“Cambiare la scuola per non cambiare pianeta”: è questo lo slogan che abbiamo stampato sulle nostre magliette allo Spazio di Mutuo Soccorso in Piazza Stuparich. Il mercato solidale ha fornito le t-shirt usate a cui daremo nuova vita con le grafiche di Fridays For Future, disegnate da un nostro attivista per il Global Day of Action del 25 settembre. Il fermento ha percorso anche le altre città italiane in cui i gruppi locali di Fff hanno organizzato il ritorno in piazza dopo il lockdown.

In molti ci hanno chiesto dove fossimo finiti durante il periodo di chiusura per il coronavirus. La risposta è: non ce ne siamo mai andati. Abbiamo trasformato il nostro modus operandi, organizzando lezioni ambientali online e webinar con interviste a volti noti da diversi contesti, da Greta Thunberg alla cantante Elisa. Abbiamo continuato a scioperare dalle nostre camere con il #digitalstrike. Insomma, siamo rimasti a casa anche noi, perché un’emergenza richiede unità e serietà. Ora però non ci sono più scuse: l’Italia deve prendere sul serio anche la crisi climatica. Lo stato ha dimostrato di essere in grado di prendere decisioni difficili per salvaguardare la salute dei suoi cittadini. Ora le deve applicare anche all’emergenza climatica e ambientale. In altre parole, è arrivato il momento di trattare ogni emergenza come un’emergenza.

Un’emergenza

Sono sufficienti poche ore di lettura per comprendere che il cambiamento climatico colpisce la nostra salute e non solo quella del pianeta: i passaggi intraspecie di virus provenienti dagli animali, che aumentano con la perdita della biodiversità, potrebbero portare a nuove inaspettate pandemie; i nostri polmoni saranno sempre più indeboliti dal livello di inquinamento della nostra aria; saremo sempre più vulnerabili e la sopravvivenza diventerà sempre più difficile. Di fronte alla sofferenza causata dal coronavirus, la protezione della vita e della salute dovrebbe essere al centro del dibattito politico. Anzi, non dovrebbe essere oggetto di dibattito: dovrebbe essere una spinta all’azione per avviare la transizione energetica ed ecologica il prima possibile.

A questo proposito, il Recovery Fund è un’occasione da non lasciarsi sfuggire. Ricordiamoci che il fondo di ripresa europeo in realtà si chiama Next Generation e pertanto dovrebbe essere utilizzato per supportare le prossime generazioni. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza elaborato dal governo però non sembra considerare i cittadini del futuro e conserva il modello “business as usual” che ci ha portati alla situazione d’emergenza in cui ci troviamo oggi. Nei provvedimenti del governo si fa ancora affidamento al gas naturale, che, sebbene venga presentato come la nuova frontiera dell’energia pulita, è comunque un combustibile fossile che contribuirà a riscaldare il pianeta. Si concedono prestiti e fondi per salvare le compagnie dell’automobile e dell’aviazione, emanando un eco-bonus (che di eco ha davvero pochissimo) per l’acquisto di auto a motore termico, cedendo alle pressioni delle grandi aziende e decidendo di difendere i loro interessi piuttosto che il futuro dei cittadini. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza non esce da questi confini. Ci riempiamo la bocca di parole come sostenibilità e resilienza, ma le misure da mettere in pratica rimangono ai limiti del giardinaggio.

Non siamo «ambientalisti del no»

Le nostre dure parole ci hanno fatto guadagnare l’appellativo di “ambientalisti del no”. Niente di più falso: non è nostro dovere proporre politiche e provvedimenti, ma abbiamo elaborato anche noi un piano di ripresa, che abbiamo raccontato e proposto in diversi contesti. Si chiama Ritorno al Futuro: sette punti ben dettagliati che descrivono l’Italia che vorremmo e di cui abbiamo bisogno per salvare il nostro pianeta. La campagna è online e la porteremo in conferenza stampa alla Camera dei Deputati il primo ottobre 2020. Ma la porteremo soprattutto nelle piazze, perché sia un bene condiviso tra tutti gli attivisti e le attiviste. Perché tornare alla normalità del passato non può più essere un’opzione.

Ritorno al Futuro è stata già presentata in piazza Duomo a Milano il 25 settembre, in occasione dello sciopero che Fridays For Future Milano ha co-organizzato con Priorità Alla Scuola e tanti altri collettivi e gruppi studenteschi. Non c’è futuro senza lotta per la vita; non c’è lotta per la vita senza una scuola che insegni cosa implica il cambiamento climatico e come bisogna contrastarlo. Anche in questo caso ci siamo messi in gioco noi per primi, portando tre lezioni in piazza. La prima ha spiegato la crisi della biodiversità; la seconda ha messo in luce le problematiche dell’attuale piano di educazione ambientale, che paradossalmente è in mano ad Eni, la compagnia che più rappresenta l’egemonia tossica del fossile nel panorama energetico italiano. La terza ha raccontato la nostra visione per il piano di ripresa Next Generation Eu, già espressa e rappresentata da Ritorno al Futuro.

Ci saranno altre manifestazioni

Fridays For Future Italia non si accontenta della manifestazione del 25 settembre. Torneremo in piazza il nove ottobre con uno sciopero per il clima nazionale. Nella situazione di crisi in cui viviamo è imprescindibile mantenere la continuità della protesta e delle rivendicazioni. Questa continuità è alla base della scelta di manifestare domani con altre realtà, anche non esclusivamente ambientaliste. I temi dell’istruzione, del femminismo, dell’uguaglianza e dell’ecologismo sono intrecciati e inscindibili e come tali vanno portati nelle strade delle nostre città. Il filo rosso che li lega si chiama futuro.

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