La canzone d’autore ha rappresentato nella storia un veicolo importante per la liberazione personale e anche collettiva, alleata nelle lotte per i diritti civili e la democrazia. In Italia è dalla Resistenza che risorge, in pieno boom economico, la grande canzone politica e popolare, che si lega subito con la nascente canzone d’autore.
Grup Yorum è una banda musicale turca nata nel 1985, che ha venduto oltre due milioni di dischi con testi di impegno politico e sociale. Per questo i membri sono stati perseguitati dal regime di Erdogan, arrestati più volte: nel 2020 tre di loro sono morti in carcere, dopo lunghi scioperi della fame. Quello stesso anno il Tenco, su impulso soprattutto dello storico Steven Forti, ha istituito in collaborazione con Amnesty International il premio Yorum: viene assegnato ai cantautori perseguitati, incarcerati e che rischiano la vita per difendere la libertà di espressione (quel valore che dovrebbe essere alla base di ogni democrazia, la prima, fondamentale differenza fra noi e le dittature).
Nel 2020, vincitore è risultato l’egiziano Ramy Essam; nel 2021, l’ungherese Áron Molnár; l’anno scorso, il siriano Aeham Ahmad, figlio di rifugiati palestinesi, vittima sia delle persecuzioni di Assad sia di quelle dell’Isis e alla fine approdato in Europa su di un barcone. Quest’anno è stato Toomaj Salehi, giovane rapper iraniano più volte picchiato e torturato, a ricevere il premio: ma solo idealmente, purtroppo, perché Salehi si trova rinchiuso nelle carceri iraniane, senza che sulla sua salute si abbiano notizie certe. Quest’anno, peraltro, il Tenco ha ospitato anche Jurij Ševčuk, forse il più grande cantante russo vivente e leader dei DDT, che osò criticare Putin in diretta tv già nel 2010 (quando, ricordiamolo, molti fra noi preferivano chiudere uno o due occhi). Nel 2022, per essersi espresso contro la guerra anche Ševčuk è stato messo sotto processo (sua la frase «la patria non è il culo del presidente da leccare»); ma almeno per ora nessun giudice ha avuto il coraggio di farlo incarcerare.
Il Tenco quindi condanna sia i regimi avversari dell’Occidente (l’Iran, l’Isis, Assad, Putin) sia quelli che almeno formalmente sono nostri alleati (la Turchia, l’Ungheria, l’Egitto). Una coerenza che troppo spesso dimentichiamo: i nostri valori sono universali, si applicano in egual misura agli avversari e agli amici (e anzi, proprio a questi ultimi noi dovremmo essere i primi a chiedere di rispettarli).
E forse non è un caso che sia il Tenco a ricordarcelo. Proprio la canzone d’autore ha rappresentato, nella storia, un veicolo importante per la liberazione personale e anche collettiva, alleata nelle lotte per i diritti civili e la democrazia. Ovunque nel mondo: dalla Spagna franchista agli Usa di Dylan e Joan Baez, ai cantautori cileni, argentini, brasiliani, che contro le dittature pagarono anche con la vita, ai dissidenti dell’Europa dell’Est e del regime sovietico (si pensi solo a Vladimir Vysockij in Urss, le cui cassette circolavano clandestinamente e ai cui funerali, nel 1980, partecipò oltre un milione di persone).
Quanto all’Italia, ebbene: è dalla Resistenza che risorge, in pieno boom economico, la grande canzone politica e popolare, che si lega subito con la nascente canzone d’autore. E questo legame si rafforza, non a caso, nei momenti più drammatici della nostra storia.
Il governo Tambroni
L’esordio è il 1960: il governo Tambroni vede per la prima volta l’appoggio esterno del Movimento sociale italiano, il partito erede del fascismo, le proteste vengono represse con la forza e a Reggio Emilia si contano, fra i civili inermi, 5 morti. È allora che un giovane cantautore torinese, Fausto Amodei, compone Per i morti di Reggio Emilia, canzone che segna un colpo d’ali, di creatività e vigore, rispetto alla canzone politica dei tempi dello stalinismo. Diventa il brano simbolo di quella stagione di lotte e dei Cantacronache, il gruppo creato a Torino alla fine degli anni Cinquanta da Sergio Liberovici, Michele Straniero, Margot e lo stesso Amodei: i precursori, non a caso, della canzone d’autore italiana, con testi fra gli altri di Italo Calvino (la bellissima Dove vola l’avvoltoio, 1958, sulla guerra appena passata e su quella che rischia di tornare) e Gianni Rodari. Di lì a poco i Cantacronache pubblicheranno Canti della resistenza in Spagna (1961) e I canti della Resistenza europea (1962) e quindi, dall’incontro con artisti come Ivan Della Mea e Giovanna Marini, e con intellettuali socialisti quali Gianno Bosio ed Ernesto De Martino, «evolvono» nel Nuovo Canzoniere Italiano: e sarà proprio il Nuovo Canzoniere a incidere per la prima volta e a portare al successo, nel 1964, Bella ciao, oggi forse la canzone italiana più conosciuta al mondo. Ma anche Sergio Endrigo, un cantautore allora molto popolare, compone, nel 1965, una splendida canzone sulla Resistenza, La ballata dell’ex.
Gli Anni Settanta
La seconda tappa sono gli anni Settanta. Nelle elezioni del 1972, il Movimento sociale fa un balzo di oltre 4 punti e sfiora il 9% dei consensi. Nella circoscrizione di Roma, tocca il 15%. Ed è proprio da Roma che arriva Le storie di ieri, di un De Gregori giovanissimo e poco noto: cita esplicitamente Mussolini, i «nuovi capi» e il Movimento sociale, descrive la presa di coscienza di un adolescente di fronte al neofascismo. Rifiutata all’autore, viene allora incisa dal più importante dei cantautori italiani, Fabrizio De André, nel suo Volume 8 (1975) e, a quel punto, subito dopo, dallo stesso De Gregori (in Rimmel, l’album che lo renderà celebre). Nel frattempo, la canzone d’autore italiana è fiorita, in una stagione di eccezionale creatività culturale. Sempre nel 1975, gli Stormy Six dedicano alla Resistenza un impressionante concept album, Un biglietto del tram: Stalingrado e La fabbrica, le due canzoni d’esordio fra loro legate, sono uno degli esempi più riusciti dell’incontro fra la canzone d’autore e la storia, italiana e mondiale. E anche il Sud si fa sentire, con la bellissima Canto allo scugnizzo di Eugenio Bennato (1978), sulle Quattro giornate di Napoli.
Gli Anni Novanta
La terza tappa sono gli anni Novanta: Alleanza Nazionale, erede del Msi, per la prima volta è al governo, nel 1994. Mentre alcuni parlano di riappacificazione, ecco una nuova generazione di artisti che, sotto la regia di Massimo Zamboni dei Csi, dà vita a Materiale resistente, per i 50 anni dalla Liberazione, con sorprendenti riarrangiamenti di canzoni storiche e anche qualche nuovo pezzo. In quel periodo, sono diversi i gruppi emergenti che fanno della Resistenza e dell’antifascismo una loro cifra poetica: dai Modena City Ramblers ai Gang, agli stessi Csi con Linea Gotica (curiosa nemesi, per il cantante Giovanni Lindo Ferretti oggi sostenitore di Meloni).
Al Tenco – che quest’anno ha compiuto mezzo secolo ma è per la prima volta orfano di Sergio Staino – si è parlato anche di questo. All’incontro su Resistenza e canzone d’autore ha partecipato, fra gli altri, Alessio Lega, studioso della canzone popolare oltre che cantautore. Il suo libro La resistenza in 100 canti (Mimesis, 2022) è un’utile mappa per chi voglia accostarsi alle radici antifasciste e popolari della nostra migliore canzone. Con la consapevolezza che la storia non è solo coltivazione della memoria, ma una chiave che può aiutare a capire meglio il presente: dalle dittature amiche e nemiche a quello che sta succedendo o può accadere, oggi, in Italia.
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