- L'atteso vertice Ue-Africa sarà un primo test per capire se i leader europei e africani possono trovare un modo per dialogare sulle sfide comuni, tra cui il clima.
- Soprattutto sarà un momento di prova per l'Europa: è in grado o no di far avanzare la diplomazia climatica? L'analisi di Ecfr mette in luce che il 2022 sarà un anno ancora più complesso di quello passato.
- Visto il rimodellamento della politica delle risorse globali e delle catene di approvvigionamento, è fondamentale che l’Ue trovi una propria strategia per gestire questo quadro in evoluzione. In caso contrario, il potere di scelta ci verrà rapidamente sottratto.
L'atteso vertice Ue-Africa di questa settimana sarà un primo test per capire se i leader europei e africani possono trovare un modo per dialogare sulle sfide comuni, tra cui il clima, o se continueranno a parlarsi in lingue diverse.
Dopo la Cop26, i leader dell'Ue sanno che dovranno fare meglio se intendono impegnarsi davvero in ambito di leadership verde, cui aspirano la presidente della Commissione Ursula Von der Leyen e il commissario Frans Timmermans, o di politica estera incentrata sul clima, come la definisce la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock. A Glasgow i leader europei sono stati lasciati fuori da molte delle discussioni cruciali – comprese quelle culminate nella dichiarazione Usa-Cina sulla graduale eliminazione del carbone.
Passato un po’ di tempo per processare gli eventi, i ministri dell'Ue torneranno sull'argomento in occasione del prossimo consiglio Affari esteri del 21 febbraio, dove discuteranno su come costruire la diplomazia europea del clima.
Come diventare leader del clima
Si tratta di una discussione particolarmente puntuale. L'Ue non è ancora una forza geopolitica all'altezza degli Stati Uniti o della Cina – e non può minacciare in modo credibile di usare tutti gli aspetti del proprio potere economico per rafforzare la propria posizione negoziale sul clima. Le divisioni e la disarticolazione all'interno dell'Ue sono ben note non solo ai leader delle sue istituzioni, ma anche ai governi dei più grandi oaesi terzi. Per far sì che la diplomazia del clima sia una parte centrale della promozione degli interessi nazionali ed europei all'estero, c'è bisogno di un coordinamento tra le istituzioni dell'Ue a Bruxelles e le capitali degli stati membri – così come sul campo nei paesi terzi tra le delegazioni dell'Ue e le ambasciate nazionali.
L'Ue dovrebbe aumentare il numero di personale dedicato all'attuazione degli obiettivi climatici all'interno dei ministeri degli Affari esteri e del Servizio europeo per l'azione esterna, e garantire che i diplomatici europei che lavorano su questioni climatiche comprendano l'economia dello sviluppo verde. Sia a Bruxelles sia nelle capitali nazionali, tutti i dipartimenti pertinenti, compresi quelli responsabili di energia, ambiente, finanza, commercio, agricoltura, trasporti e sviluppo, dovrebbero aumentare i propri sforzi in ambito climatico.
Ma costruire il potere della diplomazia climatica dell'Ue non riguarda solo le strutture. Si tratta anche di rafforzare l'impegno politico degli europei a mettere la decarbonizzazione in cima alla lista delle priorità.
Sfide sempre più difficili
Se il 2021 è stato un anno difficile data la reazione negativa contro la proposta della Commissione per un meccanismo di aggiustamento del carbonio alla frontiera e le divisioni tra gli stati membri su ciò che dovrebbe costituire energia pulita per gli investimenti secondo la proposta di tassonomia, il 2022 è destinato ad essere ancora più complesso. Per anni, i decisori politici dell'Ue sono stati preoccupati su come gestire le conseguenze socioeconomiche del Green Deal; con i prezzi dell'energia in aumento in tutta l'Ue, quest'anno queste preoccupazioni sono diventate una realtà. Il rischio che dissolvano l'impegno profuso in seno all’Ue per far passare il pacchetto Fit for 55 è enorme.
Alla base della risposta dei decisori politici europei a tutto ciò deve esserci la comprensione del fatto che l'Ue non deve scegliere se, bensì quando iniziare le conversazioni con i propri partner su come la transizione dal carbonio cambierà le reciproche relazioni.
Rimodellare politiche e risorse
Come messo in evidenza dal Power Atlas di Ecfr, la politica delle risorse globali e le catene di approvvigionamento sono già state rimodellate da un emergente consenso internazionale sulla necessità di raggiungere lo “zero netto” di emissioni di gas serra durante la seconda metà del Ventunesimo secolo. Ciò è motivato da una combinazione di progresso tecnologico, costi in calo, investimenti crescenti e misure politiche per sostenere la transizione.
L'Ue ha bisogno di una strategia per gestire questo quadro in evoluzione. In caso contrario, il potere di scelta ci verrà rapidamente sottratto, poiché i partner commerciali e industriali, i fornitori di energia e i paesi che dispongono delle risorse a cui dovremo accedere per la tecnologia verde si concentreranno sugli attori che stanno al passo con le nuove realtà. Il nervosismo europeo per le potenziali ripercussioni che una presa di posizione nei confronti della Russia per le sue azioni verso l’Ucraina potrebbe avere sull’approvvigionamento di gas dell'Ue non fa che sottolineare l’urgenza di garantire la nostra sicurezza energetica tramite partnership basate su forniture più pulite e stabili.
L'attuale attenzione rivolta alla diplomazia del clima e al ruolo che le relazioni Ue-Africa e i rapporti di vicinato avranno in questa strategia è prudente. Ma rimarrà insufficiente finché gli europei non accetteranno che una politica estera incentrata sul clima è una necessità, e non una scelta.
Susi Dennison è direttice del programma European power dello European council on foreign relations (Ecfr)
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