Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dopo la prima serie dedicata alla sentenza della corte d'assise di Bologna che ha condannato all'ergastolo Paolo Bellini per la strage di Bologna, il Blog mafie pubblica una seconda serie che si concentra sul ruolo dei mandanti


Occorre a questo punto soffermarsi sull'analisi che venne fatta del c.d. "documento Bologna" nell'ambito del procedimento sul crack del Banco Ambrosiano, ove il giudice dott. Bricchetti svolgeva la funzione di giudice istruttore. Sostiene la Procura generale che un'attenta analisi dell'attività investigativa svolta nel corso delle indagini relative al Banco Ambrosiano evidenzia più di un'anomalia, imputabile alla Guardia di Finanza delegata, con particolare riguardo ai documenti inoltrati dall'autorità svizzera in esecuzione delle richieste di assistenza giudiziaria.

Tale anomalia emerge da una specifica indagine svolta nei confronti degli ufficiali di polizia giudiziaria che in quella fase assistevano l'autorità giudiziaria milanese. DG. e C., all'epoca rispettivamente maresciallo e tenente della G. di F. di Milano; essi sono stati indagati per i reati di favoreggiamento e falso ideologico, per avere omesso di segnalare all'autorità giudiziaria la peculiarità dell'intestazione del "Documento Bologna", posta in epigrafe al documento stesso a segnare un legame tra la città di Bologna e i flussi finanziari riportato nel seguito, nell'ignorare dolosamente il collegamento necessario, affermando quindi l'impossibilità di trarre qualsiasi conclusione dall'analisi dei flussi, senza l'individuazione del collegamento o quantomeno senza rilevare come ogni conclusione era condizionata e falsificabile dal significato attribuibile all'intestazione. Il procedimento fu in seguito archiviato per intervenuta prescrizione. Ma la contestazione ha consentito di svolgere un'opportuna indagine per comprendere quale intento avesse mosso i due ufficiali di p.g. indicati come i principali collaboratori del capitano Magistro firmatario della "Relazione". […].

Al contempo, tuttavia, era stata avviata attività di intercettazione proprio per verificare se quell'iniziale ipotesi di reato si fosse concretata e dalla consumazione di quei reati fosse derivata ulteriore attività delittuosa connessa al reato di strage. Ed in effetti le intercettazioni hanno permesso di acquisire importanti elementi che confermano che quell'indagine del 1987 sui documenti di Gelli non fu limpida e che ragionevolmente dalle sue modalità potevano prospettarsi indizi di reato a carico dei due finanzieri. Una prospettiva che, dato il tempo trascorso, non si è potuta sviluppare, ma che ha comunque permesso di riversare nell'indagine principale i contenuti del!' indagine secondaria per la fondamentale incidenza di quest'ultima sulla prima.

In seguito ad attività di captazione ambientale (dee. int. 50/19), si documenta una conversazione tra i due ufficiali, che rivela un loro disorientamento nel momento in cui cercano di capire le ragioni dell'indagine nei loro confronti in relazione al depistaggio (in senso atecnico) per la strage di Bologna. […]. Può concludersi da questa conversazione che i dialoganti non volessero ostacolare le indagini. Ciò non esclude che potesse averlo fatto soltanto uno, all'insaputa dell'altro. Al di là di questo, deve convenirsi come sia interessante la frase pronunciata da C., secondo il quale l'iniziativa degli investigatori di dubitare della loro buona fede, allo stato degli atti, era giustificata: "hanno ragione"; e, ancora, "se io fossi loro, avrei fatto la stessa cosa". […] Premesso che da una simile situazione in linea generale non si può trarre alcun elemento di colpevolezza, nel caso specifico dalla stessa intercettazione si può cogliere come l'ex ufficiale di p.g. [inteso C.] si sia limitato a seguire il consiglio dell'avvocato, probabilmente dettato dalla delicatezza e gravità dei temi di accusa.

Resta, invece, più problematica la posizione dell'allora maresciallo DG., essendo emerso dalle deposizioni e dai documenti prodotti che egli materialmente collaborò con i magistrati milanesi nell'ambito dell'indagine per il banco Ambrosiano.

Tuttavia, la constatazione che egli risulti essere stato condannato per otto reati di corruzione, un reato di concussione ed undici reati di collusione dal 1988 in avanti (cfr. certificato del casellario) non può ritenersi sufficiente per azzardare qualsivoglia conclusione. Ci si deve limitare a prendere atto del decreto di archiviazione anche della posizione di quest'ultimo per intervenuta prescrizione del reato. Non può nemmeno escludersi che l'omessa fotocopiatura della pagina contenente la menzione alla città di Bologna abbia costituito una mera negligenza da parte di chi se ne occupò.

Vi sono, peraltro, ulteriori elementi di anomalia che tradirebbero la mancanza di trasparenza dell'attività svolta dalla Guardia di Finanza.

Il primo attiene all'individuazione del titolare del c/c n. 3700 RC acceso presso la Trade Development Bank di Ginevra, accreditato in data 3.9.1980 della somma di 240.000 USD, che costituisce il primo movimento nel "documento Bologna". Infatti, a pag. 21 del rapporto della G.di F. in data 15.7.1987 si legge che il beneficiario della somma (denominato "Nunzio") "potrebbe identificarsi in Giancarlo Di Nunzio, nato ad Anghiari il 18.12.1948". Si trattò di un accertamento parziale, poiché in data 20.6.1983 la Trade Development Bank di Ginevra comunicò agli inquirenti che, unitamente al nipote Giancarlo Di Nunzio, risultava contitolare del c/c anche Giorgio Di Nunzio. L'avere omesso di rilevare il nome Giorgio Di Nunzio, che sarebbe in tesi d'accusa il vero titolare del conto, ebbe la conseguenza di distogliere l'attenzione da una figura centrale nella vicenda, quale era quella del predetto uomo di affari. Di ciò oltre.

Infatti Roberto Di Nunzio, figlio di Giorgio (quest'ultimo deceduto il 24.10.1981) all'udienza del 7.5.2021, ha riferito in merito agli stretti rapporti intrattenuti dal padre con l'esponente di Ordine Nuovo, Aldo Semerari e, soprattutto, delle sue relazioni con Mario Tedeschi, Federico Umberto D'Amato, Marco Ceruti, Francesco Pazienza, Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte, personaggi di sicuro rilievo nell'ambito della vicenda relativa alla strage del 2 agosto 1980.

Il testimone ha riferito dell'amicizia tra il padre e il cardinale Egidio Vagnozzi, ex rappresentante della Santa Sede presso il governo U.S.A. ed in seguito implicato nella gestione delle finanze vaticane. AI riguardo, occorre osservare come il cardinale fosse legato, a sua volta, da stretta amicizia con Federico Umberto D'Amato, come emerge dalla deposizione del prof. Aldo Sabino Giannuli (...), il quale ha anche fatto riferimento ad un'operazione di speculazione edilizia compiuta da Vagnozzi con l'aiuto di D'Amato.

Infine, il col. Massimo Girando ha ricordato come il cardinale Vagnozzi avesse un forte legame personale con John J. Tumpane, presidente della Tumpane Company (TUMCO), una società dell'intelligence militare statunitense che curava la gestione di una rete di sistemi radar in Italia (,,,). È emerso che nell'anno 1978 Vagnozzi e Tumpane abitavano entrambi a Roma in via Massimi n. 91, in un edificio dello IOR, nel quale è stato accertato che trovò rifugio, sempre nel 1978, il noto esponente delle Brigate Rosse e latitante Prospero Gallinari, complice dell'assassinio dell'On. Aldo Moro.

Tali profili, al di là di mere suggestioni, appaiono importanti per comprendere che l'indicazione del nominativo di Giorgio Di Nunzio avrebbe potuto fare emergere già all'epoca tutta una serie di relazioni personali utili ai fini delle indagini sulla strage. A ciò si aggiunga che, nel momento in cui venne depositata l'informativa riguardante i movimenti dei fondi provenienti dal Banco Ambrosiano (15.7.1987), il mar. DG. doveva ben conoscere la figura di Giorgio Di Nunzio e i suoi rapporti con Calvi e Pazienza, il quale ali' epoca era imputato con Licio Gelli nel processo per la strage del 2.8.1980, che ebbe una forte eco mediatica. È stato poi accertato che DG., durante le indagini sul crack del Banco Ambrosiano, coadiuvò l'Ufficio Istruzione del Tribunale di Milano e partecipò anche agli interrogatori del 24.6.1986 e del 10.7.1986 di Francesco Pazienza, nell'ambito dei quali questi accusò Giorgio Di Nunzio di avere ricattato Roberto Calvi. Una seconda anomalia attiene alla relazione in data 2.10.1985, sottoscritta sempre da DG., avente ad oggetto l'esame della documentazione relativa ai conti di Francesco Pazienza presso la FINANZCO Est. di Vaduz. Dalla pagina 10 in avanti della relazione, vengono analizzati i movimenti in dare e in avere sui conti della FINANZCO, società off-shore messa a disposizione di Francesco Pazienza da Alain Aboudaram SA.

Orbene, tra gli accrediti non figura un versamento di 190.000,00 USO effettuato il 22.4.1981 sul conto n. 5002968, che la Finanzco deteneva presso la National Bank Chicago di Ginevra. Tale versamento, per contro, emerge dalla relazione c.d. Pelli trasmessa ai Commissari Liquidatori del Banco Ambrosiano in data 10.6.1986, nella quale venne evidenziato anche tale accredito, sfuggito invece al mar. DG. riepilogo anzidetto. Anche in questo caso l'omissione è rilevante, se si considera che presso la Chicago City Bank di Ginevra aveva la disponibilità di un c/c anche Gilberto Cavallini, il quale nel gennaio 2020 è stato condannato quale concorrente nella strage del 2 agosto 1980 dalla Corte di Assise di Bologna.

[…] Per la verità, la più significativa anomalia attiene all'interrogatorio di Licio Gelli del 2.5.1988 innanzi alla A.G. di Milano, in cui risulta, tra l'altro, che l'assistenza ai magistrati fosse fornita proprio dal mar. DG. Nell'occasione all'imputato fu chiesto di spiegare le annotazioni del "documento Bologna", ma gli venne esibita solo una parte del documento, quella dedicata alle somme di denaro, mentre non gli fu mostrata l'intestazione del documento, indicante la dicitura "BOLOGNA - 525779 - X-S.", elemento che avrebbe potuto costituire oggetto di domande o di chiarificazioni e far così emergere un collegamento con il capoluogo emiliano. A conferma di quanto sopra, dalla lettura dei verbali di interrogatorio emerge che a Gelli non venne chiesto nulla circa l'intestazione "BOLOGNA" del documento da lui stesso redatto.

In merito a tali circostanze è stato escusso all'udienza del 12.5.2021 il dott. Renato Giuseppe Bricchetti, il quale svolse le funzioni di giudice istruttore nel procedimento relativo al crack del Banco Ambrosiano. Nell'ambito della relativa inchiesta, egli fu il primo ad interrogare l'ex capo della loggia P2, in data 2 maggio 1988. […] Il testimone ha confermato che nel corso del suddetto interrogatorio non venne posta alcuna domanda all'indagato in relazione alla città di Bologna, la quale risultava tuttavia menzionata (...) nella relazione della G.d.F. del luglio del 1987. Il dott. Bricchetti ha riferito di avere visto il documento per la prima volta nella sua forma originale a forma di "libretto", che si apre in quattro scomparti solo quando, nel febbraio del 2019, gli venne mostrato dalla Procura generale di Bologna […]. Ha ricordato, infatti, che nel corso dell'interrogatorio, l'appunto venne mostrato a Gelli, ma in una versione priva del frontespizio, nel quale era presente il riferimento alla città di Bologna. Le stesse domande poste in tale circostanza dal teste furono frutto di una disamina non dell'atto in originale, bensì della relazione trasmessa allo stesso dalla G.d.F. [...]

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