È lontano dal mafioso vecchio stile Nicola Mandalà. Nei comportamenti non si ispira al suo mentore Binnu Provenzano. Non si fa mancare nulla: “alberghi di lusso, donne, cocaina, champagne”. In Italia si muove con automobili di grossa cilindrata. Frequenta il casinò di Saint Vincent
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per una ventina di giorni pubblichiamo ampi stralci della sentenza in rito abbreviato dell’inchiesta Gotha del 2006, quando a Palermo finiscono in carcere vecchi boss e nuove leve due mesi dopo l’arresto di Provenzano Bernardo.
Nicola Mandalà torna a New York con il sodale di Villabate Ignazio Fontana il 18 marzo del 2004. A lui, uomo di fiducia di Provenzano, sta a cuore il rapporto di collaborazione con le famiglie consorelle negli Stati Uniti.
L’affare degli stupefacenti è al centro della sua attività di imprenditore mafioso.
Nicchi alla fine rinuncia al viaggio. Sono le pressioni di Rotolo a bloccarlo. Il capo di Pagliarelli teme che gli accordi con la Cosa Nostra americana finiscano per riportare in Italia gli Inzerillo, ancora assetati di vendetta, con il placet degli altri boss palermitani.
È un profondo conoscitore del mercato della droga Nicola Mandalà.
Cerca in tutti i modi di mediare con Nino Rotolo, attraverso i contatti con Gianni Nicchi. Vuole fargli capire che con gli Inzerillo si può ragionare. Per questo motivo accompagna Sandro Mannino, vicino agli Inzerillo, presso il residence di viale Michelangelo per un summit in cui spera di raggiungere con Rotolo un accordo in grado di “blindare” le intese con i mafiosi d’oltreoceano, senza peraltro riuscirvi.
In ogni caso, Mandalà percorre anche rotte diverse dalla Palermo-New York. Ad esempio il Venezuela, dove vuole acquistare una fattoria, da utilizzare in caso di fuga dalla Sicilia.
Nicola cura gli acquisti nel dettaglio. Tanto che ai suoi collaboratori offre indicazioni precise circa quantità, tipo di sostanza (cocaina), qualità e grado di purezza (non tagliata).
Tratta grossi quantitativi di cocaina, il capo della famiglia di Villabate.
E si confida con la sua compagna Tiziana Messina, mentre la polizia li intercetta. A volte incappa in partite di scarso valore. Racconta di aver subito in una importante operazione un danno economico di 600 milioni di vecchie lire: “mille chili…….. ce ne hanno dato un poco… qualche dieci chili… ed era “fumeri”, dice l’altra deve arrivare, poi invece non è arrivato più niente, quella era “munnizza”.
Da quel momento, Nicola la cocaina la prova personalmente prima di acquistare grossi quantitativi. Lo confida a Tiziana, la sua compagna:
“Mandalà: Mi sono fatto un tiro mezz’ora fa..;
Messina: perché..?;
Mandalà: .perché c’è lo qua, perché praticamente, siccome dovevamo prendere questa “cosa”, e lo dovuta provare..ed è...;
Messina: Ed è?;
Mandalà: perfetta…;
Messina: avevamo fatto una promessa..;
Mandalà: E..vabbè..e che significa, ho fatto uno..cosi per provare com’era…c’ero io, e lo provata io; io mai lo fatta una cosa così..è una cosa impressionante..;
Messina: ah…è fortissima..;
Mandalà: …è terribile,… è la fine del mondo..;
Messina:La state prendendo..?;
Mandalà: Già l’abbiamo presa;
Messina: Quanto..?;
Mandalà: ..UN CHILO”.…
È lontano dal mafioso vecchio stile Nicola Mandalà.
Nei comportamenti non si ispira al suo mentore Binnu Provenzano, ossia al modello di colui che non ostenta alcun consumo superfluo, che non esalta il suo ruolo con oggetti e gesti clamorosi. E’ lontano anni luce da quei boss che, consapevoli dell’instabilità della propria posizione conquistata e mantenuta con metodi violenti, evitano qualunque manifestazione eclatante della propria potenza per non eccitare i concorrenti invidiosi.
Francesco Campanella, il consulente finanziario con cui Nicola tratta operazioni per milioni di euro, parla di un “tenore di vita eccessivo, da principe di mille e una notte”. Parte spesso per viaggi all’estero, immancabilmente in “business class”, e non si fa mancare nulla “alberghi di lusso, donne, cocaina, champagne”.
In Italia si muove con automobili di grossa cilindrata. Frequenta il casinò di Saint Vincent. I suoi estratti conto medi, per le sole carte di credito, sono di 15.000 euro al mese.
Per pagare tutte le persone che stanno sotto di lui ogni mese gli servono 600.000 euro.
Profitto, denaro e potere sono gli scopi della vita di Nicola Mandalà, a cui Provenzano ha affidato il comando di cinque famiglie mafiose a est di Palermo: Bagheria, Ficarazzi, Villabate, Belmonte Mezzagno e Misilmeri.
Nicola vuole incrementare il provento delle estorsioni. Nicola vuole reinvestire e ripulire le enormi quantità di denaro illegalmente acquisito.
Certe somme non è possibile né nasconderle né tenerle ferme. Bisogna muoverle in continuazione con operazioni lecite o illecite.
Sulle carte ufficiali il boss di Villabate figura come semplice impiegato della Enterprise Service srl, ma ha una notevolissima disponibilità di denaro. In realtà è il dominus della società. La Enterprise Service dispone di agenzie affiliate alla Snai, giuochi e scommesse connesse ad attività sportive, e sale Bingo. In quelle agenzie affiliate, parallelamente, si accettano anche scommesse clandestine.
Al di là della formale ripartizione del capitale e delle cariche sociali ogni decisione importante attinente alla società è rimessa a Nicola. È lui che: percepisce i guadagni; segue personalmente l’iter burocratico amministrativo delle vicende concernenti le attività; decide sulle assunzioni, sui licenziamenti, sulle controversie tra gli impiegati e sull’amministrazione in ordine alla quantificazione e corresponsione degli stipendi; funge da supervisore e da riferimento ultimo per coloro che, in parallelo all’attività ufficialmente autorizzata, raccolgono scommesse clandestine su gare sportive e manifestazioni ippiche.
L’uomo di Provenzano tiene contatti con imprenditori e politici.
Accarezza un ambizioso progetto. Vuole entrare nell’affare della costruzione di un ipermercato Auchan a Villabate, con cinema multisala e centinaia di negozi all’interno. È una operazione da 200 milioni di euro condotta da imprenditori romani.
Mandalà intende controllare da una parte le assunzioni per i lavori e i subappalti, dall’altra conquistare spazi propri all’interno del centro commerciale da gestire direttamente con soggetti mafiosi o da affidare a cartelli commerciali a cui imporre il pizzo fin dall’insediamento delle singole attività. Muoverà tutte le sue pedine per ottenere quel risultato.
Anche il boss di Villabate, che ha prestato il rituale giuramento pungendosi il dito e sfregando il suo sangue sulla “santina” che brucia, è un imprenditore mafioso molto quotato in Cosa Nostra. È un ibrido fra tradizione e innovazione.
Nicola investe la quasi totalità delle sue energie nell’accumulazione, adeguandosi al processo di modernizzazione in atto nella intera società italiana, che ha fatto del denaro il parametro principale per valutare la posizione sociale di ciascuno. Anche nel caso di Mandalà, l’arricchimento economico si coniuga con la ferocia della organizzazione.
Ma la “carriera” di Nicola si interrompe con l’arresto nel gennaio del 2005.
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