Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dopo la prima serie dedicata alla sentenza della corte d’assise di Bologna che ha condannato all’ergastolo Paolo Bellini per la strage di Bologna, il Blog mafie pubblica una seconda serie che si concentra sul ruolo dei mandanti


Occorre interrogarsi sul significato da attribuire al “documento Bologna”. Si possono prendere le mosse da alcuni elementi obiettivi di valutazione. Anzitutto, nonostante la sua forma di bigliettino, si deve trattare di un documento ritenuto di estrema importanza dal suo possessore, altrimenti non si spiegherebbe la ragione per la quale, anche a distanza di due anni dalle movimentazioni di denaro in esso descritti, Licio Gelli lo abbia gelosamente conservato all’interno del suo portafogli sino al momento del suo arresto.

Occorre ricordare che i flussi di denaro utilizzati per compiere le operazioni descritte nel documento furono distratti dal Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, ma il capoluogo Bologna trascritto da Gelli nell’intestazione del documento, non ha alcuna relazione nemmeno indiretta con detta vicenda di bancarotta.

Gelli non volle, o forse sarebbe più corretto dire non poté, fornire agli inquirenti alcuna spiegazione razionale né sul motivo dell’associazione tra la città di Bologna e le movimentazioni di denaro annotate in detto documento, né tanto meno sulla destinazione delle somme di denaro in esso riportate.

Il legame tra Licio Gelli e la vicenda del Banco Ambrosiano non può essere messo in dubbio, vuoi per le relazioni esistenti tra lo stesso e Roberto Calvi, vuoi soprattutto per il fatto storicamente accertato che Licio Gelli (con Francesco Pazienza) venne condannato in via definitiva per concorso esterno nel reato di bancarotta fraudolenta per distrazione nell’ambito del procedimento relativo al Banco Ambrosiano. Per contro, l’unica circostanza che lega il Venerabile alla città felsinea è la condanna definitiva, riportata dallo stesso (e da Pietro Musumeci, Giuseppe Belmonte e Francesco Pazienza) per il reato di calunnia in relazione all’opera di depistaggio delle indagini sulla strage. Nell’articolata motivazione della sentenza si è posto l’accento sul fatto che l’attività di depistaggio venne condotta dai servizi segreti "deviati", di fatto diretti dalla Loggia P2.

Ma perché mai Licio Gelli - uomo di potere, posto al vertice di detta loggia – avrebbe dovuto rischiare di riportare una grave condanna nel tentativo di aiutare, attraverso l’opera di depistaggio da lui diretta, alcuni terroristi apparentemente isolati e comunque estranei al suo entourage? E, per altro verso, esaminando la vicenda dal punto di vista dei suoi esecutori materiali, com’era possibile che un piccolo gruppo di giovanissimi terroristi potesse commettere un attentato di simili proporzioni, senza godere di alcun supporto organizzativo, logistico o economico e senza contare su alcun tipo di protezione?

E quale avrebbe dovuto essere lo stupore, peraltro mai manifestato, di "ingenui terroristi", in lotta contro la società borghese, nell’apprendere che il capo della Loggia P2, ufficiali posti ai vertici del SISMI (Santovito, Musumeci, Belmonte) e anche l’ "agente a contratto" Pazienza, avevano spontaneamente e disinteressatamente reso dichiarazioni volte a distogliere l’attenzione degli inquirenti da loro? Come è possibile che nel processo in cui Fioravanti e gli altri esponenti della destra eversiva erano imputati insieme a Gelli, questi non si siano mossi e non si siano chiesti per quale ragione fosse stato attivato il depistaggio che inevitabilmente, ove fossero stati innocenti, avrebbe loro nuociuto?

Approfondiremo avanti tutti questi temi, cercando di dare risposte.

Sta di fatto che con l’operazione "Terrore sui Treni" Gelli e complici giocarono per l’oscuramento della verità e quindi a protezione degli imputati neri, una protezione che non fu mai né rifiutata né contestata in modo che ne venisse svelata una strumentalità nociva ai loro interessi se fossero stati innocenti.

Si era in passato congetturato che i trasferimenti di somme consistenti di danaro indicate dal documento e definite come "Dif. Ml’ e "Dif. Roma" costituissero una sorta di destinazione di fondi per una effettiva difesa in giudizio di Roberto Calvi nei processi penali pendenti a suo carico negli anni 1980-’81 presso gli uffici giudiziari milanesi e romani.

Ma una simile prospettiva va disattesa non solo in considerazione dell’importo assolutamente esorbitante, se posto in relazione al pagamento di una parcella difensiva (circa 15 miliardi), ma soprattutto per la previsione di provvigioni di mediazione indicate (tra il 20 ed il 30%) a favore di Gelli ed Ortolani, circostanza che appare incompatibile con la tesi prospettata.

Si può, allora, ipotizzare che lo stanziamento delle somme fosse stato disposto da Calvi, su indicazione di Gelli, al fine corrompere gli uffici giudiziari deputati ad occuparsi di quei procedimenti, ipotesi che trova conferma nelle risultanze dei processi relativi al crack del Banco Ambrosiano ed alla Loggia massonica P2.

Infatti, nel primo processo (cfr. sentenza in data I 6.4.1992 del Tribunale di Milano, pag. 3329; cfr. anche le dichiarazioni rese da Angelo Rizzoli nel memoriale prodotto in giudizio e di Bruno Tassan Din) si è accertato che Calvi, dietro indicazione di Gelli, aveva stanziato la somma di circa 20.000.000 di dollari per fronteggiare illecitamente i processi penali a suo carico. Gelli si sarebbe poi impegnato per "pilotare" l’andamento del processo in senso favorevole al banchiere, dietro la corresponsione di un lauto compenso.

La coniuge di Calvi, Clara Canetti, riferì all’A.G. di Perugia che il marito all’epoca dei fatti era afflitto da due distinte vicende giudiziarie, una, ritenuta dalla teste più grave, riguardante un procedimento incardinato a Milano per reati valutari e l’altra, di minore gravità, per l’accusa di bancarotta preferenziale ad opera della Procura di Roma. Secondo la tesi dell’accusa, tale dichiarazione troverebbe una conferma anche nel "documento Bologna", laddove appunto si evidenzia un netto divario tra le cifre stanziate, cioè 10.000.000 dollari per la "DIF. Mf’ e solo 5.000.000 dollari per la "DIF. Roma". […].

Nella vicenda si inserisce anche l’episodio riferito dal cap. Sgarangella relativo al ritrovamento, nel corso della perquisizione del 17.3.1981 a Castiglion Fibocchi, di una distinta bancaria manipolata da Licio Gelli, dalla quale risultava un’operazione di 800.000 dollari eseguita in data 14.10.1980, con annotazione dei nomi di Marco Ceruti e Ugo Zilletti, il quale ultimo rivestiva all’epoca la carica di vicepresidente del CSM. Detta operazione è indicata anche nel "documento Bologna", come una parte del flusso di 10.000.000 aventi la causale "DIF.MI’.

Da un altro documento sequestrato a Gelli nella stessa circostanza emergeva che una copia di detta distinta era stata consegnata a Calvi alle ore 15:00 del 17.10.1980. Si appurò poi che i nominativi di Ceruti e Zilletti erano stati scritti dopo sulla distinta, perché non erano, invece, presenti nell’originale della stessa, acquisita presso la banca UBS di Ginevra e che, inoltre, la somma di 800.000 USD era stata convogliata sul c/c "Bukada", intestato a Marco Ceruti. Appare ragionevole ritenere che l’alterazione della distinta avesse la finalità di trarre in inganno Roberto Calvi, inducendolo a credere che Gelli stesse tentando di corrompere il vicepresidente del CSM per condizionare l’esito dei processi a suo carico.

Dalla sentenza, in data 16.4.1994 della Corte di Assise di Roma sopra citata, prodotta in atti dalla P.G., emerge che Ugo Zilletti era stato prosciolto dall’accusa con sentenza emessa in data I 7.3.1983 dal giudice istruttore del Tribunale di Roma e ciò avvalora il convincimento che tutta la vicenda costituisse solo una messa in scena per trarre in inganno Calvi ed indurlo a stanziare una somma consistente.

Tale plausibile ricostruzione spiega come la somma di 15.000.000 USD fu maliziosamente carpita a Calvi. Come si è avuto modo di osservare, della somma complessiva di 15.000.000 USD trasferiti dal Banco Ambrosiano Andino (di cui Gelli e Ortolani si ritagliarono percentuali per 3.5000.000 USD), Gelli trattenne la somma di 1.900.000 USD, che aveva anticipato insieme al socio Umberto Ortolani. Dalle informative della G.d.F. già citate emerge che da questa somma sono tratti i seguenti versamenti: a) 1.000.000 USD in contanti consegnati a Marco Ceruti dal 20 al 30 luglio 1980; b) 850.000 USO versati ad un soggetto denominato "Zaff"; c) 20.000 USD versati a tale "Tedeschi".

La prima somma trova corrispondenza appunto nel documento che venne sequestrato in data 17.3.1981 a Castiglion Fibocchi […]. Dall’analisi del contenuto documento possono avanzarsi alcune riflessioni:

- la persona ricevente la somma di un 1.000.000 di USO in contanti ("AMC") può essere individuata senza eccessiva difficoltà in Marco Ceruti, tenuto conto non solo delle iniziali utilizzate, ma anche del fatto che la sua figura è già emersa in seno al "documento Bologna";

- di seguito si indica il periodo in cui avvenne il versamento in contante del denaro, ovvero dal 20 al 30 luglio del 1980, periodo che deve considerarsi sospetto, se posto in relazione alla strage di Bologna;

- il documento precisa che la somma di un milione di USD corrisponde al 20% della maggior somma di 5.000.000 USO e menziona anche il successivo, ma connesso, accredito a favore di Ceruti di 4.000.000 USO (pari quindi al residuo 80%) da parte di Gelli, per il tramite della signora Agnolini, dipendente della U.B.S. di Ginevra, presso detto istituto di credito in data 1.9.1980.

Detto ultimo trasferimento trova riscontro sia nel "documento Bologna", che ne fa espressa menzione, sia nella documentazione acquisita dalla P.G. presso la U.B.S. Di Ginevra, da cui risulta che ai primi di settembre del 1980 la somma di 4.000.000 di USD proveniente dal Banco Ambrosiano Andino fu trasferita sui c/c Bukada e Tortuga, intestati a Marco Ceruti, con due distinti movimenti rispettivamente di 2.044.000 USD e di 1.960.000 USD.

Secondo la tesi dell’Accusa, asseverata in tal senso dalla deposizione del cap. Sgarangella, la somma di 1.000.000 USD consegnata a titolo di percentuale del 20% - rispetto al maggior importo di 5.000.000 USD, pattuito per l’operazione finanziata dal Gelli - doveva costituire una sorta di anticipo in contanti, in attesa dell’esecuzione finale della stessa, dopodiché avrebbe dovuto essere effettuato il saldo del residuo 80%, pari a 4.000.000 USD. Posto che detta somma fu trasferita in data 22.8.1980 (con i fondi inviati dal Banco

Ambrosiano Andino), ciò indurrebbe a ritenere che l’operazione, a cui il finanziamento di Gelli era diretto, sia avvenuta tra la data di versamento degli anticipi (20-30. 7.1980) e la data del 22.8.1980.

Una simile conclusione orienterebbe il trasferimento della somma in un momento prossimo o immediatamente successivo alla strage del 2.8.1980, avvenuta in un periodo di tempo compatibile con i movimenti di denaro indicati nel "documento Bologna" e nei documenti ad esso connessi.

Vi è poi un ulteriore documento, denominato "Memoria", anch’esso sequestrato il 17.3.1981 a Castiglion Fibocchi, che è intimamente connesso al "documento Bologna". Esso attiene al trasferimento della somma di 850.000 USD ad un soggetto denominato con l’abbreviazione "Zaf". […].

Esso documenta al primo rigo la consegna di una somma pari a 294.117 (si immagina, ancora, dollari americani) a tale "Zaf", ciò a partire dal febbraio 1979 e all’ultimo rigo la consegna di un’ulteriore somma non indicata nell’ammontare. Si osservi che entrambi i righi contengono delle cifre tra parentesi (nel primo rigo "250 x 850"; nel quarto "506 x 850") le quali trovano delle sorprendenti corrispondenze nel "documento Bologna", non solo quanto al nome del ricevente (nel documento "Memoria" indicato come "Zaf", nel "Bologna" come "Zaff. "), ma anche nell’identità della cifra corrisposta al soggetto destinatario che si riscontra nei due documenti ("850" del documento "Memoria" corrisponde a "850.000" del "documento Bologna"). Va a questo riguardo osservato che esiste un’annotazione in un altro appunto proveniente da Gelli, in cui risultano le seguenti parole e cifre: "Da CETO - CONTROLLO 81 - U-50 L-50 ZaffER-50 500 ZaffERANO"•

Ciò induce ragionevolmente a ritenere che si tratta dello stesso soggetto soprannominato "Zafferano", per il quale Gelli ha impiegato abbreviazioni analoghe, ma con alcune leggere differenze (Zaf, Zaff., ZaffER), comunque riferibili alla stessa persona. Si tratta di un soggetto che risulta beneficiario di somme da parte di Licio Gelli ed Umberto Ortolani anche nel "documento Bologna", ove tali soggetti sono indicati rispettivamente con le iniziali "L" ed "U", cioè Licio e Umberto). Questo, dunque, sarebbe il soggetto destinatario della somma di 850.000 USO in epoca precedente all’invio (22.8.1980) dei 15.000.000 USO dal Banco Ambrosiano Andino. […].

Quanto alla prima annotazione (250 x 850), la Guardia di Finanza ha rilevato l’esistenza di un bonifico di importo sostanzialmente corrispondente (USD 294.000) effettuato nel medesimo periodo (16.2.1979) e nella stessa città di Ginevra (presso la banca U.B.S.) dal c/c n. 520008 AJ di Umberto Ortolani, socio di Gelli, a favore del c/c n. 586932 F .D. intestato ad un intermediario finanziario, il cambiavalute romano Arrigo Lugli. Dopo la strage del 2 agosto 1980, Lugli è stato beneficiario di altri due versamenti presso la medesima banca, rispettivamente di 90.000 e 100.000 USD, riferibili anch’essi al "documento Bologna", eseguiti da Ceruti per conto di Gelli, in data 23.12.1980 e 16.1.1981.

Quanto alla seconda annotazione (506 x 850), va evidenziata la corrispondenza dell’importo di "506’ - da intendersi USD 506.000 - alla somma dei quattro versamenti di seguito indicati e partiti da conti intestati ad Ortolani: 1) USD 100.000, dal conto Sora di c/o U.B.S. di Ginevra, valuta 13.11.1979, "afavore del conto Federico"; 2) USD 200.000, dal conto 910 VS c/o U.B.S. di Ginevra, valuta 9.6.1980, "beneficiario Federico"; 3) USD 60.000, dal conto 910 VS c/o UBS di Ginevra, valuta 17.7.1980, "beneficiario Federico"; 4) USD 146.541 (ovvero$ 146.341), dal conto 910 VS c/o U.B.S. di Ginevra, valuta 29.7.1980, "a favore di Federico" (operazione finale effettuata in data 30.7.1980).

Il beneficiario di tali fondi, secondo quanto risulta nelle contabili bancarie acquisite per rogatoria nell’ambito del procedimento del banco Ambrosiano, risulta essere stato tale "Federico". […].

Va osservato come i quattro bonifici da 506.000 dollari costituissero parti di un’unica complessiva operazione attraverso la quale venivano trasferiti in diversi momenti USD 850.000 ad un soggetto denominato “Zaf”, come risulta anche dal "documento Memoria".

Dunque, beneficiario effettivo di tali somme non era il titolare formale del c/c, ma era il soprammenzionato "Zaf’, mentre Arrigo Lugli ebbe unicamente un ruolo da intermediario nell’ambito dell’operazione. Tale conclusione è confortata dal fatto che, in occasione del primo versamento di fondi eseguito dalla coppia Gelli-Ortolani tramite il conto UBS n.586932 in data 16.2.1979 per l’importo di USD 294.000, la somma di USD 250.000 fu destinata a "Zaf’; si può congetturare che il residuo di 44.000 dollari abbia costituito il compenso dovuto al Lugli per le sue prestazioni di intermediazione.

In definitiva, secondo questa ricostruzione, fondata sul contenuto del "documento Bologna" e sugli altri documenti ad esso collegati, al soggetto denominato "Zafferano" dal febbraio 1979 al luglio 1980 furono corrisposti complessivamente USD 850.000, attraverso più pagamenti e in particolare la somma di USD 800.000 (USD 294.000 + 506.000) fu versata sul c/c intestato a Lugli presso la Banca U.B.S. di Ginevra. Come osservato, tale somma fu anticipata da Licio Gelli, attraverso Umberto Ortolani e poi recuperata da Gelli nell’operazione compiuta ai danni di Roberto Calvi, come documentato nel "documento Bologna" in funzione di rendiconto. […].

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