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Il 2020 è stato un anno terribile per tutti. Per le carceri in particolare. Al Covid si è unito il dramma delle rivolte. Tra detenuti impauriti dall’ondata pandemica che stava contagiando il paese.
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Il fatto che la terza edizione del Sognalib(e)ro si sia svolta e infine conclusa possiede dunque un valore simbolico preziosissimo. Perché i manganelli alzati a Santa Maria Capua Vetere non sono stati i soli. Ventuno carceri in rivolta. 13 morti, tutti carcerati.
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Ecco uno dei testi scritti nelle carceri italiane, realizzato da Marco Casonato dalla Casa circondariale “Don Bosco” di Pisa e pubblicato dal Dondolo.
Il 2020 è stato un anno terribile per tutti. Per le carceri in particolare. Al Covid si è unito il dramma delle rivolte. Tra detenuti impauriti dall’ondata pandemica che stava contagiando il paese. Il fatto che la terza edizione del Sognalib(e)ro si sia svolta e infine conclusa possiede dunque un valore simbolico preziosissimo. Perché i manganelli alzati a Santa Maria Capua Vetere non sono stati i soli. Ventuno carceri in rivolta. 13 morti, tutti carcerati. Tre a Rieti, uno a Bologna, cinque a Modena, altri quattro trasferiti da Modena e deceduti ad Alessandria, Parma, Verona e Ascoli, 107 agenti feriti, 69 detenuti ricoverati. Sono passati 15 mesi. Non una sola responsabilità è stata accertata. Soltanto i nomi di persone morte mentre erano sotto la custodia dello Stato. Sognalib(e)ro è un premio promosso dal Comune di Modena, dal Ministero della Giustizia e da Bper Banca, coordinato da Bruno Ventavoli, il responsabile di “Tuttolibri”, l’inserto del sabato della Stampa, che ha coinvolto molte carceri italiane. Lo scopo: fare leggere e scrivere i detenuti.
Dalle rispettive sedi, i detenuti hanno assistito alla autopresentazione dei tre scrittori in lizza per l’edizione 2020: Gianrico Carofiglio, con La misura del tempo, Einaudi; Valeria Parrella, con Almarina, Einaudi; Maria Attanasio, con Lo splendore del niente e altre storie, Sellerio. Ha vinto Parrella che farà un insolito book-tour per le carceri italiane presentando il suo romanzo.
Per l’edizione 2020 sono stati individuati dal ministero 17 istituti, dove sono attivi laboratori di lettura o scrittura creativi: la Casa circondariale di Torino Lorusso e Cotugno, quella di Modena, le Case di reclusione Milano Opera, e Pisa, Brindisi, Trapani, Verona, Cosenza, Saluzzo, Pescara, Napoli Poggioreale, Sassari, Paola, Ravenna, e Castelfranco Emilia; e quelle femminili di Roma Rebibbia e Pozzuoli.
I detenuti sono stati invitati non solo a leggere ma anche a scrivere e ora Il Dondolo, la casa editrice digitale del comune di Modena diretta da Beppe Cottafavi, pubblica un volume digitale che seleziona e raccoglie gli scritti pervenuti. Questo ebook si può ora leggere e scaricare gratuitamente sulla piattaforma Mlol che digitalizza tutte le biblioteche pubbliche italiane e su cui si può leggere anche Domani oppure su www.comune.modena.it/ildondolo. Sono poesie, racconti, semplici “sfoghi” sul tema “il mio lato migliore”. C’è anche un romanzo breve, Un po’ dentro, un po’ fuori, di Daniele Oriolo, dal carcere di Torino, di cui la giuria tecnica, composta da Barbara Baraldi, Simona Sparaco e Paolo di Paolo, ha apprezzato lo sforzo di costruire una trama complessa, ricca di colpi di scena, cercando anche di sensibilizzare sul tema della violenza sulle donne. Valeria Parrella, la vincitrice, apre l’antologia, indicando le letture importanti della sua vita. Resurrezione di Tolstoj, L’Agente segreto di Conrad, Jane Eyre di Charlotte Brontë, I Quaderni dal carcere di Antonio Gramsci e, tra i nuovi libri, La città dei vivi di Nicola Lagioia. I testi che ha suggerito verranno acquistati e regalati con il contributo di Bper alle biblioteche degli istituti che hanno partecipato al premio.
Ecco uno dei testi scritti nelle carceri italiane, realizzato da Marco Casonato dalla Casa circondariale “Don Bosco” di Pisa e pubblicato dal Dondolo.
Io e Lui: il virus
Nel 2020 il virus divenne una sorta di compagno immaginario che popolava invisibilmente l’ambiente circostante alle persone e a cui si guardava con qualche circospezione e cautela al punto da cambiare molte abitudini inveterate e richiedere molti cambiamenti agli ambienti e alle modalità di vita più elementari.
Infermeria
Nell’angusta infermeria arredata di vecchie sedie dalle cui screpolature emergeva l’imbottitura di spugna giallastra, seduto alla scrivania di paniforte e formica sbrecciata, il dottor G aveva deciso di indossare il completo azzurro. Quello da sala operatoria per fare fronte al caldo afoso da cui gli indumenti forniti dal Presidio sanitario, composti com’erano di fibra sintetica scelta dall’amministrazione così attenta al risparmio, non parevano assolutamente in grado di proteggerlo.
La stanza, come al solito, era affollatissima: due medici, due infermiere, due pazienti tutti provenienti da zone indeterminabili senza soprascarpe, né altre precauzioni minori. La pala del ventilatore all’americana si allungava dal soffitto ed era striata dal nero delle muffe e per le colonizzazioni batteriche allargatesi nel tempo. La pala girava pigramente rimescolando l’alito afoso dei presenti col pulviscolo. Gli alimentatori dei vecchi computer ronzavano affannati aspirando la polvere che poi espellevano dai loro pertugi nascosti.
Ma il dottor G è allegro, il completo azzurro gli dona molto dicono le infermiere, e poi, soprattutto, non percepisce più il fastidio costante, come un prurito mentale causato dall’improprio tessuto sintetico fornito dall’amministrazione sempre micragnosa rispetto a quanto è necessario per il personale sanitario: ciò lo rende nervoso, ora respira e sorride alla giornata.
Gli avvisi e i promemoria di servizio polverosi sembrano suppurare sulle quattro pareti ove sono affissi con cerotto per medicazioni. Tuttavia l’atmosfera è allegra; il medico di ottimo umore sembra spandere attorno a sé il suo ottimismo. L’équipe è in certo qual modo raggiante anch’essa nella luce trasversa che filtra a fatica dalla stretta finestra che non si può aprire.
Luminosa come una foto ricordo. Oggi l’indice Rt è 0,98: una sorta di nuova quotazione di borsa che si accompagna ai dati del campionato di calcio e a quelli della volatilità della borsa di Tokyo. Uno dei tanti dati che si ascoltano distrattamente mentre si prende il caffè. Eppure nell’afosa calura d’agosto qualcosa circola invisibile spinto da pale cariche di muffa, da vecchi computer sbuffanti, dal via vai di suole provenienti da chissà dove.
Riesame
Un giudice sudato maneggia con distratto fastidio il fascicolo del Riesame, l’auletta angusta si raggiunge tramite un tortuoso corridoio ove transitano lentamente agenti di polizia accaldati che provengono da ogni parte della regione.
Le scarpe della polizia spremono camminando la suola cotta dal sudore che ha conosciuto i sudici corridoi di ogni istituto del comprensorio. Anche nell’auletta del Riesame le pale del ventilatore all’americana rimescolano svogliatamente i sudori di magistrati assiepati nella stanza troppo stretta, del cancelliere, di un’uditrice visibilmente a disagio, con quelli di avvocati e scorta.
La moltitudine di deodoranti, le polveri, gli aliti si sedimentano sulle lucide superfici dei banchi e sulla balaustrina di legno finto-antico da ufficio giudiziario semidirigenziale che cerca di regalare dignità a quell’assembramento affannato. Come i furgoni-taxi del Medio Oriente. La ricrescita delle ascelle della sostituta procuratore generale stilla lentamente gocce silenziose durante l’udienza camerale. Mentre si consuma velocemente il tempo contingentato con un susseguirsi di mute mimiche nei momenti cruciali in cui sono esposte frettolosamente tesi e controargomenti, la pala del ventilatore all’americana gira lenta e instancabile come la ruota delle Parche. Si riservano. Infine: La situazione epidemica è oramai sotto-controllo. Giugno 2020.
Didattica a distanza
In una stretta aula nobilitata dai nuovissimi banchi a rotelle.
Mi sente? Un po’, però, non la vedo. Come? Io vedo bene. Io no, un punto colorato col nome. Ah, ecco, ora si vede, ma non la sento più. Potrebbe parlare più forte? No, forse devo allontanarmi dal microfono. Cosi la vedo a metà. Ecco, forse ci siamo. Si parte? Procediamo. Dovevate scrivere un commentino al libro che avete scelto. Come vi è parso? Mi sentite? Mi sentite? Sì, ah, mi pareva… andiamo avanti. Brrblurg… Non sento più! Non sento più! Noi la vediamo bene, ma il suono va e viene. Scrrbg… Il commentino lo avete scritto? Ora si sente. Andiamo avanti. Apri la finestra, ché siamo un assembramento. Ma è freddo. Ammazza il virus. Ma se viene da fuori? Boh, andiamo. Io il commento non ho fatto in tempo a scriverlo, ma lo faccio la prossima volta. Come hai detto? … prossima volta. Ah, va bene, va bene. Mi sente? Io ho letto quel libro di storie siciliane. Mi è piaciuto, soprattutto… Come? Mi sente? Ah, ecco, sì. Storie siciliane, sì. Ti è piaciuto?
L’ambientazione, l’atmosfera di paese. Mi sentite sempre? Sì. Quella autrice ha fatto un bel lavoro: è partita da antichi documenti di archivio e poi ha romanzato le scarne informazioni. Come? Come? Ma, mi sentite o è caduta di nuovo la connessione? Va e viene… Forse bisogna parlare vicino a questo microfono aggiuntivo. Ah, allora i banchi a rotelle servono, uno si sposta verso il microfono, pagaiando coi piedi… La carta e l’edizione sono raffinate, eleganti. Ma il libro è una riedizione di alcune storie raccolte in precedenza, cui ne sono stati aggiunti di nuovi. Eh sì, ha trovato “un genere” l’autrice! Mi ha sentito? Che ne pensa? Mi sente? Che ne pensa? Ora sento, che dicevi? Che è il secondo libro. Ah sì, certo. Aggiunte delle storie al primo. Uh, forse, eh sì, ha ragione, il libro era esaurito e l’autrice invece di una ristampa, ne ha fatto uno parzialmente nuovo. E a voi che è sembrato? Dice? Si sente? Sì, sentiamo, ci è piaciuto in generale. Di nuovo va e viene la voce, proprio a metà, la frase tagliata a metà, sul più bello…
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