- Un uomo che ha affrontato un percorso psicologico per curare le proprie frustrazioni non sa se è pronto a riprendere la relazione con la sua ragazza
- Una donna trova le feste passate con la famiglia in provincia molto faticose, perché ha ormai una visione del mondo troppo diversa da quella dei suoi parenti
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Gentile Giulia,
Dopo oltre dieci anni di vicinanza affettiva e fisica, A. ed io decidiamo, all’età di 28 anni, di fidanzarci e iniziare una convivenza.
Alla partenza A. si presenta con la valigia piena di amore, esperienze sessuali e passioni. La mia è penosamente vuota, essendo affogato negli anni passati nell’alcol, nell’alienazione più schizzata e nella solitudine più tormentosa, senza un amico né una ragazza oltre lei.
Da bambolotto frustrato quale sono, trasformo il sogno della convivenza di A. in un incubo di maltrattementi psicologici e angherie durato otto mesi, come tornare a casa ubriaco la sera o scaricare app di incontri per procurarmi dell’altro sesso (che, da buon segaiolo, non mi sono procurato).
La lascio ed A. sceglie di eliminarmi dalla sua vita. Il dolore che mi travolge è il più grande provato in vita mia e innesca una crisi come quella dell’Innominato.
Ho deciso di cambiare e di curare le mie tre frustrazioni, professionale, relazionale e sessuale, da uno psicologo. L’ho comunicato ad A. perché voglio essere di nuovo il suo fidanzato e lei, baciandomi tra le sue braccia, mi dice che mi ama ancora, ma che è l’ultima volta che mette in gioco tutto per me.
Sarò forte abbastanza da rigenerarmi? Come vanno a finire queste cose?
G.
Caro G.,
ti giro la domanda: sarai forte abbastanza? Mi sembra che tu abbia già mosso dei passi nella direzione giusta, se non altro, e questo è promettente. Hai riconosciuto i tuoi sbagli, stai cercando di migliorare. Credo sia questo che la tua fidanzata ha visto in te, insieme a qualcos’altro di pregresso di cui non mi sembri consapevole neanche tu: non mi è chiaro perché avrebbe dovuto innamorarsi di te e starti vicino per dieci anni della sua vita se tu fossi l’inutile ameba che descrivi in questa lettera.
Stai attento a questa retorica, l’autocommiserazione rischia di essere ancora meno attraente del maltrattamento di cui sopra (pure noi siamo fatte male, che ti credevi?). Te lo saprà dire lo psicologo sicuramente meglio di me, ma credo che il tuo obiettivo sia riuscire a vedere in te stesso quello che lei – che deve volerti molto bene, da come ne parli – vede in te.
Tutti facciamo degli errori, tutti siamo imperfetti. Il fatto che tu sia consapevole delle tue incrinature e sia determinato a ripararle è più di quanto si possa dire di un sacco di persone. Quindi non posso dirti come vanno a finire queste cose, ma posso dirti che l’esito dipende in gran parte dalla tua volontà, che a mio parere è una cosa rassicurante. Amarsi non dovrebbe essere una prova di resistenza, cerca di ricordartelo la prossima volta che sarai tentato dal lato oscuro. E che la forza sia con te, giovane Padawan.
Giulia
Cara Giulia,
le feste sono appena finite e non posso dire che siano state facili. Ormai vivo a Milano da molti anni e tornare a casa in provincia è sempre più difficile. Il rapporto con la mia famiglia si scontra sempre di più con visioni del mondo troppo diverse. Loro sono all’antica su molti dei temi che a me stanno a cuore e litighiamo sempre sulle stesse cose, in particolare sui diritti Lgbtqi+. Non hanno nessuna flessibilità e preferiscono rimanere attaccati al loro piccolo mondo piuttosto che ascoltarmi e contemplare l’idea che esistano realtà diverse che loro semplicemente non conoscono. Io capisco che la loro sia una generazione diversa e siano cresciuti tutti in un posto di strette vedute, ma mi ferisce che non riusciamo ad avere nemmeno un dialogo su certe cose. Riuscirò ad aprirgli gli occhi? O proverò questo sconforto ogni volta che tornerò a casa?
E.
Cara E.,
temo che la diversità tu te la debba mettere in tasca. Non so quanti anni hai, ma sono sicuramente meno di quelli dei tuoi genitori e dei tuoi nonni. E se fai fatica a cambiare punto di vista tu alla tua giovane età, come pensi che possa farlo una signora di 85 anni? Non voglio essere disfattista, ma credo ci siano contesti in cui ha senso alzare la voce e altri in cui si può anche lasciar correre e deglutire l’amarezza, magari aiutati da un litro e mezzo di spumante.
Ho capito cos’è la maturità emotiva nei giorni scorsi, quando Ratzinger stava per morire e invece di urlare «e i pedofili? E Emanuela Orlandi?» a tavola mi sono limitata ad alzare il volume del tg per mia nonna che voleva sentire come se la stava passando Benedetto XVI nelle sue ultime ore sulla terra. E posso dire? Non mi sono rovinata il pranzo e il pianeta Terra ha continuato a girare su sé stesso e intorno al sole come sempre.
Possiamo avere dei valori e comunque voler bene alle persone che ci hanno messo al mondo, e possiamo permetterci di silenziare quei valori per un paio di weekend all’anno senza perdere punti della patente. È la stessa cosa che avrei detto a Meghan Markle se mi avesse chiesto consiglio prima di sposare il principe Harry: quanta flessibilità ti puoi aspettare da una famiglia che non riesce a rinunciare nemmeno al cambio della guardia? Sicura di volerne fare una questione, con la famiglia reale? Sono arrivata alla conclusione che sia un atteggiamento più riprovevole quello di chi in 48 ore pretende di cambiare decenni di tradizione dopo un corso accelerato di progressismo 2.0, che si tratti di Elisabetta II o di nonna Pina. Sorridi e mangia un pezzo di panettone, ne uscirai più riposata e con qualche ulcera in meno.
Giulia
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