- Come un novello Goethe, l’inviato speciale Usa per il Clima Mr. John Kerry, è sceso in Italia, prima tappa del tour europeo. Il ministro Cingolani gli ha mostrato la mappa dei gasdotti, ma Kerry ha detto che il gas fossile non può essere considerato per la decarbonizzazione. Dello stesso avviso il papa, che ha fatto un tweet molto esplicito.
- Timmermans, vicepresidente della Commissione europea, ha incontrato un gruppo di attivisti per l’ambiente e ha parlato con loro della Politica agricola comunitaria: «Timmermans ci ha detto di comprendere le nostre critiche, ma di non poter fare più di così», hanno spiegato.
- Si comincia a parlare di Cop26 in presenza, o meglio ibrida, che limiti l’accesso alla sede negoziale per garantire la presenza in sicurezza, con la paura però che sia un flop perché «molti accordi si trovano dietro le quinte».
Le Conferenze delle Parti (Cop), sono gli incontri annuali organizzati dalle Nazioni Unite per concordare efficaci politiche di contrasto al riscaldamento globale. A novembre 2021 in Scozia si terrà la ventiseiesima edizione, presieduta congiuntamente da Italia e Regno Unito. La Cop di quest’anno è particolarmente importante per due motivi: è la prima dallo scoppio della pandemia ed è chiamata ad aggiornare gli Accordi di Parigi, ovvero la più
avanzata intesa mai raggiunta in tema di lotta alla crisi climatica. In questo spazio bisettimanale ci proponiamo di raccontare le notizie, i meccanismi, i retroscena dei negoziati per il clima. Siamo arrivati al quinto numero, a questo link trovi i precedenti.
Il Viaggio in Europa di Kerry
Come un novello Goethe, l’inviato speciale Usa per il Clima Mr. John Kerry, è sceso in Italia, prima tappa del tour europeo.
Kerry sta provando a riportare il dibattito mondiale sul limitare l’aumento della temperatura entro il grado e mezzo – e non i due gradi dei quali molti si accontenterebbero – e per farlo «non c’è un’unica soluzione». Tra le soluzioni, però non possiamo inserire il gas fossile. O almeno questo sembra trasparire dalla lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera. Dopo essersi messo il camice da scienziato, Kerry fa presente come il metano che si libera dal gas fossile (di cui è il principale componente) abbia un effetto climalterante fino a ottanta volte più potente della CO2. La critica, nemmeno troppo velata, è ai piani per nuovi gasdotti che il ministro Cingolani gli ha mostrato durante il loro incontro - preceduto peraltro da un pranzo con Descalzi (Eni), Alverà (Snam) e Starace (Enel).
Questa settimana inoltre è uscito il report dell'Aie (Agenzia internazionale dell'energia) che ha detto chiaramente che non bisogna estrarre più combustibili fossili. Papa Francesco ha reagito con un tweet più esplicito che mai: «La tecnologia basata sui combustibili fossili, molto inquinanti, dev’essere sostituita, senza indugio».
Le nuove tecnologie
Il camice da scienziato non garantisce l’infallibilità: Kerry ha sostenuto ai microfoni della Bbc come gli americani non dovranno rinunciare al loro stile di vita per combattere il riscaldamento globale, arrivando a dire che la metà delle emissioni potrà essere ridotta grazie a tecnologie che ancora non conosciamo - citando come fonte imprecisati scienziati. Veterani del tema come il climatologo Michael E. Mann fanno notare la pericolosità di queste affermazioni. «La tecnologia esiste già. Non abbiamo bisogno di alcun miracolo» ha detto lo scienziato alla stessa Bbc. Anche l'attivista Greta Thunberg è dello stesso parere, e in un tweet ironico definisce le frasi di Kerry come «una grande notizia», spiegando che ne ha giusto parlato «con Harry Potter e Gandalf».
La legge spagnola sul Clima
In Spagna, intanto, è arrivato l’ok definitivo del Parlamento alla Ley de Cambio Climático y Transición Energética, il provvedimento sul clima voluto dalla Ministra per la Transizione Ecologica Teresa Ribera. Tra le decisioni prese a Madrid spicca lo stop immediato ad ogni nuovo permesso per attività di ricerca ed estrazione di combustibili fossili e il settantaquattro per cento di energia da fonti rinnovabile previsto per il 2030. La legge vieta anche la vendita di veicoli diesel o a benzina dal 2040 e fissa al 2042 la data di chiusura per ogni attività di produzione fossile sul territorio spagnolo - comprendendo quindi anche gli impianti già in funzione.
Obiettivi ambiziosi se paragonati a quelli di altri paesi europei – per confronto, l’Italia prevede di avere solo il trenta per cento di energia da fonti rinnovabili al 2030 – ma offuscati dal target di riduzione delle emissioni: solo il ventitré per cento nei prossimi nove anni. Un traguardo minimo, se pensiamo che la Germania punta a ridurre le proprie emissioni del sessantatré per cento nello stesso anno.
«Dobbiamo arrivare ad una riduzione di almeno il 55 per cento al 2030», scrive Greenpeace Spagna.
Nel seguente grafico, l’aumento in termini relativi delle emissioni di Spagna, Italia e EU-28 dal 1990 in avanti.
Timmermans non cambia idea sulla Pac
La Politica agricola comune (Pac) rappresenta la percentuale più sostanziosa del bilancio comunitario. Parliamo di circa quattrocento miliardi di euro: più di dieci leggi finanziarie. Quest’anno la Commissione europea ha approvato una nuova versione della Pac, ma ong e movimenti la hanno da subito criticata con forza. Troppo vicina agli interessi dei big del settore. All’inizio della settimana Timmermans, vicepresidente della Commissione, ha incontrato un gruppo di attivisti. «Timmermans ci ha detto di comprendere le nostre critiche, ma di non poter fare più di così» spiegano gli attivisti.
«Se l’incontro ha portato alla rottura tra attivisti e Timmermans? No, semplicemente perché un vero rapporto non è mai iniziato» Ci dice Martina Comparelli, una delle sei portavoci nazionali di Fridays For Future Italia. Max Herzog, attivista tedesco, rincara la dose: «(Timmermans) ha detto di sapere che, con questa Pac, rischiamo di superare comunque i tipping point (punti di non ritorno oltre i quali diventa impossibile contenere l’aumento della temperatura ndr). Ma non la ritirerà comunque perché la ritiene il male minore. Sul clima, però, non esiste male minore, non si può trattare».
Cop in presenza?
La questione della modalità di partecipazione alla Cop26 è stata molto discussa nelle ultime settimane. Il presidente dell’Alleanza dei Piccoli Stati Insulari (Aosis), che rappresenta trentanove paesi a rischio di inondazione, ha affermato che la Conferenza di novembre si dovrà fare in presenza e, per essere equa e giusta, dovrà essere garantita la partecipazione di tutti. Allo stesso modo la pensa Alok Sharma, presidente della Cop26. «Terremo conto degli imprevisti, ma faremo il possibile per assicurare che la Conferenza si svolga in presenza» ha dichiarato.
Non è della stessa idea invece Yvo de Boer, ex funzionario Onu e già presidente della Cop15 del 2009. Una conferenza ibrida, che limiti l’accesso alla sede negoziale per garantire la presenza in sicurezza, rischia di essere un flop perché «molti accordi si trovano dietro le quinte, in incontri informali e paralleli che richiedono presenza e libertà di incontro». Se la Cop non si potrà svolgere in condizioni del tutto normali, insomma, è meglio rimandarla.
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