L'uomo più ricco del mondo si prepara a lasciare la guida operativa della società che ha fondato, ma non è ancora chiaro cosa deciderà di fare in futuro: metterà al centro la filantropia, o si occuperà soprattutto dei suoi progetti più bizzarri?
- All’età di 57 anni e con un patrimonio stimato in 180 miliardi di dollari, Bezos si prepara a seguire le orme di altri giganti della new economy.
- Lascerà la guida operativa di Amazon a un successore, come ha fatto Bill Gates, e ha annunciato che si dedicherà ad altri progetti.
- Ma a cosa darà la precedenza? Filantropia, viaggi nello spazio, oppure sarà l’editoria ad attirare la sua attenzione?
Jeff Bezos passa il testimone. Lo fa con una mossa che ricorda molto da vicino quella dell’ex capo di Microsoft, Bill Gates, di vent’anni fa. Lo fa in un momento in cui Amazon, il colosso dell’e-commerce di cui è fondatore e amministratore delegato, viaggia a pieni giri, avendo chiuso l’ultimo trimestre con ricavi superiori ai 100 miliardi di dollari per la prima volta nella sua storia.
Bezos ha precisato che non si tratta di «pensionamento» e che «non ha mai avuto così tante energie» ma guidare Amazon è una grossa responsabilità che difficilmente gli lasciava spazio per altro. All’età di 57 anni e con un patrimonio stimato intorno ai 180 miliardi di dollari, il passo indietro gli consentirà di dedicarsi più attivamente ai tanti progetti lasciati un pò da parte negli ultimi anni, dall’editoria ai progetti filantropici, fino alla conquista dello spazio, dove la sfida è contro il fondatore di Tesla, Elon Musk, che gli contende anche lo scettro di uomo più ricco del mondo.
I precedenti
Altri illustri colleghi prima di lui hanno lasciato il timone restando comunque vicino alle loro aziende, come Gates, che ora passa molto più tempo a parlare di cambiamenti climatici o piani anti pandemici piuttosto che delle strategie industriali di Microsoft, il gigante tecnologico che lanciò nel 1975 e che oggi, insieme proprio ad Amazon, Apple e Alphabet, la holding che controlla Google, fa parte dell’esclusivo club di aziende da oltre un bilione di dollari di capitalizzazione a Wall Street. Dei quattro pesi massimi dell’high-tech, Apple ha vissuto la transizione al vertice più traumatica, quando il fondatore Steve Jobs ha passato la mano all’attuale amministratore delegato Tim Cook a causa di una grave malattia. Ma il punto è che Apple, Alphabet e Microsoft hanno continuato a crescere e ad entrare in nuove aree di business seppur in mani diverse da quelle di chi le aveva create, un buon segnale per il futuro di Amazon.
Così come al tempo del primo passo indietro di Gates, l’uomo nato in New Mexico non andrà molto lontano, visto che a partire dal terzo trimestre cederà il ruolo di amministratore per seguire la sua creatura dalla più comoda poltrona di presidente esecutivo, quella appena dietro la plancia di comando da cui si può suggerire la rotta senza la scocciatura di dover sempre tenere la barra dritta. Perché quello sarà il compito del suo delfino Andy Jassy, in una fase in cui il gigante di Seattle da un lato sfrutta la spinta dell’accelerazione verso il digitale dovuta alla pandemia, dall’altro si prepara a fare i conti con un regime regolamentare più severo sotto l’amministrazione del nuovo presidente americano Joe Biden.
Come un genitore che vede il proprio figlio crescere bene, Bezos ha deciso di allentare la presa. L’immagine non è casuale perché Bezos ha cresciuto Amazon a sua immagine e somiglianza sin da quando l’azienda ha mosso i primi passi nel garage di casa sua nell’ormai lontano 1994. Un’azienda che oggi conta ben oltre 1 milione di dipendenti allora era formata solo da lui e dalla sua ex-moglie nel ruolo di assistente, e si occupava di vendere libri. Bezos l’ha trasformata in un’azienda che ha cambiato per sempre i connotati dell’economia americana in settori come la logistica, l’e-commerce e il cloud computing, nello spirito di chi «vive ogni giorno come il primo giorno, sentendosi sempre in una posizione di svantaggio», come amava ripetere spesso ai suoi stretti collaboratori. Cercando di non partecipare a nessun meeting prima della 10 di mattina e di non prendere nessuna decisione importante dopo le 17, Bezos ha fatto di Amazon una formidabile macchina da soldi, passando per tappe importanti nella storia dell’azienda come il lancio di Amazon Prime nel 2005, del servizio cloud Aws nel 2006, del libro digitale Kindle nel 2007, fino ad arrivare alla recente acquisizione della catena di supermercati Whole Foods, con cui ha portato la spesa ai suoi abbonati sull’uscio di casa.
Pezzo dopo pezzo, Bezos ha costruito l’impero che è oggi Amazon e che si è espresso in tutta la sua forza nella relazione trimestrale presentata questa settimana, nello stesso giorno del passaggio di consegne. I ricavi sono saliti a oltre 125 miliardi di dollari, mentre l’utile è più che raddoppiato rispetto allo stesso periodo del 2019 superando i 7 miliardi di dollari. Delle varie divisioni del gruppo, tra cui ci sono anche una casa editoriale e uno studio di produzione cinematografica capace di vincere due oscar con Manchester By The Sea nel 2017, quella su cui l’azienda sta scommettendo tanto del suo successo è Aws, la divisione cloud guidata guarda caso proprio dall’amministratore delegato in pectore Andy Jassy.
Il futuro di Amazon
Quando si parla del futuro di Amazon post Bezos, gli analisti dicono che la scelta di Jassy lancia un messaggio chiaro: l’azienda punta tutto sul cloud e la vita per concorrenti come Microsoft o Alphabet si farà più dura. Del resto, nei tre mesi appena conclusi la nuvola è crescita di quasi il 30 per cento, ma la sua importanza si spiega ancora meglio con la redditività, se è vero che nel corso del 2020, Aws ha prodotto un utile operativo di oltre 13 miliardi di dollari contro i quasi 9,5 miliardi del ramo retail. Detto che il gigante gode di un ottimo stato di salute, gli esperti sono molto più incerti quando si parla del futuro di Bezos post Amazon. Certo, manterrà un piede dentro la società di cui detiene ancora una quota superiore al 10 per cento. Lui stesso ha detto che «concentrerà le sue energie e attenzioni su nuovi prodotti e iniziative», ma come spenderà il resto del suo tempo e soprattutto gli oltre 180 miliardi di dollari in cassaforte?
Secondo quanto riportato dal Financial Times, Bezos ha espresso apprezzamento in passato per come Microsoft ha gestito la sua transizione ai vertici. Gates ha lasciato il ruolo di numero uno a Steve Balmer nel 2000, che lo ha poi passato a Satya Nadella nel 2014, lo stesso anno in cui Gates ha lasciato il posto di presidente esecutivo che aveva conservato da inizio secolo. L’anno scorso Gates è anche uscito dal board, mantenendo solo un incarico simbolico dentro il gruppo che ha creato Office, la Xbox e portato i suoi clienti sulla nuvola con Azure. Considerato che durante questo periodo, il valore in Borsa del colosso di Redmont é passato dai 250 miliardi di dollari del dicembre 2000 agli attuali 1.800 miliardi, è probabile che Bezos tagli il cordone ombelicale un pò alla volta sullo stile di Gates.
E la filantropia?
Ma la differenza sostanziale tra Gates e Bezos è che il primo aveva in mente solo la filantropia quando ha lasciato, mentre Bezos controllerà ancora asset importanti in settori come l’editoria, è proprietario del prestigioso Washington Post, e lo spazio, con il progetto Blue Origin. Se Gates ha concentrato sforzi e risorse nella Bill & Melinda Gates Foundation con l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita e dare maggiori opportunità alle popolazioni degli Stati Uniti e dei paesi in via di sviluppo, i progetti satellite di Bezos sono talmente tanti che è stato creato un sito chiamato Bezos Expeditions per tenere il passo. Uno di quelli più stravaganti è il “10000-year Clock”, un gigantesco orologio in fase di costruzione all’interno di una montagna nel West Texas, che conterà i secondi per i prossimi 10.000 anni.
Non c’è dubbio, però, che tra un meeting per discutere come superare la concorrenza del New York Times e un altro per capire come portare la gente comune nello spazio prima di Musk, Bezos troverà tempo per la sua iniziativa filantropica, partendo dalle piattaforme che ha già messo in campo con Bezos Day One Fund, Bezos Family Foundation e Bezos Earth Fund. Proprio quest’ultima è quella su cui il magnate ha promesso di mettere qualche fiches in più, con il traguardo di arrivare a 10 miliardi di dollari per combattere i cambiamenti climatici. Spiccioli rispetto ai quasi 50 miliardi di dollari in donazioni nelle case della corazzata dei coniugi Gates, che ne ha forniti altrettanti in grants dalla sua creazione nel 2000.
Tra i più generosi filantropi americani ci sono grandi imprenditori come Warren Buffett, Michael Bloomberg e Mark Zuckerberg. C’è da scommettere che Bezos vorrà scalare anche questa classifica.
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