Lunedì ho letto su questo giornale un interessante editoriale del direttore Feltri, nel quale ha spiegato il suo auspicio per un’opposizione unita che «deve includere tutti, dal Pd ad Azione a Sinistra italiana ai Cinque stelle».
Solitamente concordo con le analisi del direttore, e altri passaggi di quell’editoriale mi vedono ugualmente d’accordo, ma su questo aspetto no. E credo che valga la pena rimarcarlo con forza perché ne va del futuro della sinistra e direi anche di questo paese.
Mai più mordersi la lingua
Uno dei pochi aspetti positivi della sconfitta elettorale è la libertà di fare opposizione. Quando si è al governo si è spesso vincolati da alleanze, bisogna stare attenti a non alterare equilibri molto delicati e a condividere le proprie idee con una maggioranza spesso eterogenea.
Soprattutto, quando si è al governo si rappresentano tutti i cittadini; non solo quelli che hanno votato per il proprio partito o che costituiscono la propria base politico-elettorale. Naturalmente tutto ciò porta a pesare le parole, ridurre le uscite più radicali e mordersi la lingua anche nel rispondere agli attacchi dell’opposizione.
Forse è anche questo che ha fatto male al Pd e alla sinistra: dopo dieci anni passati a morderci la lingua, è cominciato a uscire sangue. Anche perché troppo spesso, anche tra gli alleati di governo, eravamo gli unici a mordere davvero. Adesso che la batosta elettorale è arrivata, preannunciata peraltro non da poco tempo, finalmente staremo all’opposizione.
Non che io gioisca per la vittoria della destra, sia chiaro, ma dico “finalmente” rivelando (anche a me stesso) quasi un sollievo per la libertà di radicalità riacquistata. Finalmente non ci sono conseguenze istituzionali, di governo, di alleanze a ciò che diciamo. Io stesso posso scrivere questo commento senza temere di creare difficoltà al ministro Orlando con il quale ho collaborato nel governo ora dimissionario.
Finalmente no al liberismo
Finalmente possiamo (e dovremo) a gran voce condannare il liberismo travestito da liberalismo, anche tra chi ci è vicino politicamente, che ha portato a un aumento senza precedenti delle disuguaglianze.
Finalmente possiamo gridare a un’ingiustizia generazionale che vede redditi e opportunità delle fasce d’età più giovani ridursi sempre più, mentre la ricchezza è sempre più concentrata, annientando di fatto il futuro non solo di una generazione ma la sostenibilità di un paese intero.
Finalmente posso dire apertamente che la riforma di stage e apprendistato – chiesta ormai da tempo dalla mia generazione e a cui ho lavorato per oltre un anno, arrivando a un soffio dall’approvazione a poche settimane dalla caduta del governo – non è passata, come molte altre che abbiamo proposto contro la precarietà lavorativa, per l’esitazione di partiti non solo fuori ma anche dentro il governo.
Soffocati dalle differenze
Ecco, con questi partiti non ci si chieda ora di stare nuovamente stretti in un’alleanza di opposizione. Ci sono visioni differenti su questi temi tra i partiti di centro-sinistra, e queste importanti differenze non possono essere soffocate ulteriormente in nome di un’unità di facciata.
Questo non significa operare la scissione dell’atomo a priori, per carità, le convergenze si devono trovare e si troveranno, ma in seguito. Significa mettere prima sul piatto queste e altre battaglie identitarie, recuperando il rapporto con la base e con la società civile, e soltanto dopo vedere dei partiti intorno a noi chi ci sta.
Se invece prima apparecchiamo tavola con i partiti di opposizione e poi concordiamo il menu negoziando al ribasso sul massimo comun denominatore, saremo nuovamente costretti a morderci la lingua e – ancora peggio – lasceremo fuori chi da questi partiti non si sente rappresentato.
L’unità alla fine, non all’inizio
Che l’opposizione unita quindi venga eventualmente come risultato a valle di una proposta politica partecipata e visione di paese, non come prerogativa di partenza. Peraltro anche la destra ha rivelato profonde differenze nel proprio modo di fare opposizione nell’ultimo decennio, eppure la coalizione ne è risultata vincitrice.
Certo sono cambiati gli equilibri al suo interno, ma quei cambiamenti riflettono proprio la differente capacità dei partiti di dialogare con la propria base ed esprimere una visione chiara. Proprio Giorgia Meloni nelle sue interviste ha più volte rivendicato quanto questa vittoria sia il risultato di un lungo percorso di radicamento effettuato senza scorciatoie negli anni all’opposizione.
Ora noi dobbiamo fare lo stesso, con calma e meticolosità, senza cadere anche in questo frangente nella costante condanna a due pesi e due misure per cui deve sempre essere la sinistra a sacrificare la propria identità in nome della responsabilità.
Non possiamo continuare a morderci la lingua: già sanguina in uscita da questa tornata elettorale, se continuiamo a stringere rischiamo davvero di morire dissanguati.
© Riproduzione riservata