Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dal 29 luglio è iniziata la prima serie dedicata alla sentenza della corte d’assise di Bologna che ha condannato all’ergastolo Paolo Bellini per la strage di Bologna e ha squarciato il velo su alcuni mandanti


Ripercorrendo il contenuto delle veline, la Corte milanese ricorda la situazione di scompiglio e disorientamento determinata fra i militanti dallo scioglimento di Ordine Nuovo, seguita da un processo di riorganizzazione, attivato da soggetti ben precisi.

L’assetto organizzativo della nuova struttura, deputata ad operare in assoluta clandestinità e libertà rispetto a formazioni politiche presenti in Parlamento, attraverso nuclei dislocati nelle principali città italiane, composti da "accoliti fidati e li disposti a tutto"; l’individuazione di altri gruppi con cui stringere rapporti di collaborazione; il termine massimo di sei mesi (dal 15 dicembre 1973 al 15 giugno 1974) per completare tali operazioni. Ciò significa che la nuova organizzazione risultante dallo scioglimento di ON si presenta con caratteristiche ancora più aggressive e determinata ad affrontare la sfida con le istituzioni, portando alle estreme conseguenze i piani elaborati sin dagli anni ’60, costituendosi in massa di manovra disponibile per ogni avventura.

L’organizzazione nei mesi successivi comincia a strutturarsi; è presente in diverse realtà del settentrione con epicentro a Milano, ma con imminente attivazione a Padova. La nuova organizzazione che prende il nome Ordine nero è già operativa a marzo, avendo rivendicato - dal 13 marzo al 10 maggio 1974 - ben otto attentati in diverse città, in massima parte del Nord.

La sentenza ricorda che il volantino di rivendicazione della strage di Brescia reca la sottoscrizione di Ordine nero e di Anno zero, una rivendicazione mai smentita a fronte dell’adozione, da parte del gruppo terroristico, di una rigida regola comportamentale, quanto alla rivendicazione dei soli attentati effettivamente compiuti.

Vi è poi la velina che abbiamo trascritto in precedenza. La sentenza ne sottolinea gli aspetti indicativi della continuità e del ricompattamento delle forze eversive di destra dopo lo scioglimento di Ordine Nuovo, l’identità degli obiettivi perseguiti, della strategia per realizzarli, delle concrete modalità attuative. Ritiene non casuale che il discorso di Maggi, riportato dalla fonte, riguardi una nuova organizzazione extraparlamentare di destra, includente ex ordinovisti e strutturata su due livelli: l’uno, clandestino, coinvolgente un numero molto ristretto di partecipi di chiara fede e l’altro palese, poggiante su circoli culturali ispirati alla medesima ideologia. Tale organizzazione si denominava Ordine nero, la stessa che figura nel volantino di rivendicazione della strage.

La velina successiva riferisce che il gruppo ex Ordine Nuovo è in contatto con Pino Rauti con il quale programma di incontrarsi per discutere argomenti scottanti quali l’appoggio a Freda e nuove linee strategiche dell’azione eversiva. Ciò dimostra come la progettualità del gruppo avesse un respiro ampio, legato a una collocazione politica di carattere strategico all’interno di un complesso progetto eversivo. Nella successiva velina si fa riferimento a una riunione tenutasi nei pressi di Bellinzona, alla quale aveva partecipato la fonte Tritone, con rilevante partecipazione dello stesso livello di quella che avrebbe dovuto essere la precedente riunione romana con Pino Rauti.

E’ interessante notare come si dia conto della smentita dell’attentato al treno Italicus, demandata al gruppo di Milano. Il che spiega e conferma la correttezza dell’ipotesi investigativa che attribuisce l’attentato al treno Jtalicus al diverso gruppo toscano riunito intorno al Fronte nazionale rivoluzionario di Mario Tuti. Distinzione che si connette alla precisa rivendicazione identitaria di Ordine nero come organizzazione degli ex ordinovisti, raccoltisi, dopo lo scioglimento coatto di ON, intorno al periodico Anno zero, i cui leaders continuano ad essere Pino Rauti, Clemente Graziani, Elio Massagrande e Salvatore Francia.

L’affermazione che gli attentati terroristici andavano orientati su "obiettivi ben definiti e remunerativi", con esclusione di "attentati indiscriminati". L’azione bresciana contro i militanti sindacali rientrava evidentemente in questo ambito.

La rivendicazione della diretta derivazione di Ordine nero dal disciolto Ordine Nuovo, alla cui leadership viene riconosciuta identica posizione di vertice richiama i contenuti della riunione di Abano del 25 maggio, allorquando Maggi definì il team dirigenziale del gruppo con le stesse figure di prima, aggiungendovi se stesso e Giangastone Romani. Sostiene la Corte milanese come non debba essere trascurata la perfetta corrispondenza, quanto alla scelta mirata degli obiettivi da colpire, fra la tattica operativa di Ordine nero – riportata nell’appunto in esame - e quella descritta da Maggi nella riunione di Abano. Per altro verso viene sottolineata la scelta di rivendicare esclusivamente gli attentati di cui Ordine nero fosse concreto artefice. Da qui la mai intervenuta smentita della prima rivendicazione.

La Corte richiama quindi gli altri elementi di prova raccolti nell’opera ricostruttiva di quanto andava avvenendo nella estrema destra all’indomani dello scioglimento del Movimento Politico Ordine Nuovo, rilevanti nel suo lavoro di ricostruzione delle responsabilità per la strage.

Cita la deposizione di Marco Affatigato e la riunione romana con decine di partecipanti per dare continuità politica ad Ordine Nuovo con la decisione di creare un organo di stampa Anno zero, come tale insuscettibile di scioglimento, deputato ad interagire con un omonimo movimento politico, fungendo da organo di propaganda e reclutamento, e la creazione di un gruppo paramilitare con finalità politiche identiche a quelle perseguite da ON agente in clandestinità. Si tratterebbe in sostanza della stessa organizzazione di cui parla Tramonte.

Altre conferme che Anno zero e Ordine nero siano le forme in cui si riattiva il disciolto Ordine nuovo, la Corte milanese trae da una testimonianza di Sergio Calore. Da qui la conferma dell’attribuibilità dell’attentato a questa organizzazione che nasce e si costituisce a Padova il 25 maggio con la decisione di compiere l’attentato.

Nel momento in cui la Corte dipana la matassa del ruolo di Tramonte, quale informatore e concorrente nell’azione stragista, individua nell’atteggiamento depistante assunto dal Centro Servizio di Padova, rispetto alla data delle informazioni riportate nell’ appunto allegato alla nota dell’8 luglio, un ulteriore elemento che sostiene il ruolo effettivo di Tramonte, ma rende ancora una volta oscuro il ruolo del Servizio rispetto all’accertamento dei fatti e delle responsabilità.

Scrive la Corte che la provata posticipazione della data in cui tali informazioni, concernenti innanzi tutto la riunione del 25 maggio in casa Romani, erano state acquisite dal maresciallo Felli- scartata, per la sua assoluta inverosimiglianza, l’ipotesi del banale intoppo burocratico - tradisce l’intento del Centro C.S. di Padova di tutelare, oltre che se stesso, la propria fonte, distanziando il più possibile le notizie dal tragico evento. E l’unica spiegazione che i dati processuali e la logica consentono è individuata nel!’ effettiva partecipazione della fonte stessa alla riunione preparatoria della strage.

Tramonte, dunque, era presente ed aveva piena contezza del contenuto del monologo di Maggi e di quanto esso si collegasse strettamente al programma eversivo sviluppato e messo a punto nei sei mesi successivi allo scioglimento di Ordine Nuovo ed ai discorsi - altrettanto eversivi - fattigli appena una settimana prima dallo studente di Ferrara con riferimento ad una struttura terroristica già operativa in varie città del Nord. Ancora una volta si conferma che i Servizi sapevano o avrebbero potuto sapere, non intervennero e dopo la strage non informarono e non prevennero gli accadimenti successivi attraverso un’azione repressiva immediata che poteva essere attuata, rendendo necessario comprenderne e approfondirne ruolo e azione.

Altri dati utili emergono nella parte della sentenza che riguarda l’azione di Carlo Maria Maggi da analizzare con attenzione anche perché Maggi è una fondamentale fonte di prova anche nel nostro processo, non potendosi considerare all’oscuro di tutte le successive azioni stragiste. Maggi fu condannato per il reato di ricostituzione del partito fascista, tale fu considerata l’organizzazione Ordine Nuovo di cui fu uno dei vertici.

I giudici della Corte d’assise di Venezia ricostruirono la storia di ON. La Corte di Milano la ripercorre. Anche questa Corte ne deve tenere conto. La denominazione fu utilizzata per la prima volta all’inizio degli anni ’50; indicava una corrente interna al MSI, di ispirazione evoliana, facente capo a Pino Rauti.

Nel 1956 Rauti e i suoi sostenitori, ritenendo troppo moderata la direzione, erano usciti dal partito, dando vita, in sede locale, ad autonomi Centri, che, sotto la denominazione

di "Ordine Nuovo" - ovvero, indifferentemente, di Centro politico Ordine Nuovo o Centro culturale Ordine Nuovo - operarono fino al 1969 con proprie strutture organizzative, fra cui il Direttorio nazionale e gli Ispettorati regionali. Maggi fu a capo dell’Ispettorato del Triveneto.

Rauti, in una sua lettera, acquisita in uno dei processi, ebbe a motivare la decisione di uscire dal MSI con l’impossibilità "di avallare un atteggiamento che era estraneo agli scopi originali e ad una politica che tradiva la vocazione più alta del MSI, cioè la continuità delle battaglie combattute sotto le insegne della Repubblica Sociale Italiana".

Nel dicembre 1969 ebbe luogo quella che venne definita "l’operazione rientro" di Ordine Nuovo nel MSI. La spaccatura determinatasi nel partito alla fine degli anni ’50 era, tuttavia, solo apparentemente ricomposta. Il rientro, lungi dal rappresentare il frutto di una rivisitazione critica dell’ideologia e della strategia di ON, con conseguente avvicinamento alle posizioni istituzionali e moderate del partito, era soltanto una scelta tattica per porsi al riparo dal rischio di un’azione repressiva che, dopo gli attentati dell’epoca, avrebbe prevedibilmente assunto forme più dure verso chi non avesse avuto una copertura

istituzionale, quale l’immunità parlamentare. Nel 1969 Rauti spiegò che, pur permanendo quasi tutte le ragioni che avevano portato alla scissione, il radicale cambiamento della situazione politica aveva creato la necessità di trovare riparo sotto "l’ombrello protettivo" di un partito sedente in Parlamento. Al contempo lo scopo era di conquistare consensi dall’interno, specie fra i giovani. Non tutti gli ordinovisti storici avevano tuttavia aderito alla svolta, per cui i Centri Studi Ordine Nuovo avevano continuato ad esistere e ad operare fuori dal MSI.

Nel 1970 Clemente Graziani aveva costituito il Movimento Politico Ordine Nuovo.

Secondo le sentenze citate non vi era alcuna incompatibilità fra l’appartenenza ai Centri Studi, ancorché rifluiti nel MSI e al Movimento Politico. La posizione di Signorelli, di Vinciguerra, di Cicuttini e di Nessenzia era emblematica, avendo tutti continuato ad operare in Ordine Nuovo, nonostante fossero iscritti al MSI e - quanto a Signorelli e Cicuttini - con cariche all’interno del partito. A conferma della continuità tra il Movimento ed il vecchio Centro studi l’adozione dello stesso simbolo (l’ascia bipenne) e dell’identico motto ("Il nostro onore si chiama fedeltà’’).

© Riproduzione riservata