Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dal 29 luglio è iniziata la prima serie dedicata alla sentenza della corte d'assise di Bologna che ha condannato all'ergastolo Paolo Bellini per la strage di Bologna e ha squarciato il velo su alcuni mandanti.


Altro capitolo della sentenza-ordinanza riguarda l'arresto di Stefano Delle Chiaie a Caracas e il vaglio della documentazione sequestratagli.

Delle Chiaie giunse in Italia il 31 marzo I 987 e fu interrogato subito all'aeroporto dove si era recato ad attenderlo il magistrato Infelisi. Non vi era alcune necessità che fosse il magistrato romano a sentirlo per primo e in esclusiva. Il che destò sospetti nei magistrati bolognesi, attestati dalla relazione di uno dei giudici istruttori che avevano incriminato Delle Chiaie per la strage del 2 agosto e che avevano disposto il sequestro delle carte trovate nella sua abitazione in Venezuela. Sta di fatto che ai giudici bolognesi, che avevano disposto il sequestro degli originali, le carte Delle Chiaie furono consegnate in copia, segno che erano state passate in rassegna da altri che ne avevano conservato gli originali.

Vedremo i rapporti di Delle Chiaie con Umberto D'Amato; occorre considerare che le sue autodifese e le sue accuse di responsabilità per le stragi riguardano esclusivamente il SID, senza mai alcun riferimento agli Affari Riservati.

La sentenza passa ad analizzare il materiale documentale sequestrato a Delle Chiaie, nel complesso autodifensivo e di scarso rilievo, indirizzato a salvare Avanguardia e - almeno in parte - la destra dalle accuse per le stragi. Bersaglio di questa ricostruzione divengono i servizi segreti militari.

Con l'inizio delle collaborazioni di ex militanti della destra nei primi anni Ottanta appariva evidente che protagonisti della stagione erano stati i gruppi di destra e i Servizi Segreti, meglio, alcuni settori dei gruppi di destra e alcuni settori dei Servizi Segreti.

Non era più possibile sostenere che le stragi fossero opera di anarchici, di terroristi di sinistra, di criminali comuni, del terrorismo internazionale o addirittura di squilibrati, come peraltro si era più volte cercato di insinuare.

La partita di fronte alla storia si sarebbe giocata, a parte il tradizionale impegno nello screditare i pentiti, tra questi due poli: gruppi di destra e Servizi segreti strutturalmente deviati.

Delle Chiaie deve difendere la destra e AN dall'accusa di stragismo da cui è gravata e per assolvere a questo compito non può far altro che chiamare in causa, con prudenza e senza compromettere nessuno, i vecchi complici, i comprimari che hanno coperto i colpevoli e deviato le indagini. Ovviamente con successo, visto che è esattamente ciò che è accaduto.

Delle Chiaie punta pertanto il dito su Maletti, Labruna, Musumeci, Belmonte, tutti appartenenti alla P2.

Viceversa, il principale riferimento utile per il processo Italicus consiste, secondo la sentenza Grassi, nel preciso collegamento tra Augusto Cauchi e la strage. Il giudice analizza gli appunti, grezzi e informali di un altro imputato (Delle Chiaie), che sta preparando una più completa autodifesa, e nota che il nome di Cauchi e quello di non precisati massoni è associato all'Italicus. Insieme ad altri e alle dichiarazioni di Vinciguerra sarebbe un elemento indiziante.

Anche per una serie di argomenti che il giudice mette in giusta evidenza, visto che Cauchi non era mai stato imputato né indagato per quella strage: "essa non può rappresentare la constatazione di una situazione processuale: evidentemente, invece, si riferisce ad elementi appresi dal Delle Chiaie al di fuori delle emergenze processuali".

Anche in altre carte di Delle Chiaie si trovano sfumati riferimenti a Cauchi e alla strage Italicus.

In Spagna Cauchi confermò di aver riscosso contributi in denaro dai massoni della sua zona, sia pure per conto del federale dell'MSI.

Vi è un ripetuto richiamo nelle carte alla questione Aiello, la donna che fu sentita parlare al telefono di bombe su un treno per Bologna, poco prima della partenza dell'Italicus. Il che sarebbe conforme alla linea di accusa (e di ricatto) nei confronti dei servizi e col sostanziale vuoto informativo che caratterizza quei documenti, sebbene sia rilevante la conferma che se ne trae della c.d. "provocazione di Camerino" che viene attribuita a Labruna e al SID.

Nella sentenza si fa quindi un puntuale richiamo alla figura di Vincenzo Vinciguerra, di cui ci dovremo occupare più avanti.

Qui è opportuno riportare lo specifico contributo di Vincenzo Vinciguerra, giudicato attendibile, come riteniamo sia sempre stata questa testimonianza, sulla vicenda Italicus e la strage di Bologna. Anticipiamo qui il contributo specifico avvalendoci della sintesi di uno dei giudici che più se ne è occupato, in modo da riservare alla sede propria un'analisi ad ampio raggio del contributo di Vinciguerra alla storia giudiziaria e politica di questi anni.

Conviene peraltro riportare sin d'ora alcuni giudizi e informazioni su Vinciguerra che questa Corte condivide, espressi in forma nitida e con riferimento a dati informativi di solito trascurati, ma che dovrebbero essere invece puntualmente conosciuti e affrontati dai giudici che affrontano il tema politico-giudiziario delle stragi. Il riferimento è alle pubblicazioni di Vinciguerra.

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