- Questa è una strage terribilmente annunciata. La campagna serrata di criminalizzazione del soccorso in mare e delle ong ha dato i suoi frutti peggiori. Le classi dirigenti e i governi italiani non paiono interessati a fermare la violenza libica dei campi di concentramento.
- Sia a livello nazionale che europeo serve un cambiamento radicale di politica sull’immigrazione. Se non si interviene rapidamente, si otterranno due risultati. Il primo sono le stragi in mare.
- Il secondo è la dipendenza da chi, come Erdogan, gioca sul piano di esternalizzazione delle frontiere europee parte del proprio futuro.
Commentare l'ennesima strage nel Mediterraneo, così terribilmente annunciata nonostante il silenzio e la rimozione collettiva sul tema dei migranti, non è semplice. Non è semplice proprio perché siamo di fronte ad un episodio che conferma terribilmente quanto viene detto da tempo senza ricevere ascolto. E cioè che serve, sull'immigrazione, sulla sua gestione, un cambiamento radicale. E questo è necessario sia a livello italiano che a livello europeo.
I morti, che verranno solo in minima parte recuperati in queste ore, raccontano in modo spietato la realtà che si è consolidata nel tempo. Una realtà che dice che le regole europee sono sconcertanti perché non favoriscono l'emersione legale dei cosiddetti flussi – che significa il viaggio di donne, uomini, bambini in carne ed ossa: vita vera e non numeri – nè la cooperazione tra gli stati – a cui in gran parte quelle regole van più che bene.
Una realtà che conferma la violenza dell'operazione libica dei campi di concentramento, il cui svuotamento pare non interessare mai fino in fondo le classi dirigenti e i governi del (bel)paese. Una realtà che ricorda come la campagna serrata di criminalizzazione del soccorso in mare e delle ong abbia dato i suoi frutti peggiori.
Cambiamento radicale
Quel che servirebbe, come ripetiamo da tempo in molti dal Parlamento europeo, è la revisione globale proprio delle regole usate sin qui, la cancellazione di "Dublino", la realizzazione di una missione europea di soccorso, la chiusura degli stessi campi libici, il congelamento di ogni forma di finanziamento alla guardia costiera libica (già foraggiato con soldi tolti alla cooperazione), la definizione di canali legali di accesso alle sponde europee.
Tutti obiettivi difficilissimi da raggiungere e praticamente impossibili da perseguire se le istituzioni continentali e nazionali, e tra di esse il governo italiano, non cambiano rotta su alcuni fronti. Dalla maggiore condivisione dei processi di accoglienza al rispetto dei diritti umani.
Sapendo che il tempo è sempre meno e che nel più grande cimitero del mondo, il Mare Nostrum, si accumulano le vite spezzate.
E sapendo pure che se non si interviene rapidamente, cambiando il segno delle politiche, si otterranno due risultati. Il primo sono le stragi in mare. Il secondo è la dipendenza da chi gioca sul piano dell'esternalizzazione delle frontiere europee una parte del proprio futuro.
E ogni riferimento a Erdoğan non è affatto casuale.
La drammatica gestione di Frontex, il Patto sull'immigrazione proposto dalla Commissione europea, e perfino i comportamenti e i tentennamenti del governo Draghi (in totale continuità con quello precedente), spiegano che non sarà però facile assistere ad una netta inversione di tendenza.
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