Così è nato tutto: da due ferite.

Una bambina di 7 anni guarda fuori dalla finestra di un appartamento della periferia milanese. Palazzoni di 9 piani, case popolari di mattoni rossi ai confini della tangenziale est. Dai vetri fissa l’acqua marrone e fetida del fiume, ricoperta di iceberg di schiuma bianca. E dentro di sé ripete come un disco rotto: «Io ti salverò, io ti salverò, io ti salverò….».

La ragazza, 25 anni, siede nel commissariato di polizia. La testa tra le mani, i gomiti sulle ginocchia. Aspetta l’agente speciale donna che deve raccogliere la sua denuncia: violenza sessuale. Si ripete tra sé e sé: «Nessun’altra dovrà più subire quello che è successo a me».

Due ferite.

Ho ascoltato tante storie come la mia durante questi anni tra coloro che si avvicinavano al partito. Storie di istanze forti, di impellenze, di lame e spigoli, di ferite. Molti mi hanno confessato di non aver mai pensato prima alla politica. Molti si erano solo impegnati per anni in associazioni, comitati, ong. Avevano lottato per difendere l’ambiente, i diritti, le persone più vulnerabili, gli animali. Alcuni, molti, hanno vissuto all’estero, incontrando culture, modalità, sensibilità diverse, più ”evolute” e naturalmente green rispetto a quanto accade in Italia, e sono venuti a cercarci. Ripensando a questi due anni è questo ciò che ci unisce. Tutti.

Sabato 17 aprile, in vista dell’Earth Day 2021 che si celebrerà giovedì 22, Domani pubblica uno speciale di 16 pagine dedicato ai temi dell’ambiente e della difesa del nostro pianeta. Lo speciale DopoDomani sarà acquistabile con il quotidiano al prezzo di 2 euro


La visione chiara di ciò che andrebbe fatto, di ciò che si considera giusto. Una visione pacifista, non violenta, inclusiva, rispettosa di tutte le identità e le unicità. Una visione circolare del mondo, non binaria, non gerarchica. Ogni forma di vita, ogni individuo ha pari dignità. Nessuna discriminazione è giustificata, nessuna prevaricazione da parte di chi è più forte, più aggressivo, più violento. Nessun dominio del più potente o del più ricco è tollerato.

Stessa visione quindi e stessa consapevolezza, e un’urgenza tale da decidere di mettersi in gioco personalmente, di vincere la diffidenza istintiva verso la politica e i partiti italiani, verso la casta. Tutti attratti da un faro che aveva cominciato a brillare sempre più fortemente in Europa: gli European Greens, i Verdi Europei.

Dico questo perché per due anni sono stata la persona incaricata del primo contatto con gli attivisti di Milano. “Il pifferaio magico”, ho scoperto poi, mi chiamavano. Perché credevano talmente tanto in quello che dicevamo che decidevano di seguirmi. E quanti si sono convinti a farlo. Ho assistito, dalla mia Milano, anche durante l’anno difficilissimo del 2020, al montare di un’onda verde composta da moltissime persone, spesso dell’età dei miei studenti, o di qualche anno più grandi. Moltissima energia, visione, esperienza messe al servizio della causa ecologista, di una visione nuova, fresca, europea, della politica. Centinaia di persone che hanno studiato insieme, si sono incontrate, hanno lavorato la sera, quando smontavano dall’ufficio, o avevano messo a letto i bambini, o riponevano gli appunti per l’esame imminente. Tutte e tutti con lo stesso obiettivo: portare un nuovo modo di far politica, giusto, inclusivo, ecologico, dentro le stanze dei bottoni.

Credevamo che questo partito nascente fosse la nostra casa, l’unica casa possibile. Che fosse un partito osmotico, aperto, democratico. Ci piaceva pensarlo. Avevamo bisogno di pensarlo, perché non eravamo disposti a fare politica in altro modo. Partecipazione, discussione, co-creazione, proposte dal basso. Parità di genere, rispetto, inclusione. Ascolto. Di tutt*. Non posso immaginare che negli altri partiti ci fosse stato lo stesso entusiasmo dei Verdi di Milano, lo stesso che vedevo frequentando i giovani Verdi Europei, polacchi, belgi, tedeschi.... Lo stesso senso di appartenenza, la fiducia in un mondo nuovo e l’amicizia. Forse perché ho sempre pensato che l’energia di un’ecologista sia inarrestabile. È il coraggio di una madre che lotta per salvare i suoi cuccioli: un ecologista si mette in gioco per consegnare il mondo ai figli dell’umanità. Sono dei “superpoteri”, come dice mio figlio, che ti fanno nuotare contro corrente, contro la mancanza di cultura, di informazione in un paese che ha sempre considerato l’ambiente come un fastidio, un costo, un vincolo.

Non volevamo dar retta a chi ci diceva «i Verdi Europei sono fighissimi, quelli italiani invece…», perché tra di noi ci guardavamo in faccia e vedevamo solo persone che a quei Verdi Europei somigliavano moltissimo. Per questo abbiamo creduto in Europa Verde. Ci piaceva l’idea di colorare di verde l’intero continente, fondendo sulla carta europea l’Italia alla chiazza verde bottiglia. Abbiamo spinto ancora di più per raccontarlo e realizzarlo questo progetto a tutti coloro che condividevano la stessa idea di mondo. E agli attivisti si sono uniti politici, candidati, sindaci, parlamentari.

Poi qualcosa si è incrinato; proprio vicino al congresso, proprio prima del famoso ultimo miglio. Tutto questo fermento, queste energie, questi punti di vista diversi, quelli più laici, più orientati ai diritti, sono stati messi a tacere. Il 15 aprile migliaia di iscritti si sono sentiti traditi dallo stesso partito per cui hanno sudato, costruito, fatto volontariato, pianto e riso per anni. Hanno raccolto firme, fatto campagne elettorali, attaccato manifesti.  

Traditi per la legge Zan per cui molti di noi avevano espresso parere positivo. Per la cui approvazione molti tra noi sono scesi in piazza, hanno organizzato eventi, dirette online, scritto. Scritto tanto. Questa mattina abbiamo scoperto che la visione dell’esecutivo nazionale e quindi tecnicamente quella ufficiale del partito, è quella di Arcilesbica che non vuole votare la legge così com’è, ma ne chiede l’emendamento, rispedendola alla Camera e quindi condannandola per sempre. Questa visione non è la nostra. Non è quella della comunità biodiversa che è venuta a fertilizzare Europa Verde negli ultimi due anni.

Oggi abbiamo scoperto che la posizione ufficiale dei Verdi italiani è lontana anni luce dalla visione transincludente dei Verdi Europei. Oggi abbiamo scoperto che la nostra voce, l’energia e la passione non contano niente. Molti si sono arrabbiati, molti hanno preso le distanze. Molti hanno cominciato a non sentirsi più a casa. Qualcuno è uscito sbattendo la porta.

Oggi è un giorno dolorosissimo. È un sogno che muore. È un furto di futuro, il futuro di chi vorrebbe una politica all’altezza delle nuove generazioni. E mi viene solo da dirvi: How dare you!

Silvia Pettinicchio, già Coordinatrice Nazionale di Europa Verde

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