Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della sentenza della Corte d’appello sulla condanna dell’ex senatore Tonino D’Alì, ex sottosegretario agli interni di Forza Italia, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa


Da questa “base di partenza” che si declina in termini di estrema fiducia del sodalizio nei riguardi dell’imputato e di estrema disponibilità di quest’ultimo verso Cosa Nostra il tutto peraltro da un tempo talmente lungo da potersi parlare di rapporti stabili e consolidati- deve prendere le mosse l’analisi delle successive vicende, a partire dall’inizio dell’esperienza politica del D’Alì.

Sempre secondo il Sinacori quando vi furono le prime elezioni dopo “Mani Pulite” (cioè le prime della c.d. Seconda Repubblica), Cosa Nostra aveva pensato (in particolare trattavasi di una idea di Bagarella Leoluca, cognato di Riina Salvatore) di creare un soggetto politico nuovo – Sicilia Libera nel quale sarebbero stati esposti “soggetti puliti” (ma di cui il sodalizio poteva “fidarsi ciecamente”), che avrebbe dovuto portare in Parlamento (nazionale e regionale) le istanze del sodalizio (una sorta di partito di Cosa Nostra); poi però tale progetto non ebbe seguito e si decise (anche per volontà di Messina Denaro Matteo e Provenzano Bernardo) di appoggiare Forza Italia, che in effetti monopolizzò – in quella prima tornata elettorale della “Seconda Repubblica” – tutti i collegi siciliani. Ebbene, in quella tornata elettorale nazionale (1994) si candidò e fu eletto al Senato della Repubblica proprio il D’Alì.

Al riguardo, il Sinacori ha sostenuto di essere certo che la candidatura e l’elezione di D’Alì fosse voluta da Cosa Nostra e da Messina Denaro Matteo, in particolare. Invero, il Sinacori non aveva commentato né la candidatura né l’elezione del D’Alì con il Messina Denaro ma ciò solo perché non ve ne era bisogno e perché lo stesso collaboratore di giustizia riteneva "ovvio" il collegamento tra i due soggetti (Messina Denaro Matteo ed il D’Alì), visti gli stretti rapporti, anche familiari, intercorrenti tra i medesimi soggetti.

Tali dichiarazioni del Sinacori vanno lette in uno (e si fondono) con quelle di Cannella Tullio (sulla cui attendibilità si condividono i positivi giudizi espressi dal Gup alle pagine da 164 a 166 della sentenza di primo grado, da ritenersi riportati e trascritti in questa sede), secondo le quali, nel primitivo progetto di costituzione del partito Sicilia Libera, Virga Vincenzo aveva indicato proprio il D’Alì come soggetto sul quale puntare a livello elettorale (v. pagg. 160-162 della sentenza di primo grado), in tal modo riscontrando il fatto che Cosa Nostra considerasse l’imputato uomo tanto "a disposizione" da potersi "fidare ciecamente" di lui.

Addirittura il Cannella doveva incontrare il D’Alì su volontà del Virga - e quindi per conto di Cosa Nostra nell’ambito della costituzione di quel nuovo soggetto politico denominato Sicilia Libera “ma nel frattempo (gli) fu comunicata la scelta di appoggiare lo stesso soggetto (cioè il D’Alì ) quale candidato in un’altra lista” (Forza Italia), il tutto sempre per volontà di Virga Vincenzo, che quindi aveva avallato ed intendeva supportare la candidatura del D’Alì.

Il Cannella è chiaro nel riferire che il Virga gli aveva espressamente detto che si doveva appoggiare il D’Alì, in quelle elezioni politiche del 1994, anche dopo la sua candidatura in Forza Italia (cfr. pagg. 163 e 164 della sentenza di primo grado). Al Cannella fu detto da Buffa Michele, uomo di fiducia del Virga, che il D’Alì era “persona nostra, nelle mani nostre”, cioè a disposizione di Cosa Nostra ed, in particolare “nella disponibilità di Virga” (cfr. pag. 164 della sentenza di primo grado).

Sempre secondo il Cannella, Bagarella Leoluca (“Corleonese” ed esponente di spicco della Cosa Nostra palermitana, nonché cognato di Riina Salvatore) poteva influenzare le candidature all’interno di Forza Italia tramite Mangano Vittorio, sebbene lo stesso Cannella non sia stato in grado di riferire se il D’Alì fu candidato proprio tramite questo “canale”.

In sostanza, il Cannellà non ha saputo riferire se fu Cosa Nostra ad indicare la candidatura del D’Alì ma certamente il Virga e Cosa Nostra trapanese appoggiarono nel 1994 - con tutta la loro forza la candidatura di D’Alì e ciò nella ferma convinzione che lo stesso D’Alì fosse soggetto a piena disposizione e di fiducia, come d’altra parte confermato dalla coeva vicenda del Fondo Zangara (si pensi che il saldo del prezzo del fondo Zangara fu versato al D’Alì e poi da costui restituito a Messina Denaro Matteo secondo il meccanismo già sopra descritto appena poche settimane prima delle votazioni politiche nazionali del 1994).

In sostanza, le dichiarazioni del Sinacori e del Cannella si saldano e si corroborano sul punto della cieca fiducia di Cosa Nostra nell’imputato e della corrispondente piena disponibilità di costui nei riguardi del sodalizio, se solo si consideri che:

il Sinacori ha indicato il D’Alì come soggetto in strettissimi rapporti con i Messina Denaro e pienamente nella disponibilità di costoro; il Sinacori ha sostenuto che Virga Vincenzo non disdegnava di utilizzare tale disponibilità e quindi si rivolgeva ai Messina Denaro per ottenere favori dai D’Alì; il Sinacori ha sostenuto che Sicilia Libera doveva operare come una vera e propria espressione politica di Cosa Nostra, in cui dovevano essere candidati soggetti pienamente a disposizione del sodalizio ma anche "puliti" (ovviamente all’apparenza) e “presentabili” al corpo elettorale:

il Cannella ha evidenziato che Virga Vincenzo aveva proposto di candidare - per le elezioni del 1994 - in Sicilia Libera proprio l’odierno imputato (ritenendolo, quindi. di piena fiducia ed a completa disposizione); quando il progetto di Sicilia Libera è tramontato, il D’Alì è stato comunque candidato nel collegio di Trapani per il Senato, sebbene nelle liste di Forza Italia, che era il partito che Cosa Nostra appoggiava; il Cannella ha sottolineato come il Virga avesse dato disposizioni di appoggiare comunque la candidatura del D’Alì, sebbene ormai nelle liste di Forza Italia.

In sostanza, tali dati risultanti dai due collaboratori di giustizia appena citati si sposano tra loro e si pongono in assoluta continuità ed armonia coi dati in precedenza esposti, in relazione al fatto che il D’Alì non solo fosse soggetto a disposizione e di assoluta fiducia per gli esponenti di massimo livello in Cosa Nostra ma anche che operasse fattivamente su loro richiesta, come risulta dalla vicenda del fondo Zangara e come risulta dalla candidatura del 1994 e, come si vedrà, anche dalla sua disponibilità ad incontrare il Virga e mafiosi di Paceco per discutere i termini dell’appoggio elettorale (circostanza che fuga ogni dubbio sulla presenza di un accordo elettorale politico/mafioso tra il D’Alì e Cosa Nostra in relazione alle elezioni del 1994).

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