Il progetto di riforma del voto in condotta risponde a un’emergenza culturale inasprendo le sanzioni. La risposta sbagliata a un problema serio. L’intervento della responsabile nazionale istruzione del Pd
Arriva in Commissione il progetto di riforma del voto in condotta più volte annunciato dal ministro Valditara. Si tratta dell’ennesimo provvedimento nato sull’onda emotiva di un fatto di cronaca, privo di qualsiasi strategia pedagogica e che diventerà legge quando il fatto di cronaca sarà stato dimenticato. La strategia è semplice: ci sono episodi di violenza nella scuola, bisogna allora punire di più e chi non è d’accordo sottovaluta la violenza, è lassista e “sessantottino”. Copione purtroppo già tristemente visto.
Noi non sottovalutiamo la violenza nella scuola. Anzi. La riteniamo grave e preoccupante. Sempre. E ancora più quando si manifesta all’interno della comunità scolastica perchè va a incidere su un bene prezioso: il benessere e la serenità di quella comunità.
Ci pare, però, che siano provvedimenti come questi a sottovalutarla non fornendo le giuste risposte. C’è un’emergenza culturale che si manifesta anche nella scuola in modo forte. Lo dimostrano anche episodi gravi come quelli avvenuti in questi giorni e che hanno coinvolto studenti, docenti, famiglie. A cui però si sceglie di rispondere con la sanzione e la punizione. Mentre l’obiettivo dovrebbe essere, oltre alla sanzione, sviluppare una cittadinanza attiva e solidale, facendo crescere nei giovani il valore e il rispetto dell’altro; la responsabilità civile ed etica, assegnando al voto e alla sanzione un valore formativo finalizzato al cambiamento in nome del senso repubblicano e democratico di una scuola per tuttə, a beneficio anche di chi nasce e cresce in un ambiente difficile, a chi ha meno mezzi economici o culturali, a chi sta affrontando difficoltà magari anche molto serie.
Per fare questo la scuola ha bisogno di risorse. Economiche ed umane. Ha bisogno di riqualificare la figura sociale dell’insegnante. Anche attraverso una rivalutazione del suo riconoscimento economico. Attraverso attività di formazione iniziale e aggiornamento continuo e gratuite che affinino gli strumenti per intervenire e interpretare le mutevoli situazioni. Per mettere in campo una didattica nuova. E attraverso un coinvolgimento della società, dell’intera comunità educante.
Serve una scuola rinnovata e rinforzata. E una riflessione complessiva. Serve ripensare il tempo scuola in un tempo lungo che organizzi anche le attività pomeridiane dei ragazzi e delle ragazze e dia spazi e strumenti di socialità che promuovano lo stare insieme e sulla relazione.
Servirebbe decidere che questa è una priorità comune. Invece il dibattito si concentra sulla volontà di ripristinare il voto numerico al posto della valutazione anche alla secondaria di primo grado e addirittura alla scuola primaria. Come se in questo modo si rendesse più efficace il processo di maturazione e crescita degli studenti. Si rende ancora più burocratico il meccanismo di giudizio e valutazione anziché valorizzare le procedure già in essere all’interno delle istituzioni scolastiche e la loro autonomia. Si cambia lo statuto degli studenti e delle studentesse dimenticando volutamente di coinvolgere i suoi protagonisti, tappa imprescindibile per ogni buona ed efficace riforma.
Ma rispondiamo all’urgenza della cronaca, pazienza se per farlo mettiamo in piedi un sistema che rischia di liberarci di chi ha più difficoltà. Eppure se la scuola non si cura di tutti i soggetti, restando indifferente alle diseguaglianze, i più fragili rafforzeranno il loro individualismo, preoccupandosi solo dei propri interessi anche fuori dalle regole comuni. E allora sarebbe necessario intervenire più e meglio sulle condizioni pedagogiche e strutturali del fare scuola.
Si dovrebbe valorizzare il patto di corresponsabilità tra scuola e famiglia, rendendolo una elaborazione sempre più partecipata e collettiva per ricostruire il dialogo necessario tra scuola, studenti, genitori e rifondare la fiducia nella scuola. Si dovrebbe operare per costruire progetti di comunità educante. Siamo ancora in tempo per fare il nostro dovere di politici e educatori. Lasciamo da parte la propaganda e lavoriamo insieme per le generazioni di domani
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