Tra i punti essenziali del nuovo programma di governo ci sarà il lavoro. Bene: occorre ridare forma a un sano e moderno approccio laburista. Ma oggi un sano e moderno approccio laburista colloca il lavoratore nel più ampio spettro sociale. Lavoro, previdenza, assistenza, sanità, istruzione e formazione spesso si muovono in sincrono, sono variabili interconnesse. Il progetto di Piano nazionale di ripresa e resilienza offre alcune indicazioni interessanti, a questo proposito. Ma sarebbe bene far tesoro anche dell'esperienza di questi anni.

Il Reddito di cittadinanza ci ha offerto l'opportunità di capire due cose importanti, apparentemente divergenti ma che giungono allo stesso punto. La prima cosa è che le politiche per il contrasto alla povertà e le politiche attive del lavoro hanno prassi, linguaggi e forme organizzative differenti, non sono sovrapponibili. La povertà si contrasta con l'assistenza sociale: i beneficiari chiedono servizi sociali, sanitari ed educativi, oltre ad un assegno per l'esistenza in vita. La disoccupazione e l'inoccupazione si contrastano anche con l'assegno per l'esistenza in vita, ma i beneficiari devono soprattutto disporre di formazione professionale, di mezzi d'inserimento lavorativo nelle imprese e di sostegno all'imprenditoria. Un conto è l'inserimento sociale, un conto è l'inserimento nel mercato del lavoro. Anche i soggetti coinvolti sono diversi: nel primo caso abbiamo a che fare con i servizi sociali del Comune, nel secondo caso con i centri per l'impiego.

Al centro c’è la famiglia

Eppure – ed è la seconda cosa che abbiamo capito dal RdC – la persona e la famiglia sono un'unità e sono il centro della questione. Le realtà istituzionali che gravitano attorno sono più d'una, ma il soggetto a cui si riferisce l'intervento è sempre lo stesso: è la persona o la famiglia in carne ed ossa, in una determinata città e in una determinata situazione che si modificherà nel tempo. Quindi il collegamento tra povertà e lavoro è importante.

È necessario compiere due azioni per rafforzare il RdC: precisare e implementare. Da una parte occorre precisare le politiche di contrasto alla povertà con alcuni cambiamenti allo strumento: le 8 proposte dell'Alleanza contro la povertà vanno considerate in questa luce. Si tratta di recuperare anche l'esperienza del Rei, che nasce da una lunga incubazione operata da istituzioni, università e società civile organizzata. Più in generale dovremmo anche precisare che per contrastare efficacemente la povertà occorrerà rafforzare anche le politiche di solidarietà sociale, per potenziare la grande Rete dell'inclusione sociale che dovrà garantire omogenei livelli essenziali delle prestazioni da nord a sud.

Dall'altra parte serve implementare, ossia realizzare una duratura infrastruttura per le politiche attive, anch'essa a rete. I centri per l'impiego sono l'esito di un pensiero che nasce a metà degli anni Novanta e che ora necessita – anch'esso – di un tagliando, di un ripensamento, soprattutto alla luce dei fenomeni emersi col Covid. I centri per l'impiego, ad esempio, troverebbero nuova forza in connessione coi centri di formazione professionale, per fare nascere dei competence center capaci di valorizzare il capitale umano che rischiamo di sprecare, se non operiamo seriamente azioni di skilling e re-skilling.

Il RdC ha coperto una maggiore platea di poveri con un sussidio più elevato rispetto al Reddito di inclusione. Ha anche saputo collegare la povertà al lavoro, anche se in modo non ancora efficiente ed efficace (anche a causa della pandemia). Ora dobbiamo procedere precisando e implementando. 

Serve implementare anche perché molto presto si affronterà una situazione potenzialmente esplosiva sul piano sociale. Serve precisare perché questa situazione è inedita. È anche una questione di metodo: serve una precisione almeno simile a quella evocata da Italo Calvino nelle sue Lezioni americane: la precisione e la determinazione che si oppongono alla vaghezza e all'abbandono al caso. Un tagliando preciso, ecco quel che serve.

 

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