È davvero un grande affare assecondare la nuova fase di conversione di Matteo Salvini alle ragioni dell’europeismo? Io credo di no.
E non lo è proprio per il governo che si va formando. L’autorevolezza di Mario Draghi, il suo prestigio, la sua competenza, così tanto resocontate in questi giorni, rappresentano un enorme bagaglio per il futuro dell’Italia. Una grande occasione che non va in alcuna maniera ostacolata e che mi auguro riceva un largo consenso dal Parlamento. Proprio per questo aggiungere un ulteriore elemento di articolazione non credo serva.
So bene che l’operazione di un’alleanza tanto ampia è compatibile totalmente con quanto indicato dal presidente della Repubblica e penso pure (affinché non ci possa essere alcuna ambiguità) che la fiducia si presenti davvero come un passaggio obbligato. Tuttavia credo si debba sottolineare una cosa: siamo di fronte a un brutto atto che rischia di compromettere parte di quelli successivi.
Sono certo che la mutazione di Salvini, che avviene con modalità ai limiti del grottesco, sarà utile a lui per rifarsi un’immagine a costo zero, dopo gli enormi danni causati sin qui, e non lo sarà invece al governo al quale proverà a staccare la spina alla prima occasione buona, o meglio, quando capirà che dalla cosa potrà trarre un vantaggio.
Sul piano della politica fiscale, sul terreno delle scelte relative alla collocazione internazionale, su quello di cosa significhi coesione sociale, le diversità – già rilevanti tra gli ipotetici alleati di una “maggioranza “Ursula” – si fanno enormi.
Le nostre priorità
A meno che non si possa dire, tutti assieme, un autoconsolatorio «abbiamo scherzato» quando il leader della Lega rivendicava i pieni poteri, sbertucciava l’euro, faceva i decreti (in)sicurezza o alimentava lo scontro civile, criminalizzando le persone per il loro colore della pelle (perché, mi spiace, ma è questo ciò che è avvenuto).
I paragoni, inoltre, con la stagione del compromesso storico o addirittura con la necessità della ricostruzione durante il secondo dopoguerra sono insultanti. Ed è perfino buffo che vengano esposti proprio nel momento in cui si afferma una nuova centralità del “sapere” e della “conoscenza” (alla faccia!, verrebbe da replicare in modo grezzo).
Le pretese di una parte di pensiero progressista di rivendicare una sorta di avvenuta opera pedagogica nei confronti del “barbaro” sono ridicole, totalmente sconnesse dalla realtà; perfino, ancora una volta, capaci di mostrare un’eterna sottovalutazione nei confronti del leghismo (errore ripetuto, questo).
Ovvio che per il Pd in particolare il tema ora sia come interpretare il proprio stare al governo, nel momento del rilancio del paese, della gestione delle risorse del Recovery (le stesse che ci saremmo sognati, fosse stato per Salvini, com’è noto) avendo un tale partner.
Credo a tale proposito che, se dovessimo andare incontro a una sventura simile, la via possa essere una sola: avere molto chiare le proprie priorità, non concedere terreno, non sacrificare i propri valori (sottolineo: valori) al cospetto del mantra della responsabilità. La responsabilità è difatti una pericolosa sirena che rischia di incantare se non si è mossi da idee, obiettivi, parole d’ordine. Queste non credo debbano essere vissute come delle “assurde pretese” di chi non comprende quanto, con Draghi, il clima sia “cambiato”. Semmai ritengo debbano essere delle condizioni irrinunciabili. Specie se, andando oltre la declamazione delle formule, si dovranno affrontare alcuni nodi veri.
I nodi
Faccio alcuni esempi tra i tanti. Quando si tratterà di assumere decisioni sulla gestione dell’indebitamento o su quelle delle politiche fiscali, in che direzione si andrà? Di fronte alla crisi sanitaria, il modello, come afferma Salvini, dovrà essere quello lombardo, che ha devastato la medicina territoriale, o esattamente il suo opposto? Davanti agli investimenti pubblici, resi possibili da Next Generation EU, si potrà ambire a una svolta sul piano della sostenibilità ambientale o si dovrà rincorrere la stagione precedente?
E infine, anche in discontinuità con diverse delle esperienze di governo più recenti, al cospetto dei lager libici o dei corpi dei profughi immersi in Bosnia nella neve, ci si dovrà accontentare di qualche generico richiamo alla responsabilità europea o si potranno (finalmente) immaginare corridoi umanitari che salvino vite?
Zingaretti ha correttamente ricordato quanto Lega e Pd siano tra loro alternativi. Credo abbia fatto proprio bene a farlo.
© Riproduzione riservata