- Un lettore, bisex non dichiarato, teme di non riuscire a convivere con un ragazzo ma vorrebbe trovare una partner con cui condividere un tetto, gioie e dolori della vita.
- Pensa però di non riuscirci non avendo mai avuto legami sentimentali.
- Ogni domenica la posta del cuore. Invia le tue lettere a lettori@editorialedomani.it o iscriviti al gruppo su Telegram (all’indirizzo t.me/parlaconlei).
Cara Giulia,
la lettera di M. (sull’edizione di Domani di domenica 19 giugno) mi ha molto colpito. Per diversi aspetti, mi ci ritrovo. Anche se la mia è una situazione ancor più complessa. Uomo, quasi 40enne, bisex non dichiarato. Non ho mai avuto legami sentimentali, né corti né lunghi. Esperienze sessuali? Tardive e quasi tutte con uomini, rintracciati su App o chat.
Ma sento che non riuscirei ad avere un rapporto standard (“fidanzati in casa”) con un altro ragazzo. Vorrei trovare una partner con cui condividere tante cose: gioie e dolori della vita. Ma anche io (come M.) sento «di non possedere le doti per vivere in coppia».
Da adolescente e da 20enne, non ho fatto le esperienze affettive/sessuali tipiche di quelle fasce d’età e, ora, sento come se dovessi costruire il tetto in una casa in cui mancano le fondamenta. Temo di non saperlo fare.
Poi, se mai dovessi riuscire a trovare la mia ragazza ideale, se la amassi davvero, penso che sarebbe giusto raccontarle dei miei trascorsi, della mia attrazione verso gli uomini. Riuscirebbe ad accettarlo? Tutti questi timori, tutte queste domande: sarà anche questa un’opera di “auto-sabotaggio”?
M.
Caro M.,
a 18 anni appena compiuti mi iscrissi a scuola guida nella mia città. Comprai i libri, andai alla prima lezione, mi annoiai a morte e non tornai mai più. Ghostai la scuola, che ogni tanto mi telefonava per sapere dove fossi finita. Prima o poi ci torno, pensavo dentro di me, mentre tutti i miei amici, foglio rosa dopo foglio rosa, imparavano a guidare e cominciavano a rigare le macchine dei genitori con manovre imperfette ma autorizzate dalla legge. Finito il liceo mi sono trasferita a Milano, dove avere la macchina non serve notoriamente a niente, trattandosi di un posto civile ben servito dai mezzi pubblici, e di patente non si è più parlato. Dopo 12 anni mi sento fuori tempo massimo per imparare a inserire le marce in un parcheggio insieme a mio padre, quindi sono ormai più incline ad aspettare che Elon Musk inventi una macchina che si guida da sola piuttosto che a colmare attivamente questa lacuna.
Mi giustifico sempre sostenendo che sarei una pessima guidatrice – sono una persona emotiva e scoordinata, con la percezione spaziale di un neonato – e che il pianeta non ha bisogno di una macchina in più che sgasa in giro per le strade. Che sarebbe sicuramente vero, non fosse che non sono esattamente Greta Thunberg negli altri aspetti della mia vita. La verità è che sono pigra e ho paura di tutto e non posso sapere come sarei al volante semplicemente perché non ne ho mai tenuto uno in mano. Le statistiche, peraltro, sono contro di me: sembrerebbe proprio che la patente riesca a prenderla quasi chiunque (parleremo un’altra volta della mia ricerca non disinteressata sulla correlazione tra persone spiritose dall’intelligenza superiore e incapacità di guidare).
E a me che cazzo me ne frega? Mi dirai tu. E c’hai ragione, l’ho presa un po’ larga. Il succo è che non sappiamo come gestiremmo un autovettura senza averci mai provato, figurati se possiamo immaginare una cosa tanto misteriosa, ipotetica, variabile e insondabile quanto una relazione che non abbiamo mai avuto. Esistono sicuramente ambiti in cui ci sentiamo più o meno a nostro agio – uno può passare tutta la vita prendendo l’autobus e scroccando passaggi agli amici e sopravvivere serenamente – ma rinunciare all’amore a priori sarebbe un vero peccato. Magari uno lo prova e fa un frontale, magari scopre che sta tanto bene per i fatti suoi e che la solitudine è l’unica vera dimensione a cui ambire, ma intanto non può dire di non averci provato.
Vorrei rassicurarti. Come avevo scritto anche all’altra M. un paio di settimane fa, non ritengo che la predisposizione alla vita di coppia sia qualcosa che è scritto nel Dna umano. Ad amare e a farsi amare si impara, proprio come si impara a passare dalla seconda alla terza e fare i parcheggi a esse. Fra l’altro quasi tutto ciò che si impara durante l’adolescenza e i 20 anni va tendenzialmente disimparato il prima possibile, quindi non sei in ritardo, hai solo perso il corso da 3 crediti in cui capisci al massimo quali buchi usare.
Non so se il tuo sia autosabotaggio, ma quello che intravedo dalla tua lettera è che hai il freno a mano tirato (potrai mai perdonarmi la povertà di questa metafora da cui non riesco a uscire?). Riassumiamo: sei bisessuale, nessun legame profondo nel tuo passato, ma hai avuto rapporti sessuali solo con gli uomini, con le donne neanche quelli. Di un rapporto con le donne poi mi sembri avere una visione un po’ idealizzata (gioie e dolori, dici? Prova piuttosto puzze e noia, perché alla fine è a questo che si riduce la monogamia). Non metto in dubbio che tu possa provare attrazione anche per una donna, ma sei sicuro che alla base di questa attrazione non ci sia il desiderio di “normalità” rappresentato dall’eterosessualità nel mondo?
Non ti conosco e potrei essere completamente fuori strada, potrei essere parcheggiata in un’area di emergenza sulla Salerno-Reggio Calabria mentre credevo di aver imboccato l’A1, ma ho l’impressione che tu abbia ancora qualche blocco (vedi alla voce coming-out) e che prima di preoccuparti dell’accettazione di una futura, ipotetica partner, debba essere certo di volerti bene tu. Per citare Rupaul Charles: if you can’t love yourself, how in the hell you gonna love somebody else?
Tuttavia è il mese del Pride e come in qualsiasi altro mese dell’anno non c’è bisogno di una donna eterossessuale che pontifica sulla queerness altrui. L’unico consiglio che posso darti è, prevedibilmente, sempre lo stesso: bevi molta acqua, non uscire nelle ore più calde e vai dallo psicologo.
Giulia
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