Un genitore racconta la disavventura con un rubinetto che non si chiude nello spogliatoio di una scuola. Un resoconto preciso, tra l’ironico e il disperato, del tentativo di trovare una soluzione a un problema apparentemente semplice. Ma dopo 230 giorni e 450.000 litri di acqua sprecata il rubinetto è ancora aperto. Un simbolo e anche un monito
Questa città è come una gif – un’istantanea sottratta allo scorrere del tempo che però va in loop. Prova ne è un rubinetto: fatto, simbolo e immagine di 2336 anni di storia di Roma.
Correva l’anno 2023. Nell’Istituto Scolastico Via delle Carine, in faccia al Colosseo, un genitore nota un rubinetto dimenticato aperto nello spogliatoio femminile dove riveste sua figlia dopo il judo. Fa per chiuderlo ma gira a vuoto. Con zelo segnala al rappresentante di classe che segnala al corpo docente che segnala alla segreteria che segnala al preside che segnala e via discorrendo. Alla fine anche il primo municipio e la giunta saranno resi edotti con tanto di pec.
È qui che parte questa storia, tutta romana, a tre personaggi: un rubinetto che perde acqua, un cittadino che perde la pazienza, una comunità che perde sé stessa.
Nell’anno 312 a.C. Appio Claudio Cieco fece costruire il primo acquedotto romano. Gli storici concordano: il governo e la movimentazione dell’acqua fu il segreto dell’Impero.
Torniamo al 2 giugno 2024: per chiudere un rubinetto sono passati invano circa 230 giorni, ma soprattutto 450.000 litri d’acqua potabile nell’invaso di ceramica e di lì nel tubo di scolo, e di là nel nulla.
Quando il rappresentante di classe ha avvisato i docenti e questi la segreteria, fu sollevato il tema della competenza: lo spogliatoio in questione, trovandosi nei locali in uso alle medie, era un problema delle medie.
Venne quindi coinvolto il Comitato genitori, ma nel frattempo i primi centomila litri d’acqua ce li siamo giocati.
Il nostro rubi-gate di quartiere però poteva ora essere discusso nella sede opportuna. Che, davanti all’idea di dover coinvolgere il direttore dei Servizi generali, alzò le spalle alla ricerca di un’alternativa. La soluzione creativa fu assegnare a un’Associazione di genitori volontari il compito di “ampliare” la gamma dei servizi resi alla scuola con il tacito accordo dei dirigenti.
In chat – nuova agorà – parte un nuovo flusso informativo: i videotutorial di SergioTuttofare, IdraulicaFaiDaTe e Mr Canapa. Peccato che il sopraggiunto avvio dei lavori di ristrutturazione del Pnrr – perché goccia che fa traboccare il vaso la scuola in cui non si riesce a chiudere un rubinetto è anche la scuola che viene ristrutturata dalle fondamenta al tetto con i fondi europei – impedisca ai genitori di entrare.
Buttati altri 100.000 litri d’acqua, si decide che il troppo è troppo. L’iniziativa torna nelle chat di classe perché i genitori trovino «un papà idraulico» disposto a chiudere il rubinetto. La coscienza civile ha un sussulto: «Perché l’idraulico deve essere per forza un padre? Ci sono bravissime donne idrauliche», si legge nelle chat.
Appunti per le Europee: la sensibilità di genere tira più di quella climatica.
Anche ampliando a zii e cugini, non si trovano “idraulici amici”. Negli ambienti della presidenza si fa largo la rassegnazione: occorrerà rivolgersi a dei professionisti.
Scorrono altri cinquantamila litri d’acqua e diversi giorni sul calendario fino all’arrivo del primo idraulico, che visto il rubinetto sentenzia: «Quella del rubinetto del complesso scolastico è una questione complessa».
A dar man forte alla tautologia arriva il parere di altri due idraulici professionisti: la questione è «complessa» e non si sa ancora di chi sia la responsabilità.
Emerge che il guasto è nelle tubature e che la questione è di competenza municipale. I genitori non possono tappare i buchi dell’amministrazione pubblica.
Scorrono altri ventimila mila litri d’acqua. Il Comitato dei genitori firma una lettera di denuncia dove, al di là del rubi-gate, vengono segnalate una serie di criticità. Inviata a una pletora di assessori e responsabili, fa la fine dei messaggi in bottiglia mentre, fuori dalla scuola, a bottigliate vere e di vetro si prendono le baby gang oggetto della lettera di denuncia, tanto da finire più di un giorno nei trafiletti di cronaca nera dei quotidiani. Ma nulla cambia.
Un altro genitore prova la carta Instagram taggando l’assessore. Per un Sos perso in mezzo al mare social, un sms di alert che arriva: «È stato constatato che quello della palestra femminile non è il solo rubinetto aperto».
Che significa? Quanti sono? Non si sa: 450.000 litri d’acqua moltiplicati per un’incognita. Di chi è la competenza ora? Non si sa.
Fin a quando andrà avanti lo spreco? Fin quando la ristrutturazione non coinvolgerà i bagni. Ma i lavori sono in ritardo di mesi, mentre tutto scorre.
L’acqua soprattutto, dal rubinetto, e di là nell’invaso, poi nello scolo, fino – ci piace immaginare – a quel lago sotterraneo dove da secoli confluisce tutta l’acqua di Roma: l’acqua del lago di Nerone, della fontana Meta Sudans, delle Terme di Tito e di Traiano e, con loro, la ricchezza mai più espressa di questa città, di questa comunità.
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