Con rapporto congiunto del 13 luglio 1982 la Squadra Mobile di Palermo ed il Nucleo Operativo Carabinieri di Palermo denunciavano al Procuratore della Repubblica di Palermo Greco Michele ed altre 160 persone, quali responsabili di vari reati di associazione per delinquere, di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, nonche' di numerosi omicidi...
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie del Blog Mafie è dedicata al maxi processo in occasione del trentunesimo anniversario della strage di Capaci
Con rapporto congiunto del 13 luglio 1982 la squadra mobile di Palermo ed il Nucleo operativo carabinieri di Palermo denunciavano al procuratore della Repubblica di Palermo Greco Michele ed altre 160 persone, quali responsabili di vari reati di associazione per delinquere, di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, nonché di numerosi omicidi cronologicamente compresi tra l'omicidio di Bontate Stefano, avvenuto il 23 aprile 1981, e l'omicidio di Corsino Salvatore, avvenuto il 17 aprile 1982.
In tale rapporto la mafia veniva descritta come un'organizzazione criminale costituita da un coacervo di aggregati o gruppi criminali, di cui si tenta di delineare la precisa struttura, la consistenza numerica, la circostanziata influenza territoriale ed economica a seguito delle lotte intestine che ne hanno sconvolto i vecchi equilibri.
Il rapporto delineava, attraverso la disamina accurata e particolareggiata dei numerosi fatti di sangue verificatisi dall'inizio del 1981 alla primavera del 1982, un'attendibile ricostruzione della cruenta guerra insorta tra le cosche mafiose, muovendo dalla constatazione che dal 30 maggio 1978, data dell'omicidio di Di Cristina Giuseppe, al 24 aprile 1981, data dell'omicidio di Bontate Stefano, non essendosi registrato alcun omicidio in pregiudizio di esponenti mafiosi di primo piano, era evidentemente intervenuto un patto di non belligeranza tra le cosche mafiose, fondato sulla suddivisione di sfere di influenza territoriale, di campi di intervento con inserimento di adepti nelle attività commerciali ed imprenditoriali ricadenti nel rispettivo territorio, pur con la possibilità di società di affari tra appartenenti a distinte famiglie di mafia.
Tale tacito patto di alleanza era motivato dalla riconosciuta necessità di coesistenza pacifica, diretta a realizzare con larghi margini di sicurezza il maggior lucro possibile, derivante dall'illecito traffico di stupefacenti, da reinvestire, poi, in attività apparentemente lecite.
Di contro, a dimostrazione di una comune strategia di intervento, venivano commessi gli omicidi Giuliano, Terranova, Mattarella, Basile, Costa, cioè gli omicidi di persone investite di cariche e funzioni pubbliche, che in vario modo, a diverso livello ed in varie fasi, avevano tentato di ostacolare l'attività mafiosa.
Secondo gli autori del citato rapporto, l'uccisione di due capi della levatura di Bontate Stefano e di Inzerillo Salvatore, avvenuta rispettivamente il 23 aprile 1981 e l'Il maggio dello stesso anno, preceduta dalla scomparsa in data Il marzo 1981 di Panno Giuseppe da Casteldaccia, costituivano segni evidenti di una frattura grave ed ormai insanabile tra i gruppi mafiosi.
I successivi eventi delittuosi, costituiti dalla contemporanea scomparsa di Teresi Girolamo, cugino dei fratelli Bontate, di Di Franco Giuseppe, autista di Stefano Bontate, di Federico Salvatore e Federico Angelo, subappaltatori delle imprese Bontate-Teresi; dalla scomparsa di tutti i parenti Inzerillo Salvatore ed in particolare dello zio Maggio Calogero, dei fratelli Santo, Francesco, Rosario e Pietro, del padre Inzerillo Giuseppe, dei due cugini omonimi Inzerillo Salvatore di Pietro e di Francesco, ed infine del figlio diciassettenne Inzerillo Giuseppe e del futuro cognato Pecorella Stefano; nonché dal tentato omicidio nei confronti di Contorno Salvatore e dal successivo allontanamento da Palermo dei fratelli Grado, cugini del predetto Contorno, e di D'agostino Rosario; dalla scomparsa di D'agostino Emanuele; dalla spietata caccia a parenti ed amici di Contorno Salvatore; dalla scomparsa di Mafara Francesco e Grado Antonino e dall'uccisione di Mafara Giovanni, confermavano in maniera evidente che si era operata la sistematica decimazione di tutti i componenti delle famiglie mafiose facenti capo a Bontate ed Inzerillo.
Il rapporto giudiziario poneva, altresì, in risalto che un nuovo fronte della "guerra di mafia" si era aperto con l'omicidio di Badalamenti Antonino, cugino di Badalamenti Gaetano, avvenuto in Cinisi il 19 agosto 1981, cui seguivano numerosi altri omicidi di componenti del clan Badalamenti.
A completamento del quadro degli omicidi connessi con la "guerra di mafia", gli inquirenti ponevano l'uccisione all'interno dell'Ucciardone, in data 25 febbraio 1982, di Marchese Pietro, cognato di Marchese Filippo, e l'omicidio di Spica Antonino, avvenuto in Milano il 15 aprile 1982.
I due erano precipitosamente fuggiti, unitamente a Greco Giovanni ed alle loro donne, immediatamente dopo la scomparsa del loro amico e complice in imprese delittuose, Chiazzese Filippo, avvenuta 1'8 giugno 1981.
Dall'esame approfondito, sia sotto il profilo cronologico che logico, di tali fatti delittuosi ed a seguito delle indagini conseguenti a brillanti operazioni di polizia, quali:
- il cosiddetto "Blitz di Villagrazia", nel corso del quale in data 19 ottobre 1981, venivano arrestati gli esponenti di diverse famiglie mafiose;
- la scoperta del laboratorio per la raffinazione di eroina sito in Via Messina Marine;
- l'arresto di Fici Giovanni in data 6 gennaio 1982, di Spadaro Francesco, Marchese Giuseppe ed Inchiappa Giovan Battista il 15 gennaio 1982;
- l'accertata frequenza di rapporti tra varie società di capitali e l'intreccio di affari tra persone aventi un'estrazione territoriale diversa;
- le dichiarazioni rese alla squadra Mobile il 12 agosto 1981 da Di Gregorio Salvatore, successivamente scomparso;
- le intercettazioni telefoniche sull'utenza intestata ad Anselmo Salvatore;
- le dichiarazioni fornite da Zerbetto Alessandro, da Totta Gennaro e da numerose altre persone che, per paura e per sfiducia nella giustizia, preferivano rimanere anonime;
gli investigatori riuscivano a tracciare con una certa chiarezza la nuova mappa delle famiglie mafiose, individuate nei Greco e Prestifilippo per la zona di Ciaculli e Croce Verde Giardini, nei Marchese e Tinnirello per la zona di Corso dei Mille, negli Spadaro e Savoca per la zona della Kalsa, nei Riccobono per la zona di Partanna-Mondello, negli Spina ed Anselmo per la zona della Noce, nei Greco nella zona di Bagheria, nei Pipitone per la zona di Villagrazia di Carini, e nel gruppo dei "Corleonesi", da lungo tempo operante in Palermo, tramite le "famiglie" di Resuttana e San Lorenzo, a loro volta intimamente collegate con le "famiglie" di Ciaculli e Corso dei Mille.
Nel menzionato rapporto le cause della guerra di mafia venivano indicate nelle accuse rivolte a Bontate e ad Inzerillo di essersi appropriati di danaro appartenente all'intero sodalizio criminoso.
Di contro, i suddetti Bontate ed Inzerillo, con l'avallo di Badalamenti Gaetano e con l'appoggio di Marchese Pietro e Greco Giovanni, facenti parte rispettivamente delle "famiglie" di Corso dei Mille e di Ciaculli, avrebbero predisposto un piano per l'eliminazione dei capi delle altre famiglie avverse, i quali, scoperto il complotto, davano luogo a quella lunga catena di omicidi contro gli esponenti delle famiglie Bontate, Inzerillo, Badalamenti, nonché nei confronti di Marchese Pietro, del figlioccio Spica Antonino e degli amici e parenti di Greco Giovanni, tutti rei di avere tradito le loro "famiglie" di origine.
Con l'ausilio anche degli elementi emersi dai numerosi anonimi pervenuti a Polizia e Carabinieri e dalle propalazioni di numerose fonti confidenziali, indicate con gli pseudonimi di "Bianco Fiore", "Prima Luce" , "Ambrosiano", "Auro" e "Finale", nonché dalle indagini su rapporti di parentele, affinita' ed affari tra gli associati, gli inquirenti ritenevano sussistenti degli indizi - suscettibili di ulteriori verifiche e riscontri nel prosieguo delle indagini istruttorie - nei confronti degli appartenenti alla pericolosa associazione criminale, che denunciavano come raggruppati in singole cosche mafiose, mentre ai rispettivi capi ed a coloro che avevano funzioni direttive, unitamente agli esecutori materiali, venivano attribuiti i fatti di sangue, connessi alla "guerra di mafia", avvenuti nel palermitano fino al 17 aprile 1982, data dell'omicidio di Corsino Salvatore.
Veniva, altresì, identificata una seconda associazione per delinquere, anch'essa finalizzata anche al traffico di stupefacenti, costituita da Buscetta Tommaso, Contorno Salvatore, Greco Giovanni, Totta Gennaro, Zerbetto Alessandro e dai componenti superstiti delle famiglie facenti capo a Badalamenti Gaetano ed ai fratelli Grado.
Valutata positivamente la sussistenza di indizi soltanto a carico di taluni dei denunciati, la Procura della Repubblica di Palermo, seguendo la prospettata tesi accusatoria della suddivisione in distinte organizzazioni criminali alleate tra di loro e contrapposte ad altra associazione formata dai superstiti delle famiglie Bontate, Inzerillo e Badalamenti, emetteva in data 26 luglio 1982 l'ordine di cattura n.169-82 nei confronti di Badalamenti Gaetano + 14, tra i quali Contorno Salvatore, Buscetta Tommaso ed i fratelli Grado, e l'ordine di cattura n.170/82 nei confronti di Greco Michele + 67 cui si aggiungeva in data 28 luglio 1982 altro ordine di cattura n.172-82 nei confronti di Vernengo Ruggero, Aglieri Giorgio, Di Miceli Giuseppe e Vernengo Cosimo, con i quali si contestavano a tutti gli imputati i reati di associazione per delinquere aggravata (art.416, comma C.P.) e di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (Art.75, 2°, 4°, 5°, comma L.n.685 del 1975).
Dopo gli interrogatori di rito degli arrestati, gli atti venivano trasmessi, con richiesta di procedere a formale istruzione, al Giudice Istruttore di Palermo che emetteva nei confronti dei medesimi imputati il mandato di cattura n.343-82 del 17 agosto 1982 e considerava come indiziati tutti gli altri denunciati nel rapporto del 13 luglio 1982.
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