Nei primi giorni dell'ottobre 1981 iniziava, per così dire, un capitolo a parte nella sanguinosa opera di sterminio del clan Bontate, parte dedicata in modo esclusivo alla caccia nei confronti di Contorno Salvatore con l'intento di farlo uscire allo scoperto, visto che era riuscito a sottrarsi alla morte...
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è incentrata sul “rapporto 161” di Ninni Cassarà e Francesco Accordino
Nei primi giorni dell'ottobre millenovecentottantuno iniziava, per così dire, un capitolo a parte nella sanguinosa opera di sterminio del clan BONTATE, parte dedicata in modo esclusivo alla caccia nei confronti di CONTORNO Salvatore con l'intento di farlo uscire allo scoperto, visto che era riuscito a sottrarsi alla morte sfuggendo all'agguato tesogli il 25 giugno 1981 nella piazza Dei Signori ed allontanandosi da Palermo, come poi verrà accertato nel corso delle indagini successive al suo arresto. Infatti il 3 ottobre 1981 veniva ucciso in via Conte Federico MANDALA' Pietro, figlio di MANDALA' Franco, quest'ultimo cugino di CONTORNO Salvatore poiché il padre del primo e la madre del secondo sono fratelli. (Anche il MANDALA' Franco, come si dirà appresso sarà ucciso) .
Il successivo 5 ottobre, sempre nella via Conte Federico veniva ucciso MAZZOLA Emanuele; anche tale delitto va annoverato tra quelli perpetrati per creare il vuoto attorno a CONTORNO Salvatore come é dimostrato dai successivi omicidi di DI FRESCO Giovanni, suocero del MAZZOLA e del DI FRESCO Francesco, fratello di Giovanni, tutti legati a quello che incominciava ad essere menzionato come “la primula rossa di Brancaccio” e ritenuti suoi favoreggiatori. Nel mentre gli omicidi di MANDALA' e di MAZZOLA chiarivano definitivamente la posizione del CONTORNO nel contesto degli schieramenti che si erano venuti a creare.
Rimaneva il dubbio circa l'identificazione di alcuni mafiosi transitati dalle famiglie decimate alle cosche vincenti ed in particolare sul gruppo dei MAFARA, che, sebbene particolarmente legati ai BONTATE, prima delle ostilità avevano svolto un ruolo della massima importanza, provvedendo alla spedizione di eroina negli Stati Uniti e all'approvigionamento della morfina base utilizzata da tutte le famiglie mafiose, ciascuna delle quali, come risulta da atti istruttori, controllava la propria raffineria.
Ma era proprio la logica dello sterminio attuata dalle famiglie emergenti che rendeva possibile chiarire inconfutabilmente quale posizione avesse assunto nel nuovo schieramento il gruppo dei MAFARA. Infatti il 14 ottobre 1981 un commando di killers irrompeva all'interno della Calcestruzzi Maredolce ed uccideva MAFARA Giovanni, fratello del più noto MAFARA Francesco, quest'ultimo ricercato perché colpito da provvedimento restrittivo in quanto imputato di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.
L'aver esattamente collegato l'omicidio di MAFARA Giovanni nell'ambito della soppressione di elementi rimasti fedeli alla famiglia BONTATE, trovava riscontro in due circostanze accertate da gli organi investigativi: in occasione dei funerali di BONTATE Stefano, PACE Gaetano, ex parroco della chiesa di Villagrazia poi transitato nello stato laicale, fuori dalla chiesa, aveva pronunciato, un colorito elogio funebre, riportato dai quotidiani locali; il medesimo PACE Gaetano, subito dopo l'uccisione di MAFARA Giovanni oltre ad avere presenziato con i familiari dell'ucciso alla autopsia, aveva personalmente provveduto a stilare e a richiedere la pubblicazione di un significativo necrologio apparso sul Giornale di Sicilia; fonte confidenziale vicina alla famiglia BONTATE riferiva che la vedova di BONTATE Stefano aveva sentito la necessità di telefonare alla vedova di MAFARA Giovanni per esprimerle il proprio cordoglio.
Non va trascurato che a distanza di qualche tempo il PACE Gaetano fu vittima di una stranissima, aggressione che lo stesso cercò di contrabbandare quale tentativo di rapina; infatti venne duramente percosso da un gruppo di cinque giovani che lo assalirono a colpi di bastone all'uscita del proprio ufficio, procurandogli lesioni gravissime.
Il singolare trattamento riservato al PACE, può spiegarsi solo alla luce delle iniziative prese nelle due circostanze delittuose sopra citate, nelle quali l'ex prete manifestò pubblicamente l'amicizia e l'attaccamento che lo legavano ai BONTATE e ai MAFARA: l'attività tipicamente “squadrista” vista in una logica strettamente mafiosa, assume valore contemporaneo di punizione e avvertimento verso chi, pur non essendo potenzialmente pericoloso nei confronti dei mandanti, era stato punito con il solo bastone per avere in passato vestito l'abito ecclesiastico.
Che anche la famiglia MAFARA fosse entrata nel mirino di quanti avevano operato il sovvertimento degli equilibri tra le cosche mafiose, veniva successivamente confermato dall'acquisizione di precise segnalazioni confidenziali promananti da fonti diverse.
Da più parti infatti, dall'autunno del millenovecentottantuno al giugno del corrente anno, veniva segnalato che la mattina del 14 ottobre 1982 MAFARA Francesco e GRADO Antonino, quest'ultimo cugino di CONTORNO Salvatore, erano stati convocati in un'abitazione sita in zona Croceverde Giardini da persone presso le quali non potevano rifiutarsi di andare e ivi soppressi.
Il riscontro, quantomeno sulla effettiva soppressione di MAFARA Francesco, si aveva attraverso le indagini svolte in Termini Imerese in occasione del rinvenimento dell'autovettura Fiat 127 targata PA 624386 intestata ad AITA Teresa, risultata suocera di MAFARA Giovanni, quest'ultimo fratello di Francesco.
Le condizioni della macchina, mancante dei sedili, lasciava supporre che fosse stata utilizzata per trasportare più di un cadavere.
I familiari dei fratelli MAFARA si dichiaravano all'oscuro persino della proprietà della Fiat 127 e solo dopo aver svolto personalmente accertamenti presso la concessionaria ove erano soliti comprare autovetture affermarono che il mezzo era stato acquistato da MAFARA Giovanni.
Tale circostanza, sia se risponde al vero sia se scientemente falsa, dimostra con certezza che la Fiat 127 rinvenuta in Termini Imerese era in uso al latitante MAFARA Francesco. Infatti nell'ipotesi in cui i familiari non fossero stati a conoscenza dell'acquisto dell'auto, peraltro di recentissima immatricolazione rispetto al 14 ottobre 1981, si deve dedurre che il latitante non ne avesse mai dato notizia alle donne della sua famiglia; nell'ipotesi in cui i famigliari conoscessero invece che il loro congiunto latitante,aveva acquistato tramite il fratello Giovanni, una nuova macchina, il loro atteggiamento negativo dimostra la volontà di nascondere agli organi investigativi il possesso della Fiat 127 da parte di MAFARA Francesco.
Peraltro, l'eliminazione di MAFARA Giovanni avvenuta all'interno della Calcestruzzi Maredolce ove sono ubicate tutte le abitazioni dei MAFARA, non spiegherebbe come mai un'autovettura a lui intestata possa essere stata abbandonata, nello stato che si é detto, nel paese di Termini.
Cosa che invece si spiega se si assume come vera la segnalazione secondo la quale, la mattina del 14 ottobre 1981, prima vennero soppressi MAFARA Francesco e GRADO Antonino che si trovava a bordo della Fiat 127 più volte citata e poi, con perfetta aderenza alla logica di sterminio nei confronti di coloro che erano rimasti fedeli al clan BONTATE - fu ucciso, probabilmente dalle stesse persone, MAFARA Giovanni impedendo cosi qualsiasi possibilità di reazione da parte della famiglia.
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