- Per poter svolgere la propria attività, i ricercatori devono poter contare su finanziamenti affidabili e di lungo periodo, e su opportunità di lavoro competitive a livello internazionale.
- L’Italia è già incredibilmente attraente per gli stranieri e, con qualche sforzo in più, può diventarlo anche per la scienza.
- Maturare esperienza all'estero è un elemento necessario nel percorso di formazione degli scienziati, ma i ricercatori non perdono fiducia nel sistema ricerca italiano.
L'assegnazione degli Starting grants 2022 dello European Research Council ha avuto un esito contrastante: se da una parte, ancora una volta, i ricercatori italiani hanno ottenuto un risultato eccezionale con 58 borse di studio assegnate – secondo solo a quello degli scienziati tedeschi – dall'altra, gli istituti della penisola ne hanno conseguito un numero inferiore, 28.
Molti attribuiscono questo squilibrio alla "fuga dei cervelli", causata dal fatto che i ricercatori italiani non trovino spazio e finanziamenti nei centri di ricerca del loro paese e che, quindi, mettano a frutto le loro capacità in altre nazioni. È innegabile che esistano delle difficoltà però non bisogna dimenticare che maturare esperienza all'estero è un elemento necessario nel percorso di formazione degli scienziati e che i ricercatori non perdono fiducia nel sistema ricerca italiano e desiderano tornare non appena trovano le giuste condizioni: il più recente esempio è proprio la vincitrice di uno di questi grant, Francesca Coscia, che fino a maggio 2021, lavorava a Cambridge e oggi ha scelto di portare la sua ricerca in Italia nel nostro istituto, Human Technopole.
Come lei sono numerosi gli italiani, ma anche gli stranieri, che hanno scelto di venire a lavorare in Human Technopole: nel 2021 abbiamo assunto cento persone di 19 nazionalità diverse - età media di 35 anni - e il 63 per cento del personale scientifico arriva dall’estero – la maggior parte per la prima volta.
Le sfide del Covid
Si tratta di un risultato incoraggiante considerato quanto è successo negli ultimi tre anni. Non solo, a causa della pandemia la sfida che affrontiamo è ancora più impegnativa, perché sono aumentate le aspettative verso il progetto di creare in Italia un istituto di ricerca per le scienze della vita competitivo a livello internazionale.
Come tutti, abbiamo avuto le nostre difficoltà: lavorare durante una pandemia, adeguandoci a regole in continua evoluzione che hanno fermato la costruzione dei laboratori, costretto i dipendenti a casa e bloccato i ricercatori all’estero. Fortunatamente gli scienziati sono abituati ad affrontare le avversità e oggi all’ombra dell’Albero della Vita sono attivi nuovi laboratori con strumenti di ricerca all'avanguardia e stanno partendo i primi esperimenti.
Siamo impegnati anche nel fornire opportunità di formazione e di sviluppo scientifico e professionale. Finanziamenti come quelli previsti dall’Early Career Fellowship Programme, in collaborazione con il ministero dell’Università e delle ricerche, ci permettono di sostenere le ambizioni di giovani ricercatori interessati a condurre la propria attività di ricerca in Italia. Grazie a questa iniziativa, cinque giovani italiani rientreranno da Stati Uniti, Austria, Germania e Svizzera per collaborare con istituzioni in tutta Italia. Una seconda edizione del programma è in corso.
Ci sono anche molti altri segnali incoraggianti dal sistema ricerca italiano: ad esempio, che quest’anno l’Italia primeggi, a pari merito con il Regno Unito, per i grant Proof of Concept. Questi grant sono assegnati a ricercatori, già vincitori di un Erc, per aiutarli a gestire le prime fasi di commercializzazione dei propri risultati di ricerca. A dimostrazione del fatto che la ricerca svolta in Italia ha un elevato potenziale di trasferimento tecnologico, ovvero la capacità di trasformarsi in un beneficio tangibile per la società e che i ricercatori desiderano sfruttare questo potenziale.
L’Italia è già incredibilmente attraente per gli stranieri e, con qualche sforzo in più, può diventarlo anche per la scienza. Per poter svolgere la propria attività, i ricercatori devono poter contare su finanziamenti affidabili e di lungo periodo, e su opportunità di lavoro competitive a livello internazionale. Si tratta di elementi cruciali per attrarre profili di talento, come dimostrano le nostre assunzioni. I ricercatori di HT sono professionisti altamente qualificati, che hanno lavorato in alcuni dei migliori istituti di ricerca al mondo. Due dei nostri ricercatori più senior hanno vinto grant Erc prima di arrivare in HT e svilupperanno ora a Milano i propri progetti di ricerca.
La scienza che conosco è aperta, collaborativa ed inclusiva. L’intenzione, mia e dei miei colleghi, è che nei prossimi anni HT possa rappresentare una storia di successo. Un esempio virtuoso per sostenere il talento e l’ambizione dei giovani ricercatori italiani e attrarre talenti stranieri in un paese che vanta una delle migliori qualità della vita in Europa.
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