- Quando, nel 2012, l’Unhcr mi ha chiesto di realizzare una ricerca sul valore che diamo alla routine quotidiana, questa espressione aveva un significato molto diverso da quello attuale. Allora, per molti, il concetto di routine, intesa come l’insieme delle attività che ciascuno di noi svolge quotidianamente, era perlopiù associato alla stabilità e alla ripetitività delle azioni di ogni giorno, ma anche allo stress e alla monotonia.
- Oggi invece, nel pieno di una pandemia che ha stravolto le nostre vite, il concetto di routine sembra completamente cambiato e invece di essere accostato al “mollare tutto” per cercare altrove una possibile felicità futura sembra invece avere virato verso una nostalgia di qualcosa che al momento sembra solo un lontano ricordo.
- Nel frattempo, qualche segnale positivo c’è. In questi ultimi mesi duri gli italiani si sono sentiti vicini e solidali verso le categorie più colpite dal virus.
I fatti più eclatanti della storia, e fra questi soprattutto le grandi tragedie come le guerre e le pandemie, provocano profonde trasformazioni sociali, economiche, politiche. Anche il significato di molti concetti e parole cambia, a volte radicalmente.
Quando, nel 2012, l’Unhcr mi ha chiesto di realizzare una ricerca sul valore che diamo alla routine quotidiana, questa espressione aveva un significato molto diverso da quello attuale. Allora, per molti, il concetto di routine, intesa come l’insieme delle attività che ciascuno di noi svolge quotidianamente, era perlopiù associato alla stabilità e alla ripetitività delle azioni di ogni giorno, ma anche allo stress e alla monotonia. La possibilità che questo insieme di abitudini potesse variare era vista come un bene e più come una opportunità che come un rischio.
Già in quegli anni l’Unhcr lanciava un messaggio chiaro, positivo: la routine è fantastica. Fare una doccia, andare al supermercato o dal medico sono tutte attività normali da questa parte del mondo, spesso anzi considerate fastidiose o noiose, ma per milioni di rifugiati in fuga da guerre, violenze e persecuzioni, sono invece spesso solo una vana speranza e, a volte, una conquista da guadagnare con fatica giorno dopo giorno.
Quando odiavamo la routine
Nel sondaggio svolto nove anni fa il 28 per cento degli italiani dichiarava che se avesse potuto avrebbe mollato immediatamente tutte le certezze della sua vita per fare altro. La stessa risposta l’hanno data un anno dopo il 35 per cento dei nostri connazionali: in termini assoluti circa 18 milioni di italiani. Una insoddisfazione verso la propria quotidianità alla quale si aggiungeva anche la preoccupazione di perdere tutto: forse a causa della crisi economica che in quel momento affliggeva l’Italia, una persona su tre si svegliava con la paura di perdere tutto, soprattutto il lavoro. Gli affetti familiari e l’assistenza sanitaria, invece, rappresentavano le certezze più rassicuranti, mentre venivano considerati meno importanti oggetti come cellulari, TV e radio.
La riscoperta della quotidianità
Oggi invece, nel pieno di una pandemia che ha stravolto le nostre vite, il concetto di routine sembra completamente cambiato e invece di essere accostato al “mollare tutto” per cercare altrove una possibile felicità futura sembra invece avere virato verso una nostalgia di qualcosa che al momento sembra solo un lontano ricordo. Dall’ultimo sondaggio realizzato da Doxa per Unhcr dal titolo: “La routine degli italiani al tempo della pandemia” emerge infatti che il 75 per cento degli italiani vorrebbe decisamente tornare alla vita pre-Covid, mentre l’85 per cento trova molta difficoltà ad adattarsi a queste nuove abitudini e alle varie limitazioni. La routine quotidiana, insomma, sembra avere guadagnato la considerazione e il valore che merita. Abbiamo inoltre chiesto agli italiani se credono che la nostra quotidianità cambierà dopo la pandemia e in che modo.
Quasi tutti d’accordo - nove su dieci – nel dire che la propria vita dopo il virus sarà completamente diversa. Oltre la metà degli intervistati (53 per cento) dice che apprezzerà di più le certezze e le piccole cose senza dare più nulla per scontato, mentre il 21 per cento dichiara che cercherà di ridurre al massimo gli sprechi. Il 20 per cento sostiene che non si farà più prendere dalla frenesia del lavoro e degli impegni quotidiani e che dedicherà più tempo agli affetti e alle cose veramente importanti, mentre il sei per cento afferma che si impegnerà di più per le persone più vulnerabili. Sarà davvero così o è solo un auspicio? E’ difficile rispondere con certezza a questa domanda.
Ne usciremo migliori?
Ma nel frattempo, qualche segnale positivo c’è. In questi ultimi mesi duri gli italiani si sono sentiti vicini e solidali verso le categorie più colpite dal virus, in primis verso chi ha perso il lavoro e la stabilità economica, gli anziani, i medici e il personale sanitario, i bambini che non hanno frequentato la scuola, ma anche verso i rifugiati e le persone più deboli. Chissà che magari, quando questa tempesta sarà passata, forti di queste nuove consapevolezze saremo capaci di costruire una società più generosa, solidale ed empatica verso i più fragili.
Dal 24 gennaio al 14 febbraio Unhcr lancia la campagna “Fantastica Routine”. Tutti possono contribuire inviando un sms o chiamando il 45588. Con una donazione si può garantire un mese di scuola a un bambino rifugiato nel Sahel
© Riproduzione riservata