La leader dei socialisti europei sa bene che l’alleanza di Weber con l’estrema destra è una minaccia sia in Spagna che in Ue. La nuova guida del Pd «può rafforzare il nostro gruppo». «È inaccettabile che il governo Meloni attacchi i valori fondativi europei». L’intervista
Iratxe García Pérez guida il gruppo dei socialdemocratici, del quale fa parte il Pd, all’Europarlamento. Di fronte a una destra sempre più aggressiva, con il leader del Ppe Manfred Weber che da anni ormai coopera con Giorgia Meloni, finalmente García Pérez reagisce e nei suoi ultimi interventi attacca sia Weber che Meloni: le europee sono vicine. E poi lei è una fedelissima di Pedro Sánchez, che alle prossime elezioni spagnole dovrà lottare perché la destra non prenda il sopravvento.
Qual è il suo giudizio politico sul governo Meloni? Lei si è espressa contro gli attacchi a migranti, famiglie arcobaleno e giornali.
È inaccettabile che il governo attacchi i valori fondativi europei. L’Ue e l’Italia oggi sono sottoposte a un grande stress test sullo stato di diritto. Come progressisti siamo preoccupati perché il Ppe sta lavorando a un’alleanza con l’estrema destra. Non è a rischio solo la tradizionale cooperazione tra popolari e socialisti, ma i valori europei.
So che a maggio incontrerà Elly Schlein nel suo tour brussellese. In che modo la nuova guida del Pd cambia le dinamiche in Ue?
Conosco Elly, come lavora, le sue idee, la sua passione, il suo impegno europeo. Perciò sonno convinta che lei sia una grande opportunità per il Pd e per offrire una alternativa progressista in Italia. Il gruppo socialdemocratico ha bisogno di un Pd forte per essere una famiglia politica incisiva. Quindi l’Europa ha bisogno di Schlein.
Questa legislatura è cominciata con un accordo tra popolari, socialisti e liberali. Lei ultimamente attacca spesso Weber. La maggioranza Ursula è saltata?
C’è stata una chiara svolta. A inizio mandato, la cooperazione tra le nostre famiglie politiche era buona, sia sui ruoli che sulle politiche. Doveva essere una maggioranza pro-europea e con un’aspirazione progressista. Ma da almeno un paio d’anni, dalle elezioni di metà mandato, assistiamo a una strategia del Ppe volta ad avvicinarsi all’estrema destra. Lo si vede anche in Italia, in Svezia. Certo, non è che questa linea data da Weber sia digerita da tutti i popolari.
Come lei stessa osserva, la tendenza è in corso da anni. La vede arrivare solo ora?
Fino a uno dei miei ultimi discorsi in aula, ho teso una mano a Weber, gli ho offerto la mia cooperazione qualora avesse voluto continuare a lavorare per un progetto europeo comune. Ma ho anche chiarito che se il Ppe avesse optato invece per l’estrema destra, questo non sarebbe mai stato possibile. Questa settimana ho constatato pubblicamente che Weber si comporta da leader dell’opposizione: è pronto ad attaccare persino von der Leyen. E protegge però i leader di estrema destra. Ce l’ha con Macron, con Scholz, con Sánchez, ma pare non avere alcun problema con Meloni o con il governo polacco.
Se dopo il voto del 2024 il Ppe tentasse una maggioranza Ursula ibridata con i conservatori meloniani, l’ipotesi sarebbe per lei digeribile? Accetterebbe di convivere in maggioranza con Meloni?
No. Questa è una linea rossa. Vale per Meloni come pure per Vox, suo alleato dentro Ecr: vogliono distruggere l’Ue. La premier italiana cerca di apparire più europea ma non è la sua vera natura. La sua contrarietà ai valori dell’Ue è palese quando attacca le persone lgbt o la protezione speciale per i migranti vulnerabili. L’estrema destra è pure contro il clima. Con loro non si tratta: su questo sono sempre stata chiara.
Nel 2022 Metsola del Ppe è stata eletta presidente dell’Europarlamento con il supporto dei meloniani, il cui gruppo ha incassato una vicepresidenza. Come mai non avete offerto un’alternativa progressista? Nessun rimpianto?
I socialdemocratici non avevano maggioranze alternative, anche se ovviamente avremmo preferito poter sostenere un’opzione progressista.
Alle europee tenterete un fronte progressista? Intervistati da Domani, i capigruppo di sinistra e verdi non sono in sintonia: Manon Aubry è per una Nupes europea, Philippe Lamberts è contro. E lei?
Oggi stiamo già creando maggioranze su dossier concreti con entrambi questi gruppi, il che vuol dire che è possibile. Se ne parlerà dopo il voto, non penso a liste comuni.
Chi sarà la vostra figura di punta alle europee? Come spitzenkandidaten circolano ipotesi che vanno da Katarina Barley a Sanna Marin.
Io sono vicepresidente del Partito socialista europeo, è a livello di partito europeo che inizieremo questo percorso di selezione, e nell’ultimo incontro abbiamo appena deciso una tabella di marcia. A maggio stabiliremo i criteri che orientano la scelta sul nome. Vedremo.
Anche in Spagna vedremo un’alleanza di governo tra i popolari e Vox che fa parte di Ecr?
Sono certa che replicheranno a livello nazionale se ciò garantirà loro una maggioranza. In una regione spagnola sono già oggi alleati, e dove non lo sono iniziano comunque a convergere sui dossier: sono contro il clima e lavorano insieme per cambiare una legge sulla biodiversità, per esempio.
Ci sono rumors che lei possa buttarsi nell’agone nazionale invece di ricandidarsi all’Europarlamento. L’ipotesi è fondata?
Il mio impegno è in Europa e chi confida che io me ne vada spera male.
Come sta andando la vostra indagine interna sullo scandalo Qatar?
Visto che è indipendente e che è in corso, non so risponderle.
Avremo gli esiti prima delle europee, almeno?
Sì.
Come mai lei aveva indicato Eva Kaili, per la vicepresidenza dell’Europarlamento, nonostante il capodelegazione greco dica di non averla appoggiata?
C’erano cinque posti per i socialisti, ho aperto la procedura di selezione e solo in cinque si sono resi disponibili. L’Europarlamento li ha eletti senza fare obiezioni. Ovviamente se io avessi saputo quel che so ora non sarebbe mai successo. Dopo lo scandalo, il Pasok ha espulso Kaili.
Instagram ci restituisce le immagini del gran corrotto Francesco Giorgi al mare in amicizia assieme a Laura Ballarin Cereza che è tuttora la sua capo di gabinetto.
Non ero a conoscenza del caso corruzione finché lo scandalo non è esploso.
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