Già nel 1916 Leopoldo Notarbartolo, figlio di Emanuele Notarbartolo, una delle più illustri vittime della mafia, scriveva appunto che la mafia é "un mosaico di piccole repubblichette (cosche) dai confini topografici segnati dalla tradizione" a volte in guerra, a volte alleate
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Da oggi – per circa un mese – pubblichiamo sul Blog mafie l’ordinanza di rinvio a giudizio “Torretta+120”, che ricostruisce dinamiche e omicidi della mafia di Palermo
Già nel 1916 Leopoldo Notarbartolo, figlio di Emanuele Notarbartolo, una delle più illustri vittime della mafia, scriveva appunto che la mafia é "un mosaico di piccole repubblichette (cosche) dai confini topografici segnati dalla tradizione" a volte in guerra, a volte alleate.
È del tutto fantasiosa la concezione della mafia come di una organizzazione compatta con un capo supremo con una gerarchia, con una precisa suddivisione di incarichi e compiti, con un complicato cerimoniale per l'ammissione e per il conferimento delle cariche direttive. Qualcosa del genere esiste in altre forme di delinquenza associata, quali la "fibbia" calabrese o la "camorra" napoletana, ma non certamente nella mafia, perché nessun indizio o traccia se ne é mai avuto.
La mafia si articola in "cosche", più o meno numerose o influenti, a volte collegate a volte in contrasto, capeggiate da elementi la cui potenza ed importanza é proporzionata al seguito di cui dispongono, alle amicizie o ai legami con altri esponenti ed al controllo di determinati settori ed ambienti.
Esistono dei capimafia, ma non un capo della mafia; può accadere, come é accaduto, che uno di questi capimafia, per un insieme di fattori complessi e difficilmente analizzabili, assuma una posizione di notevole preminenza rispetto agli altri, sì da esercitare una funzione di grande moderatore e consigliere, di arbitro supremo di controversie e conflitti, la cui opinione ha, come
peculiare caratteristica, il valore di una decisione inappellabile. Si tratta, però, di situazioni eccezionali e transitorie, legate a posizioni personali.
Certo é, comunque, che la mafia é, purtroppo, una realtà viva ed operante, della cui esistenza, in mancanza di prove documentali o di testimonianze ampiamente rivelatrici, si può avere la certezza attraverso le ricorrenti catene di delitti di sangue, il conseguimento di una inesplicabile posizione di prestigio, da parte di sconcertanti personaggi, privi, in apparenza, di qualsiasi attributo positivo, o l'arricchimento tanto repentino quanto misterioso di individui assurti rapidamente da modesta posizione al rango di facoltosi possidenti, commercianti o imprenditori.
La mafia esiste nella forma più virulenta com'é dimostrato dalla agghiacciante documentazione dei delitti commessi in territorio di Palermo, in questi ultimi anni, spesso rimasti impuniti.
La costituzione di una Commissione Parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia, avente lo scopo, più volte in passato perseguito e mai raggiunto con risultati definitivi, di studiare le cause e la natura della piaga che avvelena la Sicilia e di stabilirne i rimedi più adatti ed efficaci, ha consacrato, nella forma più autorevole e solenne, la prova della esistenza della mafia.
La mafia, con i suoi tenebrosi tentacoli, spesso utilizzando l'attiva collaborazione di persone qualificate e insospettabili, si inserisce in tutti i settori della vita sociale, nel campo commerciale e industriale, nel mondo degli affari e delle speculazioni, nelle competizioni politiche, portando in essi i propri sistemi violenti e intimidatori ed inquinando così profondamente la nostra società.
La mafia, per costume ormai radicato, evita di opporsi apertamente ai poteri dello Stato, rifugge dagli atteggiamenti decisi di ribellione e dalle manifestazioni eclatanti di violenza tali da attirare l'attenzione delle Autorità e della pubblica opinione. Essa vi ricorre, come estremo rimedio, solo quando vi é costretta da inderogabili esigenze di difesa o da indiscutibili motivi di sopravvivenza.
Gli sconcertanti esempi di collusione e losche complicità, di cui sono piene le cronache dell'ultimo ventennio dimostrano la tendenza del mafioso a raggiungere i propri fini antisociali, in modo subdolo mimetizzandosi nell'ambiente e a realizzare il suo programma delittuoso con la tolleranza o addirittura con la passiva acquiescenza degli Organi dello Stato.
Questa tendenza si manifesta pure attraverso il comportamento apparentemente assequiente, corretto e ligio alle norme della società tenuto dal mafioso, che si sforza così, specialmente quando comincia a vedere realizzati i propri fini, di nascondere sotto una maschera di rispettabilità, la sua vera indole di delinquente in fido e pericoloso.
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