Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Da oggi – per circa un mese – pubblichiamo sul Blog mafie l’ordinanza di rinvio a giudizio “Torretta+120”, che ricostruisce dinamiche e omicidi della mafia di Palermo


Due giorni dopo e cioè nella notte sul 30 giugno 1963 in Villabate, paese ubicato alla periferia della parte orientale della città, si verificava una violenta esplosione davanti all'autorimessa del mafioso Di Peri Giovanni in conseguenza della quale decedevano Cannizzato Pietro, guardiano dell'autorimessa, ed il panettiere Tesauro Giuseppe che si trovava occasionalmente sul posto, mentre l'operaio Castello Vincenzo rimaneva gravemente ferito.
L'esplosione era stata cagionata da una potente carica collocata su di una autovettura Alfa Romeo "Giulietta" abbandonata davanti all'autorimessa ed aveva prodotto danni rilevanti allo stabile ed alle auto in sosta. Si accertava che l'esplosione era stata prodotta con la stessa tecnica impiegata nella strage commessa in Cinisi nel mese di aprile 1963, nella quale erano rimasti uccisi Manzella Cesare ed il suo di pendente Vitale Filippo.
L'autovettura usata per l'attentato era stata sottratta a Consagra Ludovico che l'aveva lasciata in sosta in una via della città la sera del 12 giugno 1963.
Di Peri Giovanni, proprietario dell'autorimessa, si rese subito irreperibile.
Lo stesso giorno 30 giugno 1963 la Questura di Palermo veniva informata che nel fondo "Sirena", in prossimità della borgata Roccella era stata abbandonata altra autovettura "Giulietta" con gli sportelli aperti, nel cui interno era ben visibile un pezzo di miccia bruciata innescata ad una bombola di gas liquido. La notizia era stata fornita da certo Prestifilippo Francesco, proprietario del fondo e della vicina villa.
Veniva predisposto immediatamente un servizio di vigilanza per allontanare tutte le persone dalle vicinanze e si procedeva, con l'ausilio del maresciallo artificiere Nuccio Pasquale e del soldato Ciacci Giorgio, alle operazioni necessarie per rimuovere l'ordigno esplosivo, quando improvvisamente si verificava una potente esplosione simile alle precedenti, in seguito alla quale oltre al Nuccio ed al Ciacci perivano il Tenente dei Carabinieri Malausa Mario, il maresciallo di P.S. Corrao Silvio, il maresciallo dei Carabinieri Vaccaro Calogero ed i Carabinieri Fardella Marino ed Altomare Eugenio. Altri militari dell'Arma dei Carabinieri riportavano gravi ferite.
I verbalizzanti ritenevano che la "Giulietta" rinvenuta abbandonata nel fondo "Sirena" a causa di una foratura di gomma che ne aveva reso pericolosa la circolazione su un terreno accidentato, fosse destinata ad esplodere nel caseggiato rurale di Prestifilippo Giovanni e Prestifilippo Salvatore, figli di Prestifilippo Francesco che aveva informato dell'accaduto la polizia, in quanto la costruzione è ubicata a circa duecento metri di distanza dal posto in cui l'autovettura era stata trovata abbandonata. Si fondava tale supposizione sul fatto che i Prestifilippo erano molto intimi di Greco Salvatore e dei suoi congiunti.
Come responsabili delle due esplosioni verificatesi il 30 giugno 1963 in Villabate e nel fondo "Sirena" di Ciaculli, i verbalizzanti indicavano Torretta Pietro e Buscetta Tommaso, per la notoria rivalità esistente tra costoro e Greco Salvatore e i suoi sostenitori tra i quali in particolare il Di Peri Giovanni ed i fratelli Prestifilippo. Nella preparazione e nella esecuzione del piano criminoso il Torretta Pietro ed il Buscetta Tommaso erano stati coadiuvati da Cavataio Michele, Alberti Gerlando, Di Dia Salvatore, Maiorana Francesco, Lallicata Giovanni, Magliozzo Tommaso, Galeazzo Giuseppe, Messina Calogero, Fiorenza Vincenzo, Sirchia Giuseppe e Gambino Francesco, perché costoro erano conosciuti come i gregari più fidati di Cavataio Michele a sua volta legato da saldi vincoli al Torretta ed al Buscetta.

In particolare Matorana Francesco, secondo i verbalizzanti, era particolarmente esperto nella preparazione di ordigni esplosivi. Nei confronti del Lallicata Giovanni, i verbalizzanti precisavano che egli, uomo di pochi scrupoli, dopo essere stato fedele al Greco tanto da accompagnare il Garofalo e il Conigliaro in casa Torretta si era messo a disposizione di quest'ultimo, dimostrando anzi una eccezionale abilità nel sottrarsi alle ricerche della polizia; più di una volta, infatti, era riuscito a sottrarsi all'arresto dandosi alla fuga sull'autovettura di certo Galeazzo Alfredo, padre del suo correo Galeazzo Giuseppe; in altra occasione, per sottrarsi all'arresto unitamente al Galeazzo Giuseppe, si era servito di un motoveicolo, prestatogli da Lipari Giovanni, indicato come facente parte dello stesso sodalizio criminoso.
Il Lipari per sua ammissione era molto intimo di Fiorenza Vincenzo e di Messina Calogero, da lui conosciuti nelle carceri di Palermo ed aveva frequentato sin dalla infanzia Calò Giuseppe, Alberti Gerlando e Dolce Filippo.

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