Les mains de Dieu sur Marseille. Diego, c’est une émotion! Tutti abbiamo ancora negli occhi il titolo de L’Équipe che annunciava il passaggio di Maradona all’Olympique Marsiglia. Tutti ricordiamo il sorriso da bambino di Bernard Tapie che fece finalmente suo e portò nella sua stanza il più ambito dei giocattoli, e tutti ricordiamo la brutta cravatta celeste di Michel Hidalgo, come l’evidente commozione di Raymond Goethals.

Sembrava una scena di Martin Scorsese, quella dove i dirigenti dell’OM aspettavano Maradona sotto la scaletta dell’aeroplano per portarlo al Vélodrome, e dietro di loro c’era tutta Marsiglia. E tutti ricordiamo le proteste dei tifosi del Napoli, gli incidenti, i pianti e l’odio che non si è ancora estinto. Luigi Necco ironizzò: «Marsiglia ruba Maradona, Napoli ha le mani legate».

Quello che ricorda solo Corrado Ferlaino sono i suoi anni di incubi, con le bombe e le aggressioni e le minacce, per aver ceduto il più grande calciatore della storia. Non fu facile per nessuno. Per Marsiglia accoglierlo, per Napoli vederlo andare via, per Tapie scoprire le difficoltà e per Ferlaino oscillare tra il senso di colpa e la liberazione; e per Maradona lasciare Napoli: il suo annuncio fu fatto con una intervista a Gianni Minà, quando ormai era già tutto deciso e nessuno poteva impedire la sua partenza, con il calciatore argentino in vacanza dopo i Mondiali di Italia ‘90.

Gianni Brera scrisse che la finale perduta in quel modo con la Germania – un rigore inventato – pesò tantissimo sulla scelta e chiuse con una metafora: «Come una pannocchia in una pozzanghera. La pannocchia si strugge miseramente, ma intorno a lei vivono infiniti esseri che del suo disfacimento si giovano».

Ma Diego voleva lasciare già l’anno prima, dopo la vittoria della Coppa Uefa e il conseguente scudetto apparso come l’ultimo dei miracoli, per un calciatore sfinito dall’amore. «I napoletani me amano come mia mamma, solo che a lei non posso chiedere di smettere, a loro sì».

Ma i napoletani non smisero, e quando l’OM a Monaco di Baviera, nel maggio del 1993, batté il Milan di Capello nella prima edizione della Champions League festeggiarono quella vittoria come se fosse la loro. Tapie disse che quella era «la plus belle soirée de ma vie». E Diego commentò: «Per ora». Promettendo altri titoli che non arrivarono.

Lui e Tapie

I due, dopo quella sera, non si parlarono per anni, complice la festa per la Coppa e lo scontro per la cocaina, per poi reincontrarsi nel 2018 e recitare nel film di Claude Lelouch di fianco al protagonista Éric Cantona: La Vertu des impondérables (Grand prix du Festival de Cannes).

Ma gli anni di Diego in Francia meritano di essere rivissuti, a cominciare da quello che raccontò Jean-Louis Levreau, il vice presidente dell’OM. Il primo incontro, vero, tra Tapie e Maradona avvenne in una fattoria in Patagonia, lontano da tutti, scelta da Hidalgo e Signorini, il clamore delle trattative napoletane fallite l’anno prima per troppa leggerezza richiedeva misure accurate.

Diego, che aveva incrociato il presidente durante un’amichevole dell’Argentina a Parigi, voleva conoscere meglio l’uomo, e Tapie, che si faceva mandare le videocassette delle sue partite che poi vedeva come film di Charlie Chaplin, così disse a Le Monde, voleva conoscere meglio il calciatore. Il resto lo fece Michel Basilevitch, al quale Maradona aveva detto: «Je veux rencontrer Bernardo Tapie! C’est un fou! Comme moi!»

Levreau raccontò poi dello champagne portato da Tapie (Veuve Clicquot, una bottiglia del 1861 naufragata con la nave che la trasportava e poi ritrovata e comprata all’asta da Bernard) e di Maradona e della mela (Manzaneros) con la quale palleggiò – scalzo – per Tapie, non essendoci palloni in quel posto sperduto della Patagonia; e che poi Tapie mise sotto vuoto esponendola con la vecchia Coppa Campioni.

A chi domandava, rispondeva: «Quella mela è come il clavicembalo di Mozart o la feluca di Napoleone, è stata toccata dall’assoluto». Ma dopo anni che glielo chiediamo, Levreau ci ha detto come fece Tapie a convincere Ferlaino: «Simple, il s'est fait appeler par le président François Mitterrand». Gli telefonò Mitterrand. E il presidente del Napoli accettò. E che cosa gli diede? «Je ne sais pas. Bernard ne me l'a jamais dit. Il faut demander à Ferlaino».

L’abbiamo fatto, e il presidente ci ha raccontato che in principio aveva risposto a Tapie: «Maradona restera à Naples aussi longtemps qu'il vivra à Naples. Et ça s'est terminé comme ça», ma poi, davanti alla telefonata del presidente della Repubblica francese Mitterrand, e alla sua offerta, capitolò. Oltre ai soldi di Tapie, il presidente del Napoli ha avuto un buono della Repubblica francese per vivere cento anni, la verità su Ustica, e, dalla collezione privata di Mitterand: il numero di telefono di Carole Bouquet, il flipper di Serge Gainsbourg, il borsalino di Jean Gabin, il passaporto francese – mai accettato – di Lino Ventura, lo spazzolino da denti di Fanny Ardant, l’abbonamento di Catherine Deneuve alla Piscina de la Butte aux Cailles, la patente di Brigitte Bardot e un racconto inedito di Sophie Marceau.

E la sera di Monaco, quando Maradona giocò la sua partita migliore con l’OM e una delle migliori della sua carriera, a vederlo segnare c’erano Mitterrand, Tapie e Ferlaino. Maradona, che non aveva mai segnato nelle due finali mondiali, segnò in finale di Champions, su punizione, prese un incrocio dei pali tirando da fuori area e una traversa su calcio d’angolo. Franco Baresi disse: «Era imprendibile, voleva vincere».

Una canzone per te

Marsiglia impazzì. E il rapper Soprano scrisse la canzone “Maradona dans le jardin”, immaginandolo come una statua al Vélodrome (oggi c’è davvero una enorme statua allo stadio): «Au Vélo il y a une statue / elle court contre la montre / faite de coca peinte par le vent / autour des garçons qui chantent l'amour / le cœur bat sous la main / quand Maradona tient le ballon / quelle émotion dit la chanson / douce et élastique / passe et la neige tombe / passe et personne l'attrape / arrive au but sans angoisse / marque pour nous / Diego Maradona / dribble encore et encore et encore / amène ton angoisse comme un ouragan / mets la main dedans / enlève la rouille / deviens léger / rejoue avec tes éperons va mon Dieu / la musique de l'immobilité».

Nel video della canzone Maradona appare, mostra il tatuaggio con lo stemma dell’OM, e dice la frase divenuta tormentone: «Oui, ça valait le coup». La pena come la coppa, la coppa come «le ballon».

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