La struttura, il livello delle adesioni, la profonda cultura antidemocratica e la convinzione di appartenere ad una elite superiore rendeva ordinario ciò che al cittadino ordinario può sembrare impensabile: il rivolgimento delle istituzioni attraverso un sagace uso del potere e della forza, ben oltre il ritenuto scopo ultimo, indicato nel "condizionamento politico del sistema"
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dopo la prima serie dedicata alla sentenza della corte d'assise di Bologna che ha condannato all'ergastolo Paolo Bellini per la strage di Bologna, il Blog mafie pubblica una seconda serie che si concentra sul ruolo dei mandanti
Le indagini che hanno prodotto questo processo sono state indirizzate ad accertare chi dall'esterno del gruppo degli esecutori materiali del delitto abbia determinato, istigato, agevolato, suggerito, attivamente contribuito anche col silenzio e l'omissione di condotte doverose, finanziariamente, alla realizzazione del fatto.
Indagando sui "mandanti" è stato individuato in Paolo Bellini il quinto uomo del gruppo che partecipò all'esecuzione della strage del 2 agosto 1980. A sua volta l'indagine e gli accertamenti su Bellini consentono di risalire verso l'alto nella catena della programmazione ed organizzazione della strage. Bellini, agente al servizio della destra eversiva, quadro coperto di Avanguardia Nazionale, organizzazione che i dati del processo consentono di mettere in relazione con segmenti degli apparati di Stato e in particolare con Federico Umberto D'Amato, a sua volta iscritto alla P2, coinvolto nei progetti dell'organizzazione gelliana, punto di riferimento ed elemento di fiducia dei servizi segreti occidentali, come tale in grado di sviluppare un'autonoma azione nell'ambito dei piani Nato per assicurare la stabilità politica in Italia, secondo i metodi enunciati nel noto Field Manuale del generale Westmoreland, posizione che lo portava ad interagire con Gelli, a sua volta vertice di una serie di trame, appurate dopo il sequestro delle liste degli affiliati a Castiglione Fibocchi.
L'identificazione nominativa delle figure che hanno agevolato l'azione dei quadri operativi della destra eversiva e terrorista è resa possibile anche dalla connessione di costoro con il Bellini, elemento di collegamento tra "mandanti" ed esecutori materiali. La ricostruzione dello scenario occulto che si è mosso dietro l'azione degli esecutori materiali deve in qualche modo riconnettere questi ultimi, e i diversi contesti associativi in cui si sono mossi, con coloro che i fatti di strage hanno favorevolmente considerato come funzionali a progetti politici.
Nelle pagine precedenti queste connessioni sono ampiamente emerse nelle dichiarazioni dei collaboratori, nelle indagini dei magistrati Occorsio ed Amato, nella serie di indizi che tendono a costruire una matrice unitaria tra azione della destra eversiva e strategia della tensione ad impronta piduista.
Il ruolo della P2 nella strategia eversiva. Alcuni dati storici tratti dall'indagine della Commissione parlamentare d'inchiesta
Ci limitiamo agli elementi fondamentali perché si tratta di argomento che sul piano storico ha impegnato in lungo e in largo studiosi e ricercatori. Fermiamoci a ciò che serve per spiegare l'interesse di Gelli a finanziare la strage di Bologna, la tesi principale sostenuta in questo processo.
Diamo per letta la relazione Anselmi.
Soffermiamoci su alcuni passaggi rilevanti ai nostri scopi.
La Loggia massonica Propaganda 2 era una loggia riservata, coperta, affidata dal Gran Maestro Salvini alle cure del Maestro Venerabile Gelli. Al suo interno uomini di potere: alti Ufficiali delle forze armate, dei servizi segreti, delle forze di polizia, politici, imprenditori, dirigenti pubblici. Qual era il suo programma?
La loggia si occupava certamente dei tradizionali compiti di una Loggia Massonica, coi suoi rituali e obiettivi di solidarietà e sostegno reciproco degli affiliati. Tuttavia, in contrasto con l'asserita estraneità al diretto intervento in politica della massoneria in quanto tale, la Loggia sviluppava un'intensa attività di indirizzo politico, intervenendo su fondamentali scelte del Governo e del Parlamento. Opportunamente occultata all'esterno, la P2 camuffava gli incontri tra il Maestro Venerabile e gli affiliati come ordinarie riunioni a carattere amicale, al più lobbistico, tenute a Roma in un Hotel di lusso, l'Excelsior, uno dei tanti luoghi per trattative d'affari in un universo, mondano o profano, nel quale potevano realizzarsi incontri riservati tra politici, uomini d'affari, mediatori, lobbisti ecc.
Il Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia, l'insieme delle Logge che si riconosce nella sede storica di Palazzo Giustiniani, Lino Salvini eleva nel 1975 Licio Gelli alla dignità di Maestro Venerabile. Le vicende che determinano quest'incarico sono puntualmente descritte nella relazione Anselmi e le diamo per note. Salvini da ciò che si legge è nelle mani di Gelli che lo ricatta e sostiene di disporre di elementi per "distruggerlo in qualsiasi momento". La Loggia P2 è strettamente legata alla figura di Gelli per il quale prima s'inventa nel 1971 la figura di "segretario organizzativo della Loggia P2" e successivamente si ridenomina la stessa come "Raggruppamento Gelli-P2". Tutto ciò giustifica la sostanziale identificazione degli affiliati con il Maestro che li reclutava e dirigeva, sia pure non senza conflitti, come spiega la Memoria dell'Avvocatura dello Stato.
Già al tempo, il Gran Maestro Salvini aveva esternato le sue preoccupazioni alla Giunta esecutiva del Grande Oriente per l'inarrestabile espansione della Loggia P2 nella quale veniva affiliato un gran numero di generali e colonnelli, affidati a un personaggio come Gelli che stava preparando un "colpo di Stato".
Il programma di Gelli è quindi noto ed accettato da chi pure non può fare a meno di affidargli un Raggruppamento segreto in grado di influire sugli "apparati di forza" dello Stato e sui servizi di sicurezza. Gelli con questi propositi penetra "in armi" nel cuore più riposto dell'istituzione e dà avvio a un processo di appropriazione personale della più efficiente struttura massonica per la espansione nel mondo "profano".
Gelli riorganizza la struttura in modalità di segretezza e copertura. Al contempo intensifica le riunioni settoriali per discutere di politica e dei suoi piani. Dai verbali di una di queste riunioni di cui la Commissione d'inchiesta dispone si comprende che si tratta esplicitamente di programmi eversivi.
Il testo riprodotto nella Relazione è esemplificativo e chiaro: «La situazione politica ed economica dell'Italia, la minaccia del Partito comunista italiano, in accordo con il clericalismo, volta alla conquista del potere, la carenza di potere delle forze dell'ordine, il dilagare del malcostume, della sregolatezza e di tutti i più deteriori aspetti della moralità e del civismo, la nostra posizione in caso di ascesa al potere, dei clerico-comunisti, i rapporti con lo Stato italiano».
I temi sono quelli tipici di un programma golpista sudamericano, come quelli che andavano maturando negli anni '70. Nella nota di accompagnamento del programma agli iscritti che non avevano preso parte alla riunione Gelli scriveva: «Come potrai osservare, la filosofia è stata messa, al bando ma abbiamo ritenuto, come riteniamo, di dover affrontare solo argomenti solidi e concreti che interessano la vita nazionale ... Molti hanno chiesto – e non ci è stato possibile dar loro nessuna risposta perché non ne avevamo- come dovremmo comportarci se un mattino, al risveglio, trovassimo i clerico-comunisti che si fossero impadroniti del potere; se chiuderci dentro una passiva acquiescenza; oppure assumere determinate posizioni ed, in base a quali piani di emergenza».
Il tema è perfettamente posto di fronte agli interlocutori. È il tema di una reazione emergenziale di fronte ad una situazione che si dà per ineluttabile e funesta per gli interessi e le posizioni politiche degli affiliati. Siamo nel 1973, alla riunione nella villa di Gelli ad Arezzo con il Procuratore generale Spagnuolo, ma soprattutto con i generali Palumbo, Picchiotti, Bittoni, Musumeci, tutti comandanti di vertice dei carabinieri. Il tema della riunione era l'intervento nella politica nazionale per mantenerla stabile al centro. […] Una presa di distanze del Grande Oriente si verifica nel 1974, anno di stragi consumate e mancate quando Salvini apprende da Gelli, ancora una volta, di possibili soluzioni autoritarie. È al termine di un anno denso di eventi eccezionali, quale fu il 1974, che i vertici della Massoneria decidono di liberarsi di Gelli, salvo essere costretti a disattendere nella sostanza la decisione di scioglimento. Già in quell'anno la presenza di Gelli era avvertita come ingombrante, proprio per le voci che lo volevano partecipe del golpe Borghese. La relazione edulcora questo dato e parla di "rapporti equivoci di Gelli e della sua Loggia con ambienti e situazioni fuori della legalità politica", avvertiti come pericolosi per l'intera comunione massonica.
La seconda fase di vita della P2 dal 1975 al 1981 è cruciale per la sua storia e per i fini che qui interessano. Le premesse alla ricognizione del quadro storico sono l'enorme espansione della Loggia che raggruppa una importante fetta dell'associazionismo massonico (dal 10 al 20%), frutto della frenetica attività di proselitismo di Gelli, un aspetto quantitativo che contrasta con la sua riservatezza (esigenza che doveva valere per pochi casi di coscienza) che si associa al qualitativo, poiché la massiccia attività di affiliazione riguarda i vertici dell'amministrazione dello Stato civile e militare, esponenti della politica, dell'editoria, della finanza. Una situazione che comincia ad allarmare e produce inchieste giornalistiche su Gelli e la sua Loggia. Questa espansione di una segreta Loggia che unisce in un'organizzazione privata soggetti dotati di potere pubblico e privato interviene in una fase politica, quella del 1976, in cui la sinistra e il partito comunista raggiungono il massimo di espansione elettorale.
A seguito della Gran Loggia di Napoli del 1974, il Gran Maestro Salvini decreta la "demolizione" della Loggia P2. Lo scopo reale è mantenere l'associazione segreta, ma espellerne Gelli.
Quest'ultimo reagisce e il 12 maggio 1975 la Loggia viene ricostituita. Gelli assurge alla carica di Maestro Venerabile. Il voto dei Maestri Venerabili che puntavano all'eliminazione dal corpo massonico della Loggia P2 ottiene il risultato di una sua ristrutturazione che la rende ancor più riservata, con un piè di lista ufficiale di appena sette nomi, ma con una "giurisdizione nazionale" e il divieto, per la situazione personale dei "fratelli", di essere immessi nell'anagrafe del Grande Oriente.
Nel frattempo Gelli e la Loggia Propaganda 2 venivano a trovarsi al centro di campagne di stampa che mettevano in evidenza come ambienti della Loggia fossero in contatto con la malavita comune, il famoso clan dei marsigliesi, la c.d. "anonima sequestri", coinvolti nei sequestri di persona a Roma, sui quali indagava Vittorio Occorsio che era arrivato, come emerso nel corso del giudizio, a prospettare una connessione criminale tra P2, criminalità organizzata dedita ai sequestri e destra eversiva. Un'indagine ed una connessione cancellate dall'omicidio del magistrato, ma che con l'arresto dell'avvocato Minghelli, uno dei sette affiliati compresi nel piè di lista, per il riciclaggio dei proventi dei sequestri, espose Gelli che dovette munirsi dell'ennesimo certificato di benemerenza partigiana.
La presenza di Gelli diventa ingombrante per la massoneria anche perché il suo nome e quello della sua organizzazione sono al centro del dibattito pubblico. La Gran Maestranza del Grande Oriente sospende a questo punto Gelli dall'attività massonica per tre anni.
Il processo a Gelli fu tuttavia un processo farsa, conclusosi con una banale censura per questioni interne, mentre il silenzio calò sulla questione più grave dei rapporti con l'eversione e la criminalità comune; viceversa, chi aveva denunciato Gelli, i c.d. "massoni democratici", furono espulsi dall'organizzazione. Gelli fu del resto segretamente graziato, subito dopo. La sospensione viene di fatto disattesa e Gelli continua la sua iniziativa sotto la copertura della Massoneria Ufficiale, secondo quanto ricostruito dalla Commissione parlamentare. Soprattutto gli affiliati alla P2 rimarranno riservati e conosciuti solo dal Gelli con l'assenso della Gran Maestranza. La cura dei quali è formalmente affidata al Gelli ("Per effetto di tale delega, risponderai soltanto a me per quanto farai a tale scopo, promuovendo e sollecitando quelle realtà che Tu stesso reputerai di interesse e di utilità per la Massoneria", così Salvini a Gelli il 15 aprile 1977).
Nella seconda metà degli anni '70 Gelli acquisisce il controllo completo di una Loggia che viene definita "segreta" tanto rispetto all'ordinamento generale che rispetto a quello massonico. II che non esclude che della sua storia delle sue vicende e della sua conformazione furono responsabili alcuni dei vertici dell'organizzazione, in sostanza complici di Gelli nella nascita e nel costituirsi di un siffatto grumo di potere anticostituzionale.
Secondo la Relazione, Gelli si infiltra dall'esterno nella Massoneria con l'obiettivo diretto e originario di strumentalizzarla ai propri fini, per condurre tramite la P2 e al suo riparo "le operazioni che costituirono l'autentico nucleo di interessi e di attività che la Loggia P2 venne a rappresentare".
Le liste rinvenute a Castiglion Fibocchi sono autentiche e documentano l'esistenza della Loggia P2 come "organismo operante nei più svariati e qualificati settori della vita nazionale". La documentazione acquisita dimostra l'esistenza di legami tra gruppi di individui inseriti in rilevanti posizioni che hanno operato in sintonia di intenti e di azioni durante un ragguardevole arco temporale". L'elenco è inoltre attendibile quanto ai nomi dei soggetti inseriti mentre sussisterebbero notevoli indizi che essi siano solo una parte degli effettivi aderenti alla Loggia, per cui la lista sarebbe "veritiera ma incompleta".
L'organizzazione e il modo di funzionamento della Loggia, pur facente capo alla sola figura di Gelli, consentiva tuttavia un interscambio di conoscenze, informazioni e contatti tra affiliati. Gelli gestiva il tutto in via ordinaria dalla sua suite all'Excelsior; [...]. In sostanza tutto faceva capo e dipendeva da Gelli; l'organizzazione era verticistica, Gelli ne era il dominus assoluto e non ammetteva mediazioni non autorizzate: [...]. Si parla quindi di struttura piramidale dell'organizzazione, cui accede la famosa metafora della piramide rovesciata per indicare un vertice occulto, sulla cui identificazione si può speculare, ma che concettualmente va individuato nei portatori di interessi e strategie d'azione eccedenti il piano nazionale.
La P2 era una struttura dedita ad attività indebita, se non illecita; esercitava pressione ed ingerenza sui più delicati ed importanti settori, ai fini sia di arricchimento personale, sia di incremento di potere, tanto personale quanto della loggia stessa, con effetto perturbatore su apparati e istituzioni. Chi vi aderiva accettava queste funzioni e scopi: "Dalla tradizionale solidarietà, funzionale ad operazioni di piccolo cabotaggio, si arriva alla dimensione affatto nuova di una operazione generalizzata di interferenza nella vita del Paese" (Rel., pag. 51).
Per l'ampiezza degli obiettivi, tale interferenza non incontrava limiti di modi, mezzi, alleanze. La struttura, il livello delle adesioni, la profonda cultura antidemocratica e la convinzione di appartenere ad una elite superiore rendeva ordinario ciò che al cittadino ordinario può sembrare impensabile: il rivolgimento delle istituzioni attraverso un sagace uso del potere e della forza, ben oltre il ritenuto scopo ultimo, indicato nel "condizionamento politico del sistema". […] In definitiva, il modello organizzativo della Loggia a livello di fini ultimi presupponeva che il possesso completo della lista degli affiliati e la loro conoscenza risalisse alla figura cui tutti facevano capo e quindi al Venerabile Maestro. Il che spiega perché si potesse porre direttamente al Gelli come motore dei fatti di cui ci stiamo occupando, pur nella consapevolezza dell'esistenza di (limitate) figure intermedie destinatarie di input decisionali. […].
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