Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’assoCiazione Cosa vostra. Dopo la prima serie dedicata alla sentenza della corte d'assise di Bologna che ha condannato all'ergastolo Paolo Bellini per la strage di Bologna, il Blog mafie pubblica una seconda serie che si concentra sul ruolo dei mandanti


La carriera di D'Amato fu sostanzialmente immune da veri cedimenti, tant'è che il consulente ritiene che, anche dopo il pensionamento, continuò a svolgere un ruolo fondamentale.

E qui vale la testimonianza di Claudio Gallo che fornisce informazioni relative ai rapporti ai più alti livelli con il capo della polizia Parisi e con il Presidente della Repubblica Cossiga. D'altra parte, la pubblicazione del libro di memorie "Menu e Dossier" nel 1984, all'atto del pensionamento, rivela un personaggio che può permettersi di alludere bonariamente ai vezzi gastronomici di tutti i personaggi del potere dell'epoca, lasciando intendere l'ampiezza delle informazioni disponibili su ciascuno di essi.

Il consulente spiega le ragioni per cui D'Amato dovesse reputarsi il capo di fatto dell'Uar dalla metà degli anni '60, in coincidenza con l'avvio della strategia della tensione. La sua direzione si protrasse per otto anni, periodo "durante il quale lo Uaarr conobbe accentuato sviluppo organizzativo: la qualità e la quantità del flusso informativo crebbero in modo vistoso" (pagg. 91-92). Il consulente illustra accuratamente il sistema delle informazioni e delle note raccolte dagli informatori, alcune delle quali "non utilizzate", cioè non inoltrate al Capo della Polizia e trattenute nei suoi uffici. Le informazioni erano al livello delle Direzioni nazionali dei partiti.

Tra i fiduciari più importanti e noti il maresciallo Ermanno Alduzzi di Milano: "abilissimo in queste relazioni era il maresiallo Ermanno Alduzzi, che fu il responsabile della "squadra 54" dello Uaarr a Milano dal 1966 al 1978 e poi, continuò a fare lo stesso lavoro per il Sisde, sino alla fine degli anni Ottanta. Leggendo i rapporti della squadra 54 e quelli personali di Alduzzi, c'è di che scrivere la storia della città di Milano in quei venti anni: dalla Borsa Affari al 'corriere della Sera", dall'Università Statale alla Curia, alla Federazione del Pci all'Ospedale Niguarda, dal Comune, all'estrema destra, dalla Dc alla stessa Questura. Un talento non comune" (pag. 93).

"Al gettito dei fiduciari si aggiungeva quello - rilevantissimo - dei servizi paralleli, frutto della personale abilità diplomatica e del prestigio di D'Amato" (pag. 94).

Un'osservazione interessante riguarda la modestia dei fondi attribuiti al servizio negli anni della direzione D'Amato. A tale carenza il D'Amato rimediava con sue tecniche personali per procurarsi risorse informative (scambiando notizie o offrendo favori di vario genere).

Una grande quantità di informazioni proveniva a D'Amato dai suoi rapporti con le polizie occidentali, oltre che dai suoi rapporti con il Vaticano, in particolare con la singolare Università cattolica che fu la Pro Deo di Felix Morlion: «Il nuovo capo dello Uaarr seppe costruirsi un fitto giro di pubbliche relazioni che lo poneva al centro di numerosi flussi informativi e questo fu alla base della sua principale intuizione: le informazioni non hanno solo un valore di uso ma anche e soprattutto un valore di scambio» (pag. 97). L'Uaarr con D'Amato divenne un vero e proprio servizio di intelligence, con una cultura politica, del tutto divergente da quella dei servizi militari.

Da notare che "I militari avevano fatto della dottrina sulla guerra rivoluzionaria la propria cosmogonia. Ed erano rimasti estranei all'evoluzione del quadro politico europeo che, fra i Cinquanta ed i Sessanta, aveva visto tramontare le formule centriste a vantaggio di una crescente consociazione al potere delle socialdemocrazie.

Diverso il percorso delle polizie che, per la loro maggiore aderenza al potere politico, avevano mantenuto il contatto con le evoluzioni sociopolitiche in atto. E, per quanto rigUarda il caso italiano in particolare, occorre ricordare che la DC non aveva mai fatto sua la teoria della "guerra rivoluzionaria", come dimostrano gli atti della Il Conferenza Internazionale della Lega della Libertà (Roma 21-22 novembre 1961) e la totale assenza di esponenti democristiani al convegno dell'Istituto Pollio a Parco dei Principi (Roma 3-5 maggio 1965).

Questa evoluzione della cultura politica dei servizi di polizia si coglie con particolare evidenza leggendo i carteggi del Club di Berna che ebbe in D'Amato il suo principale promotore ed ispiratore" (pagg. 98-99).

D'Amato aveva, in particolare, capito che le divisioni nel fronte della sinistra, a livello nazionale e internazionale, erano reali e che su di esse si poteva lavorare nella prospettiva della stabilizzazione del sistema. In gioco non era il maggiore o minore anticomunismo rispetto ai militari, ma la sua diversa e più aggiornata lettura della situazione politica.

La contrapposizione alla Cia dei funzionari di polizia europea rispetto al problema del contenimento dei comunisti fu compensata da una maggioranza vicinanza ai governi nazionali. Nel 1966 la Cia aveva varato il piano Chaos per infiltrare uomini nei gruppi di sinistra, fomentare provocazioni e attentati e fruire dei contraccolpi politici di tali azioni.

Le polizie politiche europee si difesero dall'invadenza americana, mantenendo uno stabile rapporto fiduciario dei capi della polizia con elementi forti del potere politico. In Italia D'Amato ebbe come propri referenti prima Taviani e poi Cossiga.

Il sistema delle "cordate" aveva caratterizzato il servizio segreto civile nel corso del tempo.

Tale sistema serviva a garantire le attività illegali del servizio nella raccolta di informazioni e nell'esecuzione di operazioni che, proprio in ragione dei mezzi e modi adoperati, esigeva che l'intera filiera di commando fosse gestita da persone del tutto fedeli alla scala gerarchica da cui proveniva in ultima istanza l'input.

Si tratta di un modello molto interessante per le valutazioni da svolgere in questa sede.

La cordata facente capo a D'Amato è stata la più importante del servizio e questo spiega la sua influenza anche dopo il collocamento a riposo.

Uno dei maggiori risultati professionali del D'Amato fu la costituzione del c.d. club di Berna, un comitato informale che riuniva i capi dei servizi di sicurezza civili dei maggiori paesi europei, inclusa la Svizzera, esclusa la Cia e i servizi militari. Tale comitato di coordinamento e scambio di informazioni aveva precisi scopi di sviluppo delle relazioni tra i servizi di sicurezza; vi erano compresi i problemi del terrorismo e della sicurezza, in maniera diversa dalla "fede" dei militari e della NATO nella "guerra rivoluzionaria", di cui il manuale Westmoreland era la summa.

Tutto ciò procurò al D'Amato un incidente di percorso senza conseguenze.

È un fatto che la sua iniziativa e la sua preminenza ali' interno del Comitato gli creò nemici tra i militari, tanto da essere indagato nel 1972 dal Sid come spia dell'Est, in ragione dei suoi rapporti con funzionari di polizia rumeni, sin dagli anni Cinquanta. L'azione del Sid si ferma nel 1973.

Quest'azione contro D'Amato si pone in concomitanza con l'emergere di un altro club nel quale sono presenti sia D'Amato che i vertici dei servizi militari e la P2 di Gelli.

La situazione è così descritta: "Altra coincidenza, siamo nel periodo di grande ascesa di un altro Club, quello di Licio Gelli denominato Loggia P2, cui, come si ricorderà, appartenevano tanto D'Amato quanto diversi dirigenti del Sìd (Miceli, MaLetti fra gli altri). E c'è un altro punto di contatto fra P2 e Club di Berna: come si sa, Gelli era stato in contatto con i servizi rumeni sin dagli anni Cinquanta (quando il Sifar lo sottopose ad indagine sospettandolo agente dei sovietici) e con la Romania aveva continuato a fare lucrosi affari, ancora negli anni Sessanta e Settanta, peraltro vicinissimo alla sua Loggia era l'addetto culturale dell'AmbasCiata rumena a Roma dottor Ciobanu. E, sul finire degli anni Settanta troviamo in una riunione del Club di Berna un rappresentante dei servizi rumeni" (pagg. 125-126). La partecipazione di quel personaggio non trova una spiegazione sicura, ma si profila già in quegli anni il ruolo della P2 come camera di compensazione dei conflitti tra i servizi.

Sui rapporti con il Delle Chiaie troviamo altre interessanti osservazioni. Anzitutto, per i vertici del Msi (Almirante, Pisanò, Nencioni) Delle Chiaie sarebbe stato "un agente consapevole" dell'Uar (e successive denominazioni). Gli uomini di An, messi sotto accusa, minacCiarono l'Uar di diffondere la notizia di essere stati finanziati dal servizio e di essere stati corteggiati da molte figure istituzionali.

Viene citato un documento uffiCiale dell'organizzazione del 1975.

Ricorda il consulente come "le veementi smentite di Delle Chiaie trovavano il controcanto negli altrettanto sdegnati dinieghi dei responsabili dello Uaarr, ma, né le prime né le seconde convincono" (pag. 133). Che An abbia avuto rapporti con lo Uaarr è conSiderato pacifico, nonostante le interessate smentite: troppi gli elementi indizianti che escludono la casualità. Per Giannuli quei rapporti hanno attraversato fasi alterne ed hanno avuto una complessità ben maggiore di un mero rapporto confidenziale. L'interpretazione proposta vede Delle Chiaie e lo Uar soci occasionali in reciproco rapporto di strumentalizzazione, con una progressiva evoluzione nel tempo.

L'Uar si serviva dell'organizzazione di Delle Chiaie per infiltrare la sinistra. A Delle Chiaie interessava, invece, una sponda nel mondo dei servizi per ottenere finanziamenti nel giro dei finanziatori dell'eversione e disporre di una protezione.

Quel rapporto creò tuttavia a D'Amato problemi dopo piazza Fontana. Gli attentati ai treni e al Palazzo di giustizia di Milano del 1969 furono attribuiti da D'Amato agli anarchici perché - errando, dato che quelle bombe furono collocate dal gruppo di Freda e Ventura - ritenne che il terrorismo non avesse la capacità tecnica di realizzare quegli ordigni. Da qui la scelta della pista anarchica per il 12 dicembre [In nota: secondo il consulente "di tanto ci informa una relazione al Club di Berna del settembre 1970 fatta da Federico Umberto D'Amato. Questa relazione era il rifacimento di altre relazioni (di cui furono rinvenute più stesure da questo stesso Ctu iniziate nell'agosto 1969" {pag. 135)]

Che si trattasse di "errore" suscita motivati dubbi che vengono puntualmente enunCiati.

Va dato atto che la lettura del prof. Giannuli è su questi e su molti altri punti è condivisa dallo storico che ha dedicato all'Uar e a D'Amato ben due studi recenti, il prof. Giacomo Pacini il quale tuttavia sostiene che D'Amato per lunghi mesi omise di riferire ai colleghi europei sulla strage di piazza Fontana. I punti deboli e dolenti per l'Uar furono le bombe di Roma, nelle quali fu inizialmente coinvolta An.

In generale, per i depistaggi che gli uffici della polizia svolsero sulle bombe del 12 dicembre, contribuendo a coprire l'azione dei responsabili e di quanti vi avevano concorso (si segnala il contributo dell' Aginter press di Guerin Serac). Oltretutto i servizi militari che avevano coperto gli ordinovisti si distinsero nel fornire prove dell'azione dall'Uar per l'individuazione della falsa pista anarchica. Sta di fatto che Delle Chiaie e An sono risultati estranei agli attentati milanesi; a carico della stessa organizzazione stanno, invece, sul piano indiziario gli attentati contemporanei a Roma.

A questo proposito il consulente si chiede il senso della coincidenza temporale tra i diversi attentati, pur oggettivamente diversi tra loro in termini di gravità.

Ne abbiamo questa risposta: "Resta la straordinaria coincidenza di tempo (che non è credibile sia stata casuale) e che occorre spiegare in qualche modo. Peraltro, non si capisce che senso possano aver avuto degli attentati di effetto così limitato e con cariche così deboli, quando, nello stesso momento si procedeva con un attentato incomparabilmente più grave: cosa avrebbero aggiunto alla gravita della giornata i deboli botti romani? Forse c'è un altro modo di spiegare questa coincidenza che non sia quella della partecipazione cosciente all'eccidio.

An potrebbe essere stata indotta a quegli attentati dimostrativi allo scopo di creare una pista di diversione e, nello stesso tempo, coinvolgere lo Uaarr in modo da neutralizzarne l'azione investigativa e renderlo sodale nell'opera di depistaggio. Di fatto fu esattamente quel che accadde: lo Uar si impuntò sulla pista anarchica, che aveva già iniziato a costruire dagli attentati della primavera-estate, probabilmente per una diversa operazione. E, di conseguenza, dovette partecipare attivamente ai depistaggi sulla pista nera".

Si tratta di ipotesi. Il dato certo è la partecipazione dell'Uar alla costruzione della falsa pista anarchica. Certamente i rapporti dell'Uar con Delle Chiaie esistevano ed erano attivi. E Delle Chiaie aveva infiltrato propri uomini nei gruppi anarchici romani.

Altro momento di collegamento tra l'Ufficio diretto da D'Amato e il Delle Chiaie è il c.d. "golpe Borghese", al quale ragionevolmente il gruppo di Delle Chiaie partecipò. Come sappiamo, gli uomini di Delle Chiaie erano riusciti a penetrare nel Ministero dell'interno, ritirandosi dopo avere trafugato un'arma come prova dell'accesso. Chi aveva fatto entrare i congiurati all'interno del palazzo si ritiene fosse un uomo molto vicino a D'Amato, tale Salvatore Drago, iscritto alla P2 come D'Amato, medico fiscale del Ministero.

Secondo il prof. Giannuli è da escludere che D'Amato non sapesse nulla del tentativo di Borghese, se non altro per la sua dimestichezza con gli uomini di An che furono proprio quelli che occuparono il Viminate. Un'azione di quella portata non poteva avvenire a sua insaputa.

Perché dunque l'aveva assecondata non avendo alcun interesse alla sua riuscita, visto che la gestione era tutta nelle mani di militari? Le ipotesi sono diverse. O intendeva farla andare avanti, sapendo che sarebbe fallita e da ciò avrebbe tratto vantaggio. Ovvero "dietro il golpe (o preteso tale) c'era un gioco più sottile, una manovra avvolgente cui il golpe serviva solo come pretesto e D'Amato era parte di questa seconda e più raffinata operazione? Questa ci pare l'ipotesi più razionale e credibile, ma dovremmo saperne di più e i documenti a disposizione non ci consentono di andare oltre ".

Sta di fatto che l'Uar finì sotto i riflettori dell'opinione pubblica, con una sempre maggiore esposizione, "la cosa peggiore che possa capitare a un servizio segreto".

Un capitolo della relazione è dedicato all'azione di spionaggio dell'Ufficio nei confronti del partito comunista e del successo conseguito con l'arruolamento tra i propri informatori di un'importante giornalista aderente a quel partito, in stretti rapporti con i vertici. In realtà, secondo ciò che sostiene D'Amato, l'arruolamento fu un modo che astutamente il partito accettò per trasmettere alla polizia segreta informazioni che dimostrassero la sua accettazione delle regole democratiche.

Qui il consulente attribuisce a D'Amato un ruolo importante nel mutamento di percezione del partito comunista e per l'acquisto della "cittadinanza di sistema" da parte di quel partito, neutralizzando la possibilità di un'alternativa antisistema.

Ma la situazione era ancora più complessa. In primo luogo, per l'esigenza di capire il ruolo dei gruppi extraparlamentari di sinistra in rapporto all'azione del principale partito di sinistra. Da qui l'esigenza di ottenere anche informazioni riservate, con infiltrati e confidenti.

L'illustrazione dei metodi e criteri di assunzione degli infiltrati è molto interessante, ma esula dai nostri scopi. Lo stesso dicasi per la vicenda Feltrinelli. L'avere contribuito ad avvicinare la Dc e il Pci, portò il Pci a conSiderare D'Amato un intoccabile. Nondimeno la strage di Brescia ne determinò la caduta, di cui sono illustrate le causali di fondo. I suoi protettori, anche nella sinistra, nulla poterono per impedire una

rimozione richiesta da molte parti in modo trasversale.

È questo un punto di snodo fondamentale. Se il sostegno a D'Amato arrivava fino al Pci è impensabile che lo stesso potesse essere chiamato in causa per la strage di Bologna. Una "confortevole caduta" la definisce infatti il consulente, visto che D'Amato continua a collaborare con l'Uar, e poi con il Sisde, in modi vari che il consulente descrive e che Io vedono al servizio del Sisde (retribuito) fino a qualche anno prima della morte. Ma le riunioni con Parisi e Cossiga sono ancora più recenti. Ed in generale anche sulla base delle

stesse parole di D' Amato, il consulente individua una sua frenetica attività fino agli anni Novanta, mentre è da escludere anche per Giannuli che le attività giornalistiche e di scrittore possano avere procurato i guadagni che lo stesso D'Amato dichiara di avere acquisito con le pubblicazioni, le recensioni gastronomiche e l'attività giornalistica in genere. Il sospetto (ma solo tale) per Giannuli è che il personaggio abbia svolte attività occulte nell'ambito dell'intelligence. Certamente le relazioni intrecCiate in trent'anni di polizia politica al vertice, non potevano estinguersi da un giorno all'altro.

In conclusione, la relazione Giannuli conferma che D'Amato era assolutamente in grado di svolgere con personaggi come Gelli e Delle Chiaie qualsiasi tipo di operazione richiesta, in una fase nella quale esigenze di qualsiasi tipo avrebbero reso necessario assecondare iniziative volte a provocare un trauma necessario a mantenere un certo assetto di sistema. D'Amato non si è mai nascosto dietro scrupoli legalitari o etici; è stato un uomo di potere, ha mantenuto un tenore di vita altissimo ed ha potuto utilizzare il potere deterrente delle informazioni riservate di cui disponeva nei confronti dei possibili avversari; le vicende che aveva superato e il potere di ricatto accumulato lo rendevano nella sostanza invulnerabile e potevano procurargli una certa sensazione di onnipotenza e impunità.

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