Pubblichiamo l’intervento che Matthias Pfeffer, direttore del Council for European Public Space, ha tenuto il 7 novembre 2024 a Roma in occasione degli Stati generali della Rai
Onorevoli Senatori e Deputati, Signore e Signori,
Grazie mille per l’invito e l’opportunità di parlare con voi oggi. Vi prego di perdonare il fatto che non parlo italiano. Ho studiato il latino a scuola per otto anni, cosa di cui non mi pento fino a oggi, perché è stato lì che mi sono imbattuto per la prima volta nel concetto di res publica. L’idea della res publica, la cosa pubblica in cui le questioni che riguardano tutti vengono discusse pubblicamente, è nata qui nella Repubblica romana. Ma non solo. I Romani svilupparono anche il principio della separazione dei poteri. La divisione del potere tra il senato, i consoli e le assemblee è uno dei primi esempi di governo misto, in cui non tutti i fili del potere confluivano in un unico luogo, ma le istituzioni si controllavano a vicenda. I Romani la riconobbero come la migliore alternativa a un governo autocratico e tirannico.
La democrazia
Possiamo tutti constatare come questi concetti siano tuttora più che rilevanti per noi. È l’idea della separazione dei poteri che rende ancora oggi la democrazia la migliore di tutte le peggiori forme di governo sperimentate finora, come disse una volta Churchill. In sostanza, la democrazia non è solo l’ennesimo sistema per esercitare il potere, ma piuttosto un sistema di sorveglianza ed equilibrio per tenere il potere sotto controllo. Il potere, è risaputo, deve essere controllato in modo tale da non venire esercitato in maniera incontrollabile. Per raggiungere questo obiettivo, esso deve essere una res publica, una questione che si svolge in pubblico.
Il filosofo Karl Popper ha detto che il criterio più importante della democrazia è garantire la sostituzione del potere senza l’uso della violenza. Un punto di vista del genere getta una luce quasi positiva sul risultato elettorale negli Usa, dal momento che gli americani, per lo meno, si sono risparmiati una sanguinosa rivolta. Dopo tutto, lo stesso Trump aveva annunciato un “bagno di sangue” se non avesse vinto, poiché in quel caso le elezioni non sarebbero state “oneste”.
In una democrazia non solo il potere è condiviso, ma vi sono anche rispettati i diritti delle minoranze. La democrazia è un governo temporaneo. In essa, l’opposizione di oggi è il governo di domani, al quale il potere viene consegnato pacificamente. Una semplice maggioranza non deve mai essere sufficiente a decidere per tutti. Ciò pregiudicherebbe i diritti fondamentali della minoranza, ossia del 49 per cento della popolazione.
Il ruolo dei media
A partire dall’epoca dei mass media, è stato di uso comune aggiungere un altro potere ai tre menzionati in precedenza: i media indipendenti, i quali hanno il compito di accompagnare con spirito critico i poteri statali, di riferire tutto su di essi e di contribuire alla formazione delle opinioni dei cittadini. Una democrazia non può funzionare senza questa istituzione indipendente. Perché solo chi ha accesso a notizie e informazioni affidabili è in grado di prendere una decisione libera. Tale decisione libera, presa al più tardi alle urne, è l’atto più nobile della democrazia. Solo essendo in possesso di informazioni basate sui fatti, i cittadini possono partecipare al processo democratico. E solo a questa condizione può esistere l’esercizio democratico del potere, dal momento che esso viene legittimato da decisioni libere. È quindi dovere dello Stato salvaguardare il già esistente diritto fondamentale al libero accesso a informazioni verificate, come stabilito dall’articolo 11 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
L’esperienza tedesca
Vi siete riuniti per discutere sulla futura direzione della Rai. Consentitemi di condividere con voi alcune delle esperienze della Germania. In Germania la neutralità statale delle trasmissioni radiotelevisive e l’indipendenza dei media dallo Stato sono sancite dalla costituzione. Si tratta di una delle conseguenze del capitolo più oscuro della storia del ventesimo secolo, che collega Italia e Germania, nonché duemila anni di storia, a periodi molto migliori.
Goebbels aveva messo in riga i media e aveva trasformato il potere di suggestione dei media moderni, quali radio e cinema, in un potente strumento della sua propaganda disumana. Conosciamo tutti il risultato. L’Europa è sprofondata in macerie e cenere; 60 milioni di persone sono morte. Se la storia dovesse trovare un singolo effetto positivo del lavoro di Goebbels, lo potrebbe trovare solo nel fatto che dopo il 1945 furono fatti enormi sforzi per impedire per sempre che quella devastante macchina di porte potesse ripetersi. In Germania, i padri e le madri della costituzione hanno conferito alla stampa libera forti garanzie. L’articolo 5 della costituzione afferma: «Sono garantite la libertà di stampa e d’informazione mediante la radio e il cinema».
Ma persino in Germania, e ciò non sorprende, la legge non viene sempre applicata così come è stata scritta. Ci sono stati ripetuti tentativi di esercitare un’influenza sulle trasmissioni radiotelevisive pubbliche e, quindi, di violare così la costituzione. Nel 2008 un gruppo di dirigenti statali conservatori ha tentato di impedire il prolungamento del contratto del caporedattore della ZDF, Nikolaus Brender. Brender ha fatto ricorso, e uno degli stati federali ha portato la questione davanti alla corte costituzionale federale. La sentenza della corte costituzionale federale è stata un fulmine a ciel sereno che risuona ancora oggi nei media tedeschi.
La corte costituzionale federale ha condannato la pratica come incostituzionale (!) e ha invitato la ZDF e tutte le emittenti pubbliche a prestare maggiore attenzione a linee guida fondamentali nella nomina dei propri organi di vigilanza. Si trattava in particolare dell’«imperativo di garantire la diversità. Di includere persone con il maggior numero possibile di prospettive e orizzonti di esperienza diversi e provenienti da tutti i settori della comunità. Di tenere in considerazione i gruppi minoritari della vita pubblica. Di rispettare in maniera più coerente l’obbligo di garantire l’indipendenza dallo Stato del servizio pubblico di emittenza radiotelevisiva». Successivamente, i dirigenti statali hanno redatto un nuovo Trattato interstatale sull’emittenza radiotelevisiva.
Re
golamento europeo sulla libertà dei mediaOggi manca un giorno all’entrata in vigore di una nuova legge altrettanto importante. Domani, 8 novembre, entrerà in vigore la prima parte dell’Emfa,
il Re golamento europeo sulla libertà dei media. L’articolo 3 sancisce la diversità dei media: esso tutela «il diritto dei fornitori di servizi mediatici all’indipendenza editoriale».In altre parole, da domani avremo una legge europea che decreta l’indipendenza del personale editoriale nelle operazioni mediatiche. Ciò è significativo, poiché la Commissione europea, che oggi purtroppo qui non è rappresentata, ha annunciato ufficialmente che in futuro la libertà dei media si troverà al centro delle relazioni sullo Stato di diritto.
Cito il sito ufficiale dell’Ue: «La libertà e il pluralismo dei media garantiscono il flusso di informazioni e svolgono un ruolo chiave nel far sì che il potere risponda del proprio operato. La Commissione ha intensificato il suo lavoro in questo settore, ponendo la libertà dei media al centro delle sue relazioni sullo Stato di diritto».
Come tutti sapete, l’erogazione dei Fondi strutturali è legata al rispetto dei principi dello Stato di diritto. In realtà, si tratta di un fatto naturale. Fin dall’inizio l’Europa si è concepita come una comunità di popoli liberi uniti nella solidarietà, e che ha come obiettivo la pace e la libertà. Il fatto ovvio che tale scopo includa la garanzia della libertà dei media è ora diventato finalmente legge. Dopotutto, solo dei media indipendenti dal governo e un sistema giudiziario altrettanto indipendente possono verificare il corretto utilizzo dei fondi. Anche senza l’Emfa, l’interferenza politica nella Rai era già stata riconosciuta nella relazione della Commissione sullo Stato di diritto del 2024 (relazione nazionale per l’Italia).
I partiti fuori dal servizio pubblico
L’8 agosto entrerà in vigore il secondo pacchetto dell’Emfa, che all’articolo 5 prevede per il servizio pubblico di emissione radiotelevisiva delle ulteriori e cosiddette garanzie di indipendenza. L’articolo 5, tra l’altro, invita a presentare norme comuni quali una chiara definizione del mandato di servizio pubblico, solidi principi di gestione, nonché procedure «trasparenti, aperte, efficaci e non discriminatorie per la nomina e il licenziamento dei dirigenti dei media di servizio pubblico». Esso prevede, inoltre, che il loro mandato debba essere abbastanza lungo da impedire che siano soggetti a interferenze politiche. Inoltre, viene previsto un rigoroso controllo da parte delle autorità nazionali indipendenti.
Di conseguenza, i partiti politici devono essere esclusi dal processo di selezione. Ciò implica il trasferimento del potere parlamentare di selezione ad altri organi, come ad esempio un’autorità audiovisiva indipendente, oppure l’adozione di un modello di governance ancora meno invasivo come quello della Germania, dove i consigli di amministrazione dei media di servizio pubblico (Verwaltungsrat) sono selezionati da un Consiglio di emissione radiotelevisiva (Rundfunkrat) che rappresenta i gruppi sociali più importanti al fine di garantire il pluralismo.
L’Emfa protegge anche i giornalisti e i professionisti dei media dalle misure adottate dagli stati membri, e anche ciò dovrebbe essere naturale nell’Europa del Ventunesimo secolo. A mio avviso, l’Emfa ha quindi conseguenze enormi: in futuro i fondi strutturali europei saranno disponibili solo se la libertà dei mezzi di informazione verrà garantita a lungo termine.
L’Italia ha bisogno di una Rai indipendente
Onorevoli Senatori e Deputati, Signore e Signori,
A mio avviso, tutto ciò significa che è necessario porre fine sia alle leggi che alle norme apparentemente introdotte dal governo Renzi, sia all’attuale pratica di influenzare parzialmente la comunicazione di informazioni da parte della Rai. La mia conclusione è che, al più tardi dall’8 agosto, dovrebbe essere in atto un modello che garantisce l’indipendenza della Rai da qualsiasi influenza. Come sapete, la relazione della Commissione, che ha portato alla sospensione dei finanziamenti all’Ungheria, afferma esplicitamente che in Ungheria la libertà dei media non era garantita.
L’Italia, in cui ha avuto origine l’idea di res publica e che è un membro fondatore dell’Unione europea, non meriterebbe una discussione del genere con la Commissione. Sarebbe fatale se il paese in cui i Trattati di Roma hanno simboleggiato a suo tempo il risveglio dell’Europa da due catastrofiche guerre mondiali dovesse essere costretto a garantire i diritti fondamentali dei suoi cittadini tramite processi legali.
L’Italia ha bisogno dell’indipendenza della Rai e dei suoi media privati per un’altra ragione. Ad essere onesti, i nostri dibattiti sembrano appartenere al passato. Questi dibattiti si riferiscono a un’epoca in cui le emittenti nazionali erano le principali fonti di informazione per la popolazione, mentre le licenze e le frequenze erano limitate, per cui era necessario regolamentare chi potesse trasmettere e quale influenza potesse avere. Oggi viviamo da tempo nell’era della digitalizzazione transfrontaliera e dell’intelligenza artificiale. Quello che stiamo deliberatamente ignorando è l’intelligenza artificiale combinata con il potere delle grandi aziende tecnologiche. Ciò ha creato strumenti completamente nuovi e potenti mezzi per la creazione e la diffusione di informazioni. L’intelligenza artificiale, utilizzata nella sfera dell’informazione, può facilmente trasformarsi da utile strumento ad arma distruttiva.
La perdita del controllo sulle fonti
Secondo News Report di Reuters, l’anno scorso è stata la prima volta in cui oltre il 50 per cento dei cittadini della Germania, che non è un paese leader nell’ambito della digitalizzazione, ha reperito online le proprie informazioni in tema di politica. A dominare in quel paese sono le piattaforme appartenenti a società che provengono dagli Stati Uniti e dalla Cina. Le fonti d’informazione europee affidabili non vi hanno praticamente alcuna rilevanza. Uno studio condotto di recente in Canada ha dimostrato che ben il 3 per cento delle notizie mostrate su Facebook proviene da media autorizzati e, quindi, da giornalisti professionisti. In Europa il risultato non deve essere molto diverso. E l’avanzamento trionfale dell’intelligenza artificiale generativa consente di sottomettere al regime degli algoritmi non solo la distribuzione delle notizie, ma anche la loro generazione. Gli influencer del futuro sono algoritmi di intelligenza artificiale controllati da poche aziende dominanti a livello globale. E questa marcia trionfale è appena iniziata. Oggi non siamo nemmeno in grado di riconoscere le fonti dei risultati che Chat Gpt e compagnia forniscono in risposta alle nostre domande, né tantomeno di verificarle. Oggi l’Europa si trova davanti a un’enorme perdita di controllo innescata dal disfacimento della res publica digitale.
Il dominio delle piattaforme extraeuropee, su cui i nostri media più seri non svolgono più un ruolo di rilievo, è da tempo un dato di fatto. TikTok ha già raggiunto una posizione dominante sul mercato tra i giovani. I partiti che combinano messaggi particolarmente primitivi a esibizioni elettrizzanti hanno il maggior successo su TikTok. E i suoi algoritmi, in ultima analisi, sono controllati dal Comitato centrale del Partito comunista cinese, che non solo ignora la separazione dei poteri, ma la combatte ovunque essa sia praticata.
Tutti noi, in quanto cittadini europei, dobbiamo nutrire lo stesso interesse di fronte a queste minacce al nostro ordine sovrano. Se permettiamo che i nostri media più affidabili vengano distrutti, essi verranno sostituiti da fonti sia interne che esterne non controllate in alcun modo dalle società democratiche, ma dalle aziende e dagli stati che si trovano dietro agli algoritmi.
Tuttavia, nell’era della falsificazione, la fiducia è la moneta più importante per una società libera. Se indeboliamo ulteriormente quel che rimane del giornalismo di qualità, che si tratti di mezzi di comunicazione pubblici o privati già impotentemente alla mercé della spietata e iniqua concorrenza delle grandi piattaforme digitali, perderemo le nostre stesse fonti di informazione, e priveremo così i cittadini di un’autodeterminazione consapevole. Perdendo il controllo, i cittadini perderebbero anche la base dell’autodeterminazione. Questo non può accadere nel nostro interesse.
La lingua dell’Europa è la traduzione
Se per noi i nostri valori europei sono davvero importanti, abbiamo bisogno di volgere uno sguardo coraggioso a un futuro che corrisponda ai nostri valori, invece di guardare con costante nostalgia al passato, verso tempi apparentemente migliori. Se non guardiamo avanti, i protagonisti delle grandi aziende tecnologiche sottrarranno dalle nostre mani la possibilità di plasmare il futuro. Esse hanno già oggi a disposizione gli strumenti e le armi digitali per farlo.
Pertanto, oltre a una regolamentazione più rigorosa dei giganti digitali in Europa, propongo caldamente di adottare anche delle nostre misure al fine di costruire un’infrastruttura per le notizie e le informazioni che sia resiliente e affidabile. I dati sono la materia prima del mondo digitale, ma l’informazione, ossia l’informazione verificata, è la materia prima della democrazia. E lo Stato deve garantire che questa materia prima possa costituire un servizio di interesse generale per la democrazia. E ciò senza interferire con la libertà editoriale.
Pertanto, da un lato vi prego di rafforzare l’indipendenza della Rai. Di sostenere i giornalisti che lavorano presso le redazioni della Rai. Incoraggiateli a riportare le notizie in modo critico, indipendente e basato sui fatti. Perché tutti noi, nell’era dell’intelligenza artificiale, abbiamo bisogno di media forti, e solo quelli indipendenti lo sono.
Vi chiedo inoltre di prendere parte alla creazione di una piattaforma europea di informazione che metta a disposizione dei cittadini europei tutte le notizie delle emittenti europee nella loro lingua. Si tratta di un concetto basato su un’idea di un grande italiano molto famoso. Una volta a Umberto Eco è stato chiesto quale potesse essere la lingua dell’Europa. Ci si aspettava che la risposta fosse esperanto o inglese. Ma Eco rispose che la lingua dell’Europa è la traduzione.
Oggi, per la prima volta nella storia, esiste una tecnologia che consente la traduzione in tempo reale in tutte le lingue europee. Utilizziamo questa tecnologia affinché i cittadini europei possano scambiarsi a vicenda le informazioni al di là dei confini nazionali e linguistici, e comunicare così meglio tra di loro. Si tratta di un frutto a portata di mano, poiché con un investimento di pochi milioni di euro renderemmo accessibili le notizie delle emittenti europee, cosa che costa ai cittadini europei 27 miliardi di euro all’anno. Utilizzeremmo solamente quel che abbiamo già, ma lo renderemmo transfrontaliero e accessibile a tutti i cittadini. Ciò aumenterebbe in un baleno la diversità dei media in tutti i paesi e creerebbe per la prima volta una res publica europea comune, la cui mancanza ha finora impedito all’Europa di crescere di più in maniera unita.
Una via di uscita
Signore e Signori, la Rai è stata fondata nel 1924 e quest’anno ha compiuto cent’anni. Nel 1935 è stata posta sotto il controllo del ministero della Propaganda. Vi prego di prendere decisioni chiare al fine di garantire che questo oscuro periodo rimanga un’eccezione storica.
C’è un modo di dire molto popolare in Germania e, credo, anche in altri paesi: tutte le strade portano a Roma. Questo è stato vero per me oggi, e vi ringrazio per avermi permesso di venire a parlarvi in questa splendida città, città in cui con i Trattati di Roma del 1952 l’Europa si è proposta di porre fine alla guerra e alla mancanza di libertà. Il risultato è stato un periodo di pace e prosperità senza precedenti in questo nostro continente che ha sofferto così a lungo.
Ne sono convinto: i sentieri della res publica, della democrazia e dello Stato di diritto non si interromperanno mai a Roma, ma risplenderanno sempre dalla città eterna, dove è nato il concetto di res publica.
Invece di passare all’italiano, di cui con mio grande rammarico non ho raggiunto la padronanza, vorrei concludere con una citazione dalle mie lezioni di latino: Dimidium facti qui coepit habet; sapere aude; incipe! “Cominciare significa aver fatto metà dell’opera; osa conoscere; comincia!” dice il poeta romano Orazio. E Immanuel Kant ha fatto di questa frase il motto dell’Illuminismo, che per lui rappresenta l’uscita dall’immaturità autoinflitta. Per favore, contribuite a garantire che l’Europa trovi una via d’uscita dalla propria immaturità autoinflitta.
Grazie di cuore per la vostra attenzione.
Traduzione di Marco Valenti
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