Il leader del movimento delle Sardine Mattia Santori lancia un appello al segretario del partito Nicola Zingaretti
- Una lettera al segretario Pd Nicola Zingaretti e agli elettori dopo l'esito del voto delle Regionali. «In questi mesi abbiamo messo toppe a falle di cui non siamo responsabili» perché «crediamo in una politica basata su passione e generosità».
- «Ricordiamo che c’è una ferita da ricucire, e una comunità affamata di stimoli ma che oggi si sente distante. Siamo contenti che il vostro segretario se ne sia accorto. Mettiamoci all’opera».
- «Senza un progetto condiviso e allargato non si va da nessuna parte». «Se non vogliamo che vinca la pancia, torniamo a parlare ai cervelli».
La politica è una faccenda strana, perché se la guardi da dentro capisci quasi tutto, se la guardi da fuori non si capisce proprio niente. In questi mesi ci è capitato di guardarla da ambo le parti, e di partecipare attivamente a due campagne elettorali e una campagna referendaria. Abbiamo potuto toccare con mano la distanza siderale che esiste tra i partiti e gli elettori. Prima nei 3.000 chilometri che abbiamo percorso quest’estate, poi nelle iniziative che i nostri attivisti hanno organizzato nelle ultime settimane prima del voto. Una distanza nascosta sbandierando risultati marmorei, che poi però finiscono per sciogliersi come neve al sole nel giro di pochi anni.
Renzi nel 2014 aveva il 40 per cento, oggi a malapena raggiunge il 3 per cento.
Il Pd nel 2015 governava in 16 regioni, oggi in cinque.
I Cinque stelle hanno dilapidato milioni di voti nel giro di due anni.
Questa altalena apparentemente senza senso è in realtà direttamente correlata a un valore spesso considerato superfluo: la coerenza. Se la capacità di governare è variabile assai complessa da giudicare, la coerenza e la credibilità sono alla portata del giudizio di tutti.
«La politica si giudica a pelle»
«La politica si giudica a pelle» disse una sardina diciottenne in un’assemblea in Liguria. Quanto è vero. Quando Renzi perdeva le primarie e mostrava fair play e lealtà verso il partito, accresceva il suo consenso. Quando è passato all’ «Enrico stai sereno» e al «se perdo mi ritiro» è franato nel dimenticatoio. Il web non dimentica, diceva Grillo. Le bugie hanno le gambe corte, diceva mia mamma. Quanti voti avranno perso i 5 stelle quando hanno salvato Salvini dal processo sulla nave Diciotti? Quanto credibilità avrà perso Di Maio quando ieri l’altro esultava dopo il peggior risultato di sempre nella storia del Movimento?
Abbiamo incontrato tantissime persone in queste settimane. Siamo curiosi come sardine, ma chiacchieroni come pappagalli. Chiedete a Luigi, Alessandra, Giorgio, Federica, Claudio, Virginia quanta poca luce ci fosse negli occhi degli elettori di centro sinistra in Toscana, nelle Marche, in Puglia, Liguria, Campania e Veneto. Chiedetegli quale fosse l’umore degli attivisti democratici rispetto alle faide tra correnti. Chiedetegli quanto sia stato difficile come sardine fare una campagna contro la destra sapendo “chi” e “cosa” si presentasse a sinistra (tralasciamo sul “come”…).
Se quelle X potessero parlare…
Immaginate se in ogni scheda elettorale ci fosse l’opzione “voto lui/lei, ma poco convintamente”. Sarebbe un plebiscito di rassegnati. Almeno da questa parte della barricata.
La politica non va demonizzata e le responsabilità sono anche di noi elettori, lo diciamo dal primo giorno. Ma è arrivata l’ora di guardarsi in faccia e dirsi le cose come stanno. Per il bene di tutti.
In questi mesi abbiamo messo toppe a falle di cui non siamo responsabili. Lo abbiamo fatto perché crediamo in una politica basata su passione e generosità. Lo abbiamo fatto come persone, prima ancora che come sardine. Abbiamo combattuto battaglie che voi non avevate il coraggio di combattere. Abbiamo usato tecniche di comunicazione a voi estranee. Siamo scese in piazza a novembre scorso mentre voi iniziavate a spartirvi le colpe della prossima sconfitta. Abbiamo continuato a farlo mentre voi vi spartivate il bottino guadagnato con il nostro sudore. Abbiamo insistito anche quando preferivate guardare agli interessi personali invece che a noi, o peggio, ai vostri attivisti. Abbiamo marcato territori che altrimenti sarebbero stati facile preda delle destre mentre voi picconavate Zingaretti.
Un sospiro di sollievo
Ora possiamo tirare tutti un sospiro di sollievo, ma è nostro dovere ricordarci e ricordarvi che c’è una ferita da ricucire, e una comunità affamata di stimoli che oggi però si sente distante. Il vostro segretario se n’è accorto da tempo e ne siamo felici, perché non è scontato. E allora mettiamoci all’opera e iniziamo a ricostruire.
Senza un progetto condiviso e allargato non si va da nessuna parte. Un partito che si concentra sulle lotte di potere ma si dimentica la base ha i giorni contati. Un partito che dipende da figure forti e capibastone non può dirsi democratico. Un partito che rimanda le battaglie sui diritti fondamentali non merita l’eredità dei grandi partiti di sinistra. Un partito a trazione maschile in un Paese dove votano più donne che uomini è semplicemente anacronistico. Un partito che si vergogna del suo simbolo umilia i propri iscritti. Un partito che si regge su uno statuto che incatena la segreteria nazionale è un partito debole. Un partito che non è in grado di attrarre risorse umane ed economiche è un partito che sta morendo. Un partito incapace di parlare ai sognatori è un partito già morto.
Sappiamo che non è facile,
ma se non vogliamo che la parola “comunità” rimanga una metafora, torniamo a scoprire il valore delle persone.
Se non vogliamo che vinca la pancia, torniamo a parlare ai cervelli.
Se non vogliamo che “Bella Ciao” rimanga il titolo di una festa, torniamo a cantarla.
Non avete più scuse, non abbiamo più scuse
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