le sono piaciute, quelle conversazioni.
Sheila chiede quale sia il modo migliore per individuare un percorso nella vita: la scala valoriale, degli obiettivi, le necessità di chi abbiamo attorno. Ha trovato una risposta per sé?
Nessuna delle opzioni che avevo in mente all’epoca: oggi a interessarmi è una certa passività. Aspettare e vedere cosa succede.
Ne è capace?
Lei?
No.
Ci sto provando. Non mi risulta granché naturale, sinceramente. Sono ansiosa, voglio che le cose che desidero accadano subito. Però nell’attesa, nel sedersi, aspettare e, intanto, godersi quel che accade c’è una certa bellezza.
Le andrebbe di trasformarsi, per qualche istante, nella sua monetina? Le vorrei porre alcune delle domande che ha posto lei, alla sua, di monetina, nel romanzo. Mi risponda solo sì o no. È possibile odiare te stesso e amare il mondo?
No.
Non sentirsi parte del mondo: è la reale essenza del soffrire?
Sì.
Qual è l’opposto della sofferenza, la gioia?
Sì.
La pace?
Sì.
La felicità?
Sì.
Ha dato un compito difficile, alla sua monetina.
Qualcuno doveva pur farlo, no?
Tornando alle cartomanti. Una di loro le chiede di esprimere un desiderio ma lei non ci riesce, dice che ogni desiderio ha in sé un lato oscuro. Cosa intendeva?
Esprima un desiderio.
Lei mi rimpalla spesso le domande, sa?
Risponda, è divertente!
Trovare l’amore.
Quando lo troverà, e sono certa che lo troverà, ci saranno così tante difficoltà, complicazioni, ci sarà così tanta sofferenza che questa parte oscura si paleserà ed ecco cosa intendevo: non esiste niente di unicamente bello o brutto. La vita ti chiede sempre il conto, c’è sempre un prezzo da pagare. Se ami una persona devi scendere a compromessi con te stesso e con l’altro. Accetti la possibilità di essere tradito o abbandonato. Ti precludi l’idea di poter amare altri.
Però adesso la domanda gliela rimpallo io: esprima un desiderio.
Fatto. Ma non glielo dirò.
Io gliel’ho detto, il mio!
Ha a che fare con l’amore, anche il mio. Le dico solo questo.
Be’, i desideri hanno sempre a che fare con l’amore.
E i soldi. E la salute. Nessuno desidera mai per gli altri, ci ha fatto caso? Che le guerre finiscano, gli affamati si sazino. È raro.
La ragione?
Quando desideriamo torniamo a essere la bambina, il bambino di sei anni cui, davanti la torta di compleanno con le candeline accese, viene chiesto da amici e genitori di esprimere un desiderio: quando desideriamo restiamo per tutta la vita quella bambina, quel bambino lì.
Nel libro lei si chiede spesso le ragioni per cui ha deciso di scrivere questo romanzo. Le ha trovate?
Volevo cambiare il mondo attorno a me.
C’è riuscita?
Credo di sì.
Be’, qui non c’era la piccola Sheila davanti la torta di compleanno.
C’era anche lei, in realtà.
Lei scrive che le donne devono far figli per essere occupate. Cosa spaventa di una donna libera?
L’idea che abbiano del tempo per pensare: quando ci soffermiamo e pensiamo ci ritroviamo a desiderare che le cose cambino. E per alcuni uomini questa è una minaccia.
Vogliono mantenere lo status quo.
Esatto.
Considerando quel che sta succedendo nel mondo - mi riferisco all’aborto e, nello specifico, per fare degli esempi, alla Polonia, gli Stati Uniti e, per certi aspetti, l’Italia stessa. Stiamo tornando indietro?
La Storia non è statica, non rimaniamo mai fermi a lungo: andiamo sempre in direzioni diverse, in avanti per alcune cose e indietro per altre.
Non ha paura, quindi?
Non ho detto questo. Dico che subiamo spinte diverse. Basta tornare indietro, leggere quel che è stato scritto dalle autrici del passato, per vedere come allora già si avesse la sensazione che le cose andassero male per certi versi, bene per altri.
A proposito. Il 17 aprile sarà a Milano, per il Literary Club di Miu Miu. Parlerà di Alba De Céspedes e Sibilla Aleramo - appunto.
Sì e mi sembra calzino perfettamente a questo nostro discorso. Una donna, di Aleramo, è incredibile! Trovo assurdo che non ne avessi sentito parlare prima: il potere della sua voce e l’allegria della sua anima in contrasto con l’infelicità e la miseria delle circostanze sono molto, molto emozionanti.
Altri aspetti per cui è felice degli incontri a Milano: per il Literary Club?
Parlare di letteratura italiana, di libri scritti da donne, con altre donne. Quando vado in un paese straniero chiedo sempre consigli su romanzi scritti da donne, e torno a casa con liste lunghe. Ecco, non vedo l’ora di allungarla, questa lista.
Heti, per concludere: tornando al patriarcato, di cui abbiamo già parlato senza però nominarlo. La prima volta che ne ha fatto esperienza?
In terza elementare il maestro, un uomo, appese i disegni degli alunni più belli alla parete, tra quelli c’era anche un disegno, proprio brutto, di una compagna che era tra le più carine. Ecco pensai: è ovvio che quel disegno sia appeso alla parete solo perché lei è bella, mica perché è il disegno a esser bello.
Mi dà la sua definizione di patriarcato?
Decide l’uomo.
La scrittrice Sheila Heti interverrà il 17 aprile, alle 15:30 presso il Circolo Filologico di Milano, al primo Miu Miu Literary Club, Writing Life. L’evento continua domani, 18 aprile, dedicando così due giornate all’opera di Sibilla Aleramo e Alba De Céspedes. L’evento prevede conversazioni, performance dal vivo e intrattenimento, a sottolineare ancora una volta l'impegno di Miu Miu nei confronti del pensiero contemporaneo. Tra le relatrici: Jhumpa Lahiri, Claudia Durastanti, Viola Di Grado, Selby Wynn Schwartz e Xiaolu Guo.
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