Il contrasto aveva avuto inizio prima ancora della eliminazione di Salvatore La Barbera, fratello di Angelo, in quanto costui ed i suoi adepti, con la consumazione di diversi efferati delitti, a partire dal mese di dicembre 1962, avevano rotte la tregua imposta agli appartenenti alla mafia da capi di grande prestigio nell'ambiente della malavita della provincia di Palermo
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Da oggi – per circa un mese – pubblichiamo sul Blog mafie l’ordinanza di rinvio a giudizio “Torretta+120”, che ricostruisce dinamiche e omicidi della mafia di Palermo
Il contrasto aveva avuto inizio prima ancora della eliminazione di Salvatore La Barbera, fratello di Angelo, in quanto costui ed i suoi adepti, con la consumazione di diversi efferati delitti, a partire dal mese di dicembre 1962, avevano rotte la tregua imposta agli appartenenti alla mafia da capi di grande prestigio nell'ambiente della malavita della provincia di Palermo.
Secondo le informazioni confidenziali ricevute, di tale commissione avevano fatto parte Panzeca Giuseppe da Caccamo, Manzella Cesare da Cinisi, lo stesso Greco Salvatore, Badalamenti Gaetano da Cinisi, Panno Giuseppe da Casteldaccia, La Barbera Salvatore da Palermo, Leggio Luciano da Corleone, Cancelliere Leopoldo da Palermo, Artale Salvatore da Palermo, Di Girolamo Mario da Palermo, Di Maggio Rosario da Torretta, Marsala Giuseppe da Vicari, Cinà Antonino da Misilmeri, Giunta Salvatore da Baucina, e Sorci Antonino da Palermo
Tutti costoro avevano il rango di capo di un gruppo o di una famiglia mafiosa, e tra essi il Panzeca Giuseppe era ritenuto il personaggio di maggiore prestigio, al quale tutti dovevano sottostare.
Era sorta anche la necessità di rimpiazzare alcuni dei gregari di La Barbera Angelo o perché tratti in arresto o perché costretti ad allontanarsi dalla Sicilia per lo stato di latitanza; e mentre gli associati della zona occidentale della città insistevano affinché la designazione delle nuove persone le quali dovevano assumere la direzione del sodalizio criminoso fosse subito effettuata, gli appartenenti alla mafia di Palermo orientale preferivano temporeggiare, non essendo sicuri della arrendevolezza delle persone da designare, allo scopo di impedire nuove azioni delittuose che avrebbero avuto l'effetto di intensificare l'opera di repressione della polizia.
Sempre secondo notizie confidenziali Buscetta Tommaso, già fedele gregario dei fratelli La Barbera, essendo venuto a conoscenza che la sua aspirazione di capeggiare assieme a Torretta Pietro, la malavita palermitana era osteggiata da Greco Salvatore, decideva di eliminare Garofalo Pietro e Conigliaro Girolamo, suoi avversari.
A tal fine il Garofalo ed il Conigliaro erano stati invitati in casa di Terretta Pietro, per una discussione in quanto anche il Torretta aveva motivi personali di vendetta nei loro confronti dato che i due erano indicati come autori della soppressione di Grasso Girolamo e di Grasso Gaetano, da Misilmeri, per incarico ricevuto da Greco Salvatore e Leggio Luciano. Il Conigliaro ed il Garofalo, pertanto, nel pomeriggio del 19 giugno 1963 si erano recati in casa del Torretta, e pur non essendo possibile conoscere né l'argomento né le modalità della discussione, erano stati uccisi proditoriamente con numerosi colpi di arma da fuoco. Mentre il Garofalo era rimasto
cadavere sul posto, il Conigliaro era deceduto all'ospedale della Croce Rossa Italiana di Palermo, dopo poco tempo. Egli era stato accompagnato in ospedale dal pregiudicato Lallicata Giovanni con la stessa autovettura che l'aveva portato in casa del Torretta assieme al Garofalo ed a certi Galeazzo Giuseppe e Magliozzo Tommaso,
Il Lallicata, dopo avere accompagnato da solo in ospedale il Conigliaro si era dato alla fuga rendendosi irreperibile.
A questo grave episodio criminoso, attribuito dai verbalizzanti a Buscetta Tommaso, Torretta Pietro, Cavataio Michele ed a Di Martino Francesco, faceva seguito dopo soli tre giorni l'uccisione di Diana Bernardo temibile pregiudicato appartenente pure alla consorteria di Greco Salvatore.
Il Diana era stato ucciso da numerosi colpi di arma da fuoco sparati da persone che si trovavano su di una autovettura di passaggio. Secondo i verbalizzanti a sparare contro di lui erano stati Buscetta Tommaso ed i suoi amici Sorce Vincenzo e Badalamenti Pietro.
Dopo qualche giorno, la sera del 27 giugno 1963 veniva ucciso nei locali del suo emporio nella via Sciuti di Palermo, certo Leonforte Emanuele (notoriamente conosciuto come soggetto appartenente alla mafia), oriundo del vicino paese di Ficarazzi, ubicato in prossimità della zona orientale della città che costituiva campo d'azione del gruppo capeggiato da Greco Salvatore.
Per la comunanza di interessi esistenti tra Greco Salvatore ed il Leonforte e per l'ubicazione dell'esercizio nelle vicinanze della rivendita di pesce presso la quale il 19 aprile 1963 era stato commesso il primo attentato alla vita di La Barbera Angelo, i verbalizzanti ritenevano che questo delitto fosse opera di Torretta Pietro, di Cavataio Michele, di Buscetta Tommaso, nonché di Vitrano Arturo.
Da fonte confidenziale, inoltre, i verbalizzanti avevano appreso che il Leonforte aveva guidato con segni convenzionali l'azione di coloro che avevano sparato contro la rivendita di pesce di Giaconia Stefano.
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