Ve lo confesso, senza vergogna. Ho accettato questo prestigioso incarico - reggere sulle mie esili spalle la “linea” di questo giornale sulle canzoni di Sanremo (che è cosa diversa dalla “linea” su Sanremo) - immaginando uno sprint e non la doppia maratona che si è poi rivelata. Ogni sera è più lungo; oltre le cinque ore, una doppia maratona appunto. Ciò mi indigna, ma seriamente: si sproloquia del fatto che il popolo ha il diritto di distrarsi in questo periodo così difficile e poi per ascoltare - metti - il tuo cantante preferito devi aspettare l’una e trentotto del mattino. Penso davvero che sia contrario al servizio pubblico, anche perché il popolo tiranneggiato non è altro che lo strumento usato, immerso nell’allungamento del brodo, per raggiungere il tanto agognato share.
Ma che vi frega dello share, non c’è nemmeno il pubblico, fate una cosa da tre ore! Rispetto a Sanremo sarebbe un lampo, ma televisivamente è un tempo infinito e portate il meglio dell’intrattenimento e della musica su quel dannato palco.
Bene, sono uscito dal seminato (mi devo occupare delle canzoni).
Non so se e quanto scriverò stasera. Voi seguite comunque, altrimenti mi sento solo.

La cronaca

01: 49 – "Torno a te" di Random

Anche Random, come praticamente quasi tutti i concorrenti ha vinto tonnellate di dischi d’oro, di platino, sonaglini e posate d’argento. Sembra che ormai li dian via come i Dpcm - ops, ora non più, i Dpcm son diventati seri. Fate come se non l’avessi detto. 

Ora, Random fa “urban pop”, così dice. Benone. Dice che il pezzo “narra di un primo amore”. Ha 19 anni, se la gioca con Madame.

Non certo di bell’aspetto, una zeppola gigantesca. Sembra uno scherzo o un chierichetto stonato. Carinissimo davvero.

E poi la cover di “Ragazzo fortunato” (Jovanotti) con The Kolors; Una cagata pazzesca. Imbarazzante. Non hanno un amico. 

01:49 – "Cuore amaro" di **Gaia**

Ha visto troppi video di Rosalia, ahinoi. Ma non è Rosalia. Che triste. Metto mute e alzo a palla Malamente. Lo trovate qui, fatelo anche voi prima che sia tardi:

Il testo poi; vedete che non mi ascoltano? Leggete qua:

Mani radici sole sulla schiena

Parole pioggia che mi disseta

A volte mi sveglio la sera

E strappo pensieri di seta

Foglia nuda per strada

Luna chiara nirvana

Ma cos’è? Aiuto. Per di più apprendo che uscita vincitrice da vari tornei canori televisivi ha poi prodotto, a sfregio de Lo stato Sociale, un singolo di gran successo, intitolato Coco Chanel. Guarda la vita a volte (questa la capite dopo che avrete letto de Lo Stato sociale). Ha detto che il “cuore amaro” è il suo, povera stellina e che questa è la sua prima canzone non d’amore. A capire perchè è amaro uno le darebbe anche una mano, con dei pensieri di polyestere o un abbraccio-ramo-caduto. 

Invece Mi sono innamorato con Lous and the Yakuza... accidenti. Un piccolo sogno finalmente, belli gli occhi negli occhi, belle e piene di grazia, dolci e andremmo a dormire, sogni belli e sogni brutti, che si prendano per mano.

01:43 – "Santa Marinella" di Fulminacci

Fulminacci è un giovane cantautore (categoria dello spirito); è un giovane cantautore romano (categoria dello spirito dello spirito); è un giovane cantautore romano che va a Sanremo (categoria dello spirito dello spirito dello spirito). Questo è quanto come intro; magari si potrà aggiungere che ha suonato al concertone del primo maggio (cantautore romano di sinistra - categoria dello spirito dello spir… vabbè basta, scusate). 

Comunque. 

Questa Santa Marinella parla di una storia d’amore che gli ha raccontato un suo amico due anni fa. Dal testo non si capisce nulla (ma va?) a parte il fatto che Santa Marinella è ambientata nell’omonima località marina vicino Roma. il mio verso preferito è questo:

Al reparto dei superalcolici

Che ci fai? Scaldo l’inverno

Non male. Chitarrina acustica regolamentare, strimpella melanconico e malinconico e alla fine per andar sul sicuro fa De Gregori. E non lo fa malissimo. Se andasse un filo più lento, un tono più basso… vabbè ci siamo capiti. 

Inoltre se l’è cavata bene cantando Jova; non facile fare i pezzi di Jova, ma hey il ragazzo ci ha messo dell’energia, e il tacet era figo così come l’attacco da batterista. E la tromba di Paci ci stava di brutto. L’intervento di Lundini poi abbastanza geniale: la nota a piè pagina nerd-assurdista al testo di Lorenzo faceva molto ridere. Un po’ meno la chiusa su pandemia, ma so’ ragazzi, va bene così.

01:41 -"E invece sì" di Bugo

Cristian meglio non crescere se devi fare canzoni così.

Ma che dispiacere. Un altro testo che leggi e rileggi e non vuol dire niente. Ora: assodato che l’era delle canzoni-storie pare tramontata in favore delle canzoni-montaggio, c’è un limite a tutto; qualcosa, devono comunque provare a significare. Un secondo limite è anagrafico, direi. Bugo ha un'età; un minimo di senso, non di lirismo, dio no, proprio di senso. Sembrano temini di quinta elementare, ma allora era meglio cuore-sole-amore, no? Sempre un temino (forse di terza elementare) ma almeno si capiva. Le ambizioni sbagliate, specialmente a Sanremo, divengono così ambizioni forzose o coatte, indotte dallo scrutinio del paese tutto, intellettuali da twitter compresi. E allora daje con le frasi inconcludenti, le immagini evocative, il montaggio analogico! 

Ma questo è niente.

La birra in saldo, canzoni in saldo. Ahimè davvero brutta, che bella parola “brutta”. Così precisa. Una brutta canzone, cantata malissimo. Non sarebbe passata in nessun talent, ma nemmeno ai precasting con gli autori. 

01:38 – "Un milione di cose da dirti" di Ermal Meta

Riassunto del pezzo:

Ed ho un milione di cose da dirti

Ma non dico niente

Che poi è la ricetta per il successo sanremese, quasi sempre. 

Pensate a quanti decenni sanremesi potrebbe appartenere questo pezzo. Intro di piano malinconico, sofferenza, urlo liberatorio; il tridente vincente, ab urbe condita. 

01:31 – "Arnica" di Gio Evan

LaPresse GRM FOTO/RASERO GUBERTI

Gio Evan ha una biografia che nemmeno Di Battista: viaggi, sciamani, iniziazioni, teatro, poesie, molti libri. Ma al contrario di Di Battista scrive un testo comprensibile, big news per questo Sanremo. Nostalgia canaglia sarebbe stato il titolo perfetto, invece ci da dentro con l’omeopatia (l’Arnica, che, dice, è la canzone che ha usato come pomata per alleviare il dolore creato dagli “urti con il mondo”) e trova addirittura qualche immagine azzeccata, per fortuna un po’ meno salutista:

Che poi ritorna a pezzi curarsi con i cocktail 

e fare mezzanotte e non risolvere mai niente

Cerco un amico per un buon tramonto insieme

Lirismo da vita quotidiana, piccole cose di gusto discreto o meglio medio. È un malinconico, codesto Gio Evan, con gli archi e i bermuda. 

Ah, quanti se ne incontrano. 

E quanti se ne dimenticano. 

Ecco poi la cover de Gli anni… Bella l’idea dei vecchietti canori per carità. Quasi come quella del coro dell’’Armata Rossa con Toto Cutugno, che in confronto sembravano i Daft Punk. In generale poi i pezzi di Max Pezzali (ok, è un amico) non si cantano; si enunciano, da teoremi quali sono. E i cori sono autorizzati solo ai concerti.

01:07 – “Quando trovo te” di Francesco Renga

Ero proprio curioso di sentire di nuovo il pezzo di zzzzzz.

01:00 – “Momento perfetto” di Ghemon

Allora Ghemon mi ha fatto molto ridere con la sua campagna per il televoto su Twitter, una specie di Ecce Bombo reloaded coi riccioloni e le magliette anni ‘70. Telefonava tipo alla zia d’Australia e al compagno di calcetto per raccattare voti. Si sdrammatizza eh, l’importante è partecipare, mai prendersi sul serio, anche se il pezzo ha una specie di urlo autoaffermativo, piuttosto composto per la verità. Infatti la canzone ha una sua eleganza, che non ci azzecca tanto col testo; una cosa da crooner loser, con i tavoli ormai deserti e i bicchieri da cocktail vuoti e rovesciati. Insomma, fa famiglia, ecco. Ci sta. E i fiati, classy.

Il duetto con i Neri per caso, invece... Vedete, l’arte del superfluo è molto più complessa di quella del necessario. Il superfluo è per definizione un arco infinito di possibilità. Tu, in quest’arco infinito di possibilità, composto da infiniti punti, sceglieresti quello con su scritto “medley dedicato alle donne con i neri per caso”? questo che non mi spiego. 

00:45 – "Bianca luce nera" di Extraliscio e Davide Toffolo

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Folk, l’ha detto anche la conduttrice! La canzonetta migliore sentita fino a qui, perfetta, semplice e divertente. E adattabile a 103 diversi generi. Bravi. Arriveranno ultimi o vinceranno. Toffolo dei tre allegri poi, vabbè, ottimo.

Penso che la migliore introduzione a questo gruppo peculiare sia il loro manifesto; eccone un estratto:

«EXTRALISCIO si può raccontare anche solo così: è Punk da Balera!

È il modo che abbiamo scelto per portare avanti la tradizione della nostra musica folcloristica rispettandone le regole e allo stesso tempo distruggendole con sonorità lontane dal Liscio di oggi, ma vicine al liscio delle origini con l’aggiunta del nostro Punk, dalle scarpe di vernice lucida e i capelli tinti.

EXTRALISCIO è il miracolo del Liscio quando tocca orizzonti inaspettati. Tradizione e futurismo, balera e nobiltà, energia e speranza».

Un certo hype li circonda da un po’, benedetti anche da Elisabetta Sgarbi, che usualmente si occupa di grandi intellettuali e grandi artisti. O lo sono anche loro o la Sgarbi ha ampliato i suoi interessi. Tocca vedere il film, forse lì si capisce perchè dicono di essere punk - anche se la collaborazione di Toffolo è un indizio positivo. Ultima cosa; dicono che di trovarsi in “uno stato d’animo minimo”. LOL.

00:44 – "La genesi del tuo colore" di Irama

Quel vago ossessivo ottimismo del tormentone - anche se il titolo non è esattamente da tormentone, va detto. Il testo si ripete (Tormentone!) sul tema della liberazione, sfrenata, sfrenatina, in fondo troppo casta. Sarà colpa dei trapper che sono così noiosamente pornografici da farci percepire tutto il resto come sempre molto prudente. Comunque questo Irama è grosso, un suo pezzo è stato il più ascoltato su spotify nel 2020 e io, di conseguenza, non so nemmeno chi sia. Vado a vedere: una tamarrata latin e twerking e giallo deserto. Se è piaciuta a così tanta gente, un motivo ci sarà. Non chiedetelo a me.

Pure a Sanremo si conferma meravigliosamente tamarro, sarà che mi fa simpatia perché bloccato in albergo in quarantena, pensa te che sfiga e pure sti tacet elettrificati da disco di provincia e i falsetti mi interessano soprattutto se mixati con la chitarrina spagnoleggiante che ogni tanto entra. Grandissima tamarrata, molto bene.

00:26 – “Chiamami per nome” di Francesca Michielin e Fedez

Chi scrive ha una passione forsennata per la royal couple italiana ma non ha mai, ma proprio mai, ascoltato una canzone di Fedez. Quindi sono molto curioso. Il testo è ok, non si capisce niente come negli altri, una sequenza di immagini montate a caso e ambizioni un po’ sghembe di lirismo metropolitano tipo 

Come sassi contro le vetrine

Le mie scuse erano mille, mille

E nel cuore sento, spille spille

Sassi contro le vetrine, yes, rivoluzione, e invece no, arriva il momento di “scambiare l’oro col pane” che chissà che vuol dire, poverismo francescano vien da pensare. Comunque il pezzo entra di diritto nella categoria “canzoni cut-up” che poi sarà vero che si scrive così perchè si usa lo smartophono e tutto diventa una traduzione a parole di un emoticon? Fedez aveva detto che per prepararsi al palco di Sanremo farà meditazione trascendentale (ella madonna) e tante volte la pipì (già più praticabile come approccio). Il pezzo è in effetti orecchiabile - ehi ho scritto orecchiabile. Ha il ritornello che rimane più in mente fino a qui (forse se la gioca con Colapesce e socio). Boh, devo riascoltarla, ma non male, abbastanza pro, direi. Scendo a pisciare il cane, anche se non deve cantare a Sanremo. Torno presto. 

Ma devo riparlare del loro medley. Divertente, stiloso, bello. Cantano bene entrambi, anche Fedez; gli arrangiamenti son belli, stramb e sensati, una volta tanto originali davvero. Silvestri swing ottima idea, Felicità technorobotica è perfetta per questi tempi. I fiori lasciati a Fedez, stile anche lì. Amato molto, bello.

00:13 – "Combat Pop" di Lo Stato Sociale

Lo Stato Sociale. Ovvero del perché il cazzeggio intelligente è l’ultima speranza (Madame a parte). Lo Stato Sociale fa lo Stato sociale; pezzo classico e tosto direi. Ma sì, Lo Stato sociale va bene, compresi i trucchi di finta magia (Lodo mi ha detto che è andato in giro per l’Italia a conoscere maghi e che si sarebbe occupato della messa in scena). Passano Bowie, Elvis, Lennon & Ono, il papa (quale, direte voi, boh, Un papa). Insomma il tradizionale mix di paraculaggine e rassegnata (non) rivoluzione.  Laicamente critici, direi:

Ma... ma che senso ha?

Volere sempre troppo,

Pagare tutto il doppio

E godere la metà?

A canzoni non si fanno rivoluzioni

Ma nemmeno un venerdì di protesta,

La moda passa, lo stile resta

Fidati, l’ha detto una stilista.

Questo verso però è interessante; al posto di stilista avrebbe dovuto esserci “nazista” in riferimento a Coco Chanel (nota collaborazionista e in via di nuova santificazione). 

Poi glielo hanno fatto togliere, dicunt. Peccato. 

Che poi vedete i cazzoni paraculi non hanno paura della retorica e sono loro finalmente a dire qualcosa su sta cazzo di vita che stiamo facendo, sull’assurdità di queste ore, di questi minuti, di questi divani con le forme dei nostri culi, che non sono mai stati così pesanti e sulla cultura che si difende da sola, non ha bisogno di paladini e forse nemmeno di ministri.  #nonèpersempre

23:55 – “Parlami” di Fasma

Mamma mia come strugge, questo giovanotto in gessato da gangster di Chicago:

Anche un granello di sabbia che si è perso nel mare può tornare roccia come puoi farlo te

Un’altra bella canzone d’amore, col crescendo, lo strazio, il tacet, il passaggio mezzo rappato con la voce distorta, un’altra, ma sì, datecene ancora, kilocalorie di views, disturbi intestinali, mancanza di stimoli, peristalsi bloccata, in definitiva un bad trip che dura da troppi anni. 

Però potrebbe fare la comparsa in peaky Blinders - non è Chicago ma pure Birmingham ha il suo perchè.

23:41 – "Fiamme negli occhi" di Coma_Cose

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Chitarre acustiche per una canzonetta da spiaggia (è un complimento), festa senza consumazione obbligatoria, tramonto gratuito, ombrelloni che si chiudono.

Daje, una canzone d’amore, passione bruciante, sentimenti forti e musichetta leggera.

Infiammiamoci tutti. Amore e morte: l’immagine del “tostapane che cade in una vasca piena di risentimento” è piuttosto, ecco, ma come gli è venuta in mente? E soprattutto il risentimento conduce elettricità o no? Cioè, si muore col tostapane dentro il risentimento? Non ho risposte, so che mi arrovellerò a lungo. Comunque è una canzone verità: parla del loro rapporto d’amore. Così, davanti a tutti, ci fanno vedere i loro tostapane nascosti. Ci vuole coraggio, questo va riconosciuto. 

23:20 – "Potevi fare di più" di Arisa

La canzone d’amore disperata, leopardiana, schopenhaueriana addirittura, è un must di Sanremo un po’ come il maglione color salmone al collo del play-boy in Costa Smeralda. Lo metti ma non lo indossi. Arisa è in balia dell’amor non corrisposto - la condizione umana, in poche parole. E va benone, c’è da empatizzare, vien facile. 

A che serve cercare se non vuoi più trovare

A che serve volare se puoi solo cadere

A che serve dormire se non hai da sognare

Nella notte il silenzio fa troppo rumore

Qui però si va oltre, siamo nei pressi della depressione (quella parolaccia che non si può dire, ma che riguarda tutti - però forse no, dai, esagero). E’ l’iperbole come codice basic del pop drammatico italiano che mi sta sulle palle, o meglio mi sta sulle palle quando non ci prende, mica come Perdere l’amore, che ci prende. (sì, sono ossessionato, e allora?).

C’è tuttavia un verso che come paralogia totale, da mal di testa, rivaleggia con il fantastico “Non fermarti proprio adesso perchè dopo non si può” di Tiziano Ferro. E’ questo:

A che serve morire se ogni giorno mi uccidi

Non è meraviglioso? Non vuol dire niente. Wittgenstein ne andrebbe pazzo. O forse ucciderebbe chi l’ha scritto. 

Comunque sono sopraffatto anche qui dalla tenerezza; nella sua presentazione Arisa esordisce dicendo “il titolo della mia canzone si chiama “Potevi fare di più”. Ma perchè nessuno gli ha detto di rifarla? Perchè sono sadici e ignoranti, ecco perchè. Ma noi siamo con Arisa, finisce sempre così, stai dalla loro parte, per forza. Sono l’elemento umano, le vittime degli anchor e del PAESE REALE. Dice che è una canzone che è anche di “grande gioia” (ma dove? Ecco, vedete: il dramma non si riesce mai a viverlo fino in fondo; E’ una canzone supertriste, dillo!, Dilloooooo!) e che è ha un suono classico, cioè anni ‘90. Il classico sono gli anni ‘90! Precisa poi che è tipo Whitney Houston. Lei è “un animale da palco”, così dice. Sentiamo. Provando a non immedesimarci troppo in quel “Potevi fare di più”, perchè non è vero. Abbiamo tutti fatto  quel che potevamo.

Molto Liza Minelli e pure un po’ Cindy Lauper. Eh, roba seria.  Il pezzo l’ha scritto GG DLSS (non riesco a scriverlo, scusate, ma avete capito). Non so che dire non mi tocca; prevedibile, lei canta bene, certo epperò dai anche basta con sta cosa che basta cantare bene. Bisogna cantare qualcosa, bene. Peccato, meritava una canzone migliore (o almeno una in cui non dice che quando torna a casa fa festa solo il suo cane - il patetismo ha dato, come genere). E soprattutto mi pare di ricordare fosse buffa, funny, in un modo bello. Si rimpiange un po’ la mezza matteria di Arisa, sempre più normalizzata. Ma di cosa parliamo del resto, è Sanremo, ‘a livella.

23:15 – “Voce” di Madame

LaPresse GRM FOTO/RASERO GUBERTI

È tutto così off da essere irresistibile. Confermo e rilancio. La mia favorita per la vittoria finale. Off.

Madame ha diciotto anni, creatura. Ovviamente avendo diciotto anni è simpaticissima e immediatamente la più figa di tutti. Nella sua autopresentazione video è ovviamente la più cool. Era in pigiama, in pratica. Il testo della canzone è tutto rivolto a una “lei”, ed è amore. Che bellezza. Che sia dedicata a se stessa o a un’innamorata importa poco. Da qualche parte leggo che la “lei” è niente meno che la libertà - un po’ sono deluso. Verso preferito, soprattutto se dedicato alla libertà è questo:

Ho messo un altro rossetto sopra il labbro superiore

Ha i piedini nudi ed è strana e diversa e bella. L’arrangiamento del pezzo è un po’ seduto, si poteva fare di meglio, andare dietro alle sue asimmetrie, però dai, un’altra storia rispetto a quasi tutti gli altri. Me gusta, al punto che domani la riascolto, per davvero, giuro.

Penso a uno scontro Madame vs Achille Lauro, dopo averla vista nel pezzo di Celentano. È più interessante lei da ferma che lui a mille all’ora. È più ambigua lei con gli occhiali e un completo grigio che lui coperto d’oro. E finalmente un po’ di gioia e groove.

23:10 – "Amare" di La Rappresentante di Lista

Ci provo forte ma niente, questo pezzo è troppo sanremese.

Voglio dire, a me la Rappresentante di Lista piacciono, anche perchè hanno un nome singolare ma sono in due e così posso scrivere frasi come quella di prima. E mi piacciono per questo pezzo, appena uscito, si chiama Alieno  andate a vedervelo/ascoltarvelo/ballarvelo:

Se avessero portato questo pezzo a Sanremo, sarebbe stato un quasi-wow, anche perchè i suoni son belli, funzionano e il ritornello rimane. Tenerissimi nella autopresentazione (la tenerezza è LA cosa di questi tempi); sembrano due interrogati di quarta liceo che hanno studiato ma sono ansiosi e le parole gli escono a gocce. 

Glitter, pink and glam (misurato). Benone. 

Ma no la canzone no, urla! 

Ma perché deve urlare, il pianoforte, il dramma, le vocali allungate, no.

Peccato. 

La lista elettronica rimane senza rappresentante, finora.

Meglio il pezzo con Rettore. Splendidi, splendenti. Ah, la chitarrina french touch me gusta. Lei canta molto, ma molto bene e i completini rosa ben s’accordano all’arrangiamento. Forse si poteva farla diventare ancora più dance, sarebbe stato divertente assai, invece pian piano si normalizza e diventa un po’ banale quando arriva Rettore. Comunque bello, anche da vedere.

22:48 – Ti piaci così" di Malika Ayane
Malika Ayane ha una collezione di statuette sanremesi di quelle chic: Premi della critica, Premi della sala stampa etc. Malika dice che il pezzo «descrive la sensazione che si prova quando ci si ritrova e si sente un gran bisogno di esprimersi; vivere e non esistere», così dice. Wow, mi piace! Scorro il testo e mi scappa un po’ via, ma i testi senza le canzoni, beh, mica siamo a fare ermeneutica qui. Come non facciamo ermeneutica? Sono stato assunto per questo! Vabbè. Il pezzo: bel canto, ma io purtroppo manco dei cromosomi utili ad apprezzarlo per sé. Non è spocchia ma necessità. Quindi rimango un po’ freddino. Ma riconosco che se deve essere classico, allora Malika uber alles. «Descrive la sensazione che si prova quando ci si ritrova e si sente un gran bisogno di esprimersi; vivere e non esistere» così dice. Wow. scorro il testo e mi scappa un po’ via, ma i testi senza le canzoni, beh, mica siamo a fare ermeneutica qui. Come non facciamo ermeneutica? Sono stato assunto per questo! Vabbè. Il pezzo: bel canto, ma io purtroppo manco dei cromosomi utili ad apprezzarlo per sé. Non è spocchia ma necessità. Quindi rimango un po’ freddino. Ma riconosco che se deve essere classico, allora Malika uber alles.

22:45 -"Mai dire mai (La locura)" di Willie Peyote

Si legge in giro che questa è l’unica canzone davvero politica del festival. Ma nemmeno per sogno: se la prende con tutto; è il contrario della politica. Direi che è il testo più populista (o qualunquista) del festival. La politica, i rapper, TikTok, il coatto, l’intellettuale: fanno tutti schifo. E vabbè, bastava prendere un taxi, mica ci voleva una canzone di Sanremo. Il testo-denuncia contro ogni cosa. Manca se la prenda con la pioggia e poi è fatta. Ha detto che le sonorità del suo pezzo sono «diverse da quelle che siamo abituati a sentire a Sanremo»). Non è vero. Non mi pare almeno.

Ma.

Non è male la base (così mi piaceva usare questa parola) e mi piace l’idea di uno che rappa ma sembra un prof di Storia a un matrimonio. Il pezzo, in confronto a quasi tutti gli altri, è buono. Inoltre mi solleva vedere un rappettaro che tenta un approccio che almeno contempli l’eleganza. Così, per rompere il cazzo.

E anche il pezzo con Bersani mi è sembrato riuscito; bene Willie! Far sembrare facile una cosa che non lo è. Avere un’identità facendo la cosa meno originale: cantare con l’autore del pezzo omaggiato, in duetto, senza arrangiamenti strani, diventando lui ospite dell’invitato. Tutto elegante, il pezzo è quello che è, ovvero un bel pezzo, non è un capolavoro come dicono in troppi, ma è una canzone ben fatta, con le cose al suo posto e un testo che qualcosa pur dice. Roba che in questi due giorni non s’è vista spesso. 

22:38 – “Il farmacista” di Max Gazzè

Update: stasera Max Gazzè è Dali. Ieri era Leonardo. Domani come minimo è Draghi.

LaPresse

Gazzè: affidabile e divertente. Apre con il “si può fare” di Frankenstein junior e per me ha già vinto. L’alchimista buffo, la corte di paese, la fiera con la donna barbuta, imbonitore e sciamanico. Racconta, la musichetta ingaggia, come si dice. 

Ah, che divertente l’elenco dei rimedi per la fidanzata malmostosa - non del tutto naturali, va detto, la trifluoperazina si usa per la schizofrenia. Però halleluja un testo che funziona, ricamato, sì, ma diretto e semplice, mai gratuito. Gazzè dice delle cose, buffe e romantiche, che son due cose che non dovrebbe mai mancare, mai, e poi mai. Siamo tutti farmacisti, ha ragione lui, viene in mente Gozzano, così a tradimento; autoironia tragica (a un certo punto lui, il protagonista, ha una camicia di forza), dissacrante e liberatorio pezzo di musica leggera, ben fatto, un rockettino up-tempo.

22:30 – "Musica leggerissima" di Colapesce e Dimartino

Finalmente ho capito, arriverò ultimo, ma è Alan Sorrenti questo pezzo! Inoltre è il primo pezzo che ascoltato la seconda volta migliora di molto, si attacca, bene, bene, bene. Mi diverte, ecco che scrivo a tempo, batto il piede - questo è quel che serve a una canzonetta, nient’altro.   

E ora un po’ di analisi testuale, straordinario manifestazione di impotenza, italianissima nel suo dire e non fare: 

Metti un po’ di musica leggera

Perché ho voglia di niente

Anzi leggerissima

Parole senza mistero

Allegre ma non troppo

Metti un po’ di musica leggera

Nel silenzio assordante

Per non cadere dentro al buco nero

Che sta ad un passo da noi, da noi

Più o meno

Dunque anziché scrivere una canzone leggerissima, hanno scritto una canzone che invoca canzoni leggerissime ma parla solo di drammi apocalittici e quotidiani. Boh. Non ci arrivo. Mi rivolgo dunque alla mia fonte diretta preferita, l’autopresentazione. Ecco, ora capisco. Colapesce dice che è una canzone “pop esistenzialista”. Come direbbe Lodo Guenzi, ciao mamma scusa se non mi diverto. E ora ascoltiamo, col girocollo nero addosso. 

22:17 – "Quando ti sei innamorato" di Orietta Berti

GRM FOTO/RASERO GUBERTI

Allora, figuriamoci se mi metto a commentare la signora Berti. La signora Berti canta una bellissima canzone d’amore. La signora Berti è vestita benissimo, come nessun’altra e anche quanto ad acconciatura non ha rivali. Il trucco della signora Berti è perfettamente adeguato alla circostanza. La signora Berti ci fa sognare. La signora Berti è l’unico personaggio positivo di un romanzo immaginario di Silvio D’Arzo. La signora Berti è il futuro. La signora Berti ha un bel portamento e la risata semplice. La signora Berti è mia nonna, mia mamma, mia zia. La signora Berti ha degli orecchini che le arrivano alle clavicole. La signora Berti è bellissima e sessualmente attiva. La signora Berti crede nell’amore anche se ha un amante pericoloso. La signora berti non ha mai paura. La signora Berti è una paladina del diritto a divertirsi per la terza, quarta e quinta età. Pare che una volta la signora Berti abbia invitato a ballare lo scienziato Locatelli. La signora Berti è la signora Berti e non si commenta, la Signora Berti. La signora berti è la vincitrice morale, comunque vada. La signora Berti, anche se non lo sai, ti rappresenta perfettamente.

Canzone bellissima, esecuzione perfetta.

22:04 – “Glicine” di Noemi

Una domanda: ma che senso ha fargli cantare per tre volte la canzone, con unica differenza il cambio d’abito da una sera all’altra? Non è una gran rottura di coglioni? Ah già, lo è perché le canzoni sono brutte, giusto. 

Comunque, Noemi: la canzone d’ammore, impossibile, combattuto, mai consumato (sempre solo brividi, fiamme e altre metafore morte). Classicazzo sanremese che ci sta sempre, altrimenti saremmo delusi. Anche perché apprendo che Noemi ha già fatto sei Sanremo. Ma almeno di questo si capisce il testo… È molto contenta del modo in cui ha lavorato al pezzo e «spera che ci piaccia». Annuncia scoperte musicali «sorprendenti, grazie a un mix tra analogico e digitale». Ora a parte che di analogico non c’è manco più il tamburo, sentiamo va, magari lo sentiamo sto analogico. 

Non si sente l’analogico (?!), si sente un filo di monotonia e poi c’è il crescendo, lento, lento, lento, lento, lento ma inesorabile. Inizio ad annoiarmi forte forte forte forte ma inesorabilmente.

21:56 –  “Zitti e buoni” dei Maneskin

GRM FOTO/RASERO GUBERTI

I Maneskin sono quelli che si sparano le pose da rockstars, però gliele ha insegnate Manuel Agnelli e quindi prima o poi gli riusciranno bene. Ci sono le chitarre, è una rockband, è il momento rockband a Sanremo, sempre amato molto quelli che vanno a fare l’eccezione che conferma la regola. Anche se poveracci gli autori li hanno descritti come “il rock per le nuovissime generazioni”. Praticamente un epitaffio. Epperò, scusate ma se parte una chitarra distorta a Sanremo io ancora esulto dentro.Quanto avrei voglia di vederli in jeans e maglietta nera, ne guadagnerebbero. Tenerissimo il coro “siamo fuori di testa”, altro che nuovissime generazioni, è roba da Jerry Lee Lewis. Lui però sta dietro al pezzo, se la cantano e se la suonano più che dignitosamente. Poi c’è una figura dello spirito: la bassista. La loro assoluta mancanza di originalità mi da un sollievo senza pari. Fanno una cosa già fatta, che sembra facile, ma alla fine, vi assicuro, non lo è. Bravi dai, anche se vorrei dirgli che NON È OBBLIGATORIO USARE L’ORCHESTRA.

La cover dei CCCP poi gli è riuscita bene; con Manuel Agnelli (ok, è un amico), alternative hero di una generazione, cantano un pezzo dell’alternative hero di quella di poco precedente (Lindo). Pezzo che è uno dei più belli della storia della musica italiana. Posso solo dire una cosa: i Maneskin sono ragazzi fortunati.

21:45 – "Ora" di Aiello

Mimica insopportabile, pezzo orrendissimo, al limite del codice penale. Urla e strepita il niente. Boh.  

Formidabile l'incipit del suo video di presentazione sul sito di Sanremo: «Ciao, sono Antonio Aniello, in arte Aiello». Nemmeno Totò e Peppino. Di quello che canta, non si capisce niente. E non solo per la pronuncia. Il testo: chi gli ricordava di chi, lui, lei, la casa? Boh? “Sesso e Ibuprofene” poi è il classico verso che sembra intelligente e autoironico e invece è solo un flebile tentativo di mimica indie - ecco che accosto la mia debolezza (non solo ibuprofene, è una debolezza ripetuta: a letto era un drago epperò era terrorizzato, vabbè) al SESSO. Figo diciamo la parola sesso a Sanremo! Sesso sesso sesso. Sembra un cut-up venuto male, malattia della ricerca dell’originalità, quando poi come dice lui stesso la canzone parla di quando dopo una relazione finita male affrontiamo quella seguente in un modo che ci “fa sembrare stronzi, ma non lo siamo”. Beh, poteva cantarlo piuttosto che dirlo nella nota a piè pagina. Che è Leopardi? Naaaa. Meglio scrivere ti amo e tu non mi ami più (o viceversa, mi sono perso, ma è solo un esempio) piuttosto che girare intorno malamente cercando di essere originali. Ah, originali a Sanremo. help! E poi questa faccia incolpevole, anzi, innocente, che è peggio, e al tempo stesso finto cazzuta, doppio orecchino e barba rifilata. Naaaa. Non gliela fa a essere popstar. Ci prova e forse per Sanremo è abbastanza. 

Nello stesso video di cui sopra dice di amare la “contaminazione”; ora  a parte che non mi sembra proprio la parola da usare oggi, ma a prescindere dal contesto, davvero, solo a Sanremo si usa ancora questo lessico - aggiunge pure che gli piacciono i suoni “urban” e “streeet” e in generale “il pop contemporaneo”. Ok, comincia a farmi tenerezza. Poi ecco il momento pandemia: lui dice che sarà un “Sanremo di rinascita un po’ per tutti”. Certo, sì. Non grazie a te frate.

21:35 – “Dieci” di Annalisa

Una monotona discesa vocalica, questa canzone, con le solita urla a rompere l’anima. Il testo è praticamente un estratto da un gruppo whatsapp di soggetti under influence, oppure dei tweet di quelli enigmatici fatti da account con nomi maledetti e foto di labbra rosse. Quindi mi piace. Non si capisce niente e non ci si emoziona, ma almeno è contemporaneo, per diana! E questo mi emoziona. Nella sua autopresentazione sul sito di Sanremo, dice che è una storia di un’amore che non vuole finire. Poi ripete sei o sette volte “appunto” e “condividere”. Sembrano un po’ gli accorati appelli dei concorrenti di XFactor. Poi diventa un calciatore quando parla di grinta e di “voglia di dimostrare” cose. Sanremo è un mix di mille gerghi diversi, un esperanto di frasi fatte che nemmeno Miss Italia quando intervistano le gnocche oche. Annalisa dice pure che è il suono è quella di una ballad moderna, in equilibrio tra elettronica “mitigata” con il mix con strumenti veri. Mitigata mi piace. Tuttavia, canzone non pervenuta. Però a un certo punto dice “baci francesi delivery” che dev’essere il nuovo modo per dire booty call.

21:29 – Gaudiano si aggiudica la categoria nuove proposte

21:13 – “Lezioni di volo” Wrongonyou

A un certo punto su una vocale allungata tocca sei note diverse, per almeno 10 secondi di strazio. Testo e musica orrendi, tutti e quattro. Forse su questa desueta sezione del Festival si potrebbe anche riflettere. Io vedrei meglio altre minoranze rappresentate. Anche per parità. Perchè sempre i nuovi? L’anno prossimo per esempio proporrei “proposte musicali da cantanti con i capelli ricci”.

21:10 – “Polvere da sparo” Gaudiano

Poi ci si potrebbe anche chiedere a quale industria, a quale mercato si rivolgano questi prodotti - questo e i due precedenti. Mi sembrano così uguali tra loro anche se non lo sono. Ma lo sembrano, che è peggio; quel che sembra dopo 30” nel pop equivale a ciò che è. E che è? Nulla di nulla. 

21:05 –  “Scopriti” Folcast

Bah. Sviolinate, testo pessimo, canzone mediocre e monotona. Davvero una povertà musicale estrema, senza vita, non dico autenticità, ma almeno un po’ di vita, per la grazia d’iddio. Forse non si dovrebbe più chiamarle nuove proposte, ma vecchi esordienti.

21 – “Regina” Davide Shorty

Arrivato alla sua tredicesima partecipazione al festival, ormai il suo sound è maturo, la sua voce solida e accogliente. Un veterano sempre capace di sorprendere - pensate per esempio a quel breve passaggio non cantato (si chiama “rap”, è una cosa di strada degli americani di colore). Il solito grande Shorty, quello che conosciamo da tempo, ma che non ci stanchiamo mai di ascoltare perché sempre capace di stupire. E non è facile dopo tanti anni e tanto successo “mettersi in gioco” in modo così coraggioso.

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