Quando Amazon Prime Video rese disponibile in italiano la serie L'uomo nell'alto castello, tratta dal romanzo di Philip K. Dick La svastica sul sole, il servizio di streaming del colosso di Jeff Bezos non era forse ancora diffuso come oggi e l'elemento più interessante, mentre guardavo con un misto di parsimonia e insaziabilità le puntate, digiuno del libro di Dick, era la fascinazione per l'ambientazione storica, un mondo in cui gli Stati Uniti dopo la Seconda guerra mondiale si sono arresi alla Germania nazista e al Giappone che adesso ne occupano il territorio.

Roth e Nabokov

Ma non solo Dick è stato attratto dalla costruzione di scenari immaginari per la storia del Novecento: un altro grande scrittore americano, Philip Roth, nel Complotto contro l'America (anche questo diventato una serie televisiva con Winona Ryder) descrive un'America alleata con i nazisti, Vladimir Nabokov in Ada o ardore immagina il contrario, ovvero una Russia estesa fino all'America del Nord, e Guido Morselli in Contro-passato prossimo descrive un mondo in cui gli Imperi centrali hanno vinto la Prima guerra mondiale.

Ma d'altronde si tratta di uno dei giochi più vecchi del mondo, quello del what if, il “cosa sarebbe successe se” (ma attenzione anche al rimpianto per le scelte personali fatte o non fatte) e non sorprende quindi che la letteratura abbia dispiegato il suo potere immaginativo attorno a questi mondi che non esistono ma si sarebbero potuti compiere se qualcosa, nel corso della storia, fosse andato in maniera diversa.

L'attrazione verso l'irreversibilità della Storia, sfuggire a un fato già compiuto è ciò che anima queste fantasie, «incursioni – come ha scritto Morselli – contro l’Accaduto, non sovrano, non intangibile».

L’utopia del tempo

Se l'utopia, sistematizzata dal cancelliere d'Inghilterra Tommaso Moro, immagina un mondo che non si trova in nessuna coordinata geografica (letteralmente dal greco où-topos, “in nessun luogo”), l'ucronia invece rimanda a “nessun tempo”, a una storia alternativa ambientata in un mondo differente da quello in cui viviamo a causa di uno scarto, più o meno grande, dai veri eventi storici. Proprio attorno a questa particolare deformazione della storia ruota la tesi di laurea dello scrittore francese Emmanuel Carrère, Ucronia, che viene adesso pubblicata da Adelphi (traduzione di Federica Di Lella e Giuseppe Girimonti Greco).

«Napoleone è stato sconfitto a Waterloo ed è morto a Sant'Elena. È intollerabile – almeno così pensa l'ucronista –, una sciagura di cui ancora subiamo le conseguenze»: così riassume alla perfezione Carrère lo spirito dell'ucronista, sottolineando come all'origine dell'ucronia francese non potesse che esserci una deviazione della storia rispetto a uno dei maggiori eroi nazionali.

Uno dei più curiosi esempi raccontati da Carrère è proprio Napoleone apocrifo. Storia della conquista del mondo e della monarchia universale di Louis-Napoléon Geoffroy-Chateau, figlio di un ufficiale dell'esercito napoleonico morto ad Austerlitz, fantasioso sogno di un mondo dominato da Napoleone che non viene sconfitto ma invece dà alle fiamme Mosca e cattura lo zar (“Questo «per far capire alle nazioni russe che al di sopra del loro zar c’era un’onnipotenza più formidabile, che fra Alessandro e Dio c’era Napoleone»”).

Tra Napoleone e Pilato

Carrère si muove nel libro tra ucronie antiche e moderne (non manca ovviamente l'amato Philip K. Dick, a cui ha dedicato la biografia Io sono vivo, voi siete morti, e il suo romanzo La svastica sul sole), insiste su come «la storia, soprattutto nei regimi totalitari, ha talora adottato il modello ucronico e dato prova di un’audacia ben maggiore di quella necessaria ai timidi tentativi di ‘disinformazione’ denunciati al giorno d’oggi» (come il caso di Trockij fatto sparire dalle foto in cui figurava accanto a Lenin), su come anche la storia del cristianesimo possa essere ripensata in chiave ucronica (con il Ponzio Pilato di Roger Caillois dove il prefetto della Giudea salvando Gesù Cristo dà alla storia dell'Occidente una nuova conformazione) oppure su come ogni nostro gesto potrebbe nascondere un altro universo di possibilità.

Ucronia è precedente ai romanzi che hanno reso celebre lo scrittore come Limonov, L'avversario e Un romanzo russo, e quindi offre la possibilità di leggere lo scrittore prima che fosse tale e di misurare quanto l'interesse per un genere così specifico abbia successivamente animato la sua fantasia e guidato la formazione delle sue storie, pur ricordandosi che in Carrère, maestro dell'autofiction, tutto è nello stesso tempo vero e falso.

Scrive Carrère che un bravo romanziere è in grado di «ricostruire la concatenazione implacabile che dall'alterazione di un fatto insignificante» porta alla creazione di un mondo parallelo e cos'è, se non una piccola ucronia quotidiana, il suo romanzo I baffi, dove uno scarto minimo dalla realtà (il protagonista decide di tagliarsi i baffi che ha sempre portato, ma si rende conto che tutti pensano che lui non li abbia mai avuti) getta il protagonista in una vita diversa da quella che avrebbe vissuto e alla ricerca di un Io che prima, con i baffi, era convinto di avere?

Ma lo stesso potrebbe valere per il tragico noir La settimana bianca (la storia violenta del piccolo Nicolas sarebbe avvenuta lo stesso se il padre all'inizio del romanzo non l'avesse accompagnato in macchina alla gita?) o anche per Il regno che non potrebbe mai essere nato se gli uomini del passato che lo abitano non avessero vissuto proprio in quel modo e fatto quelle precise scelte.

Il fascino dell’ignoto

La disamina di Carrère ha quindi il pregio di presentare al lettore libri poco conosciuti o sommersi dal tempo, puntando la propria attenzione su come un minuscolo guizzo dell'immaginazione possa portare all'edificazione di una storia così diversa dalla nostra, ma comunque in grado di generare riflessioni su ciò che realmente esiste («L’ucronia – annota Carrère – è solo uno dei tanti possibili, una traiettoria singola, immaginata da un individuo a partire da scelte arbitrarie. E l’universo in cui viviamo non vale molto di più»).

Sono proprio queste storie non compiute ad affascinare lettori e scrittori di ogni tempo («Le attuazioni mi attraggono sempre molto meno che le cose inattuate, e con ciò intendo quelle del futuro ma altresì quelle passate, mancate» ha scritto Robert Musil), perché ogni nostra scelta chiude lo spazio a innumerevoli futuri e ci porta ad abitare una precisa realtà. Finché la letteratura riuscirà a esplorare questo ignoto attraverso l'immaginazione, il suo fascino non tramonterà mai.

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